Per capire quanta parte della diffusa resistenza al progetto di nuovo sistema elettorale (l’Italicum) e a quello dell’abolizione del Senato abbia lo spirito di opposizione/conservazione e quanta, più semplicemente, la volontà di migliorarlo, è utile far emergere la divisione che attraversa il dibattito pubblico in Italia.



L’opinione pubblica, se si deve dar retta ai sondaggi, propende al 60 per cento per il presidenzialismo. Il centro-sinistra vuole mantenere la repubblica parlamentare; il centro-destra auspica la repubblica presidenziale. I costituzionalisti difendono a spada tratta la Costituzione che c’è, che è il fondamento della repubblica parlamentare. Il progetto Renzi sta nel mezzo delle due repubbliche, con lo sguardo e il passo volti alla seconda. Per i sostenitori della repubblica parlamentare, uscita dalla Costituzione del ’48, ogni progetto di passaggio alla repubblica presidenziale è eversivo, è segno di una svolta autoritaria. Di questa tendenza autoritaria sono stati considerati di volta in volta segnali consistenti le idee relative all’abolizione del voto proporzionale e delle preferenze, all’eliminazione dalla scena politica dei partiti minori, al ricorso frequente alla decretazione governativa, all’abolizione delle province, all’abolizione delle prefetture, alla riduzione del numero dei comuni o delle regioni e persino il nuovo Titolo V sul federalismo.



A nessuno o quasi dei valorosi resistenti sugli spalti della democrazia repubblicana viene in mente di soffermarsi sullo stato della democrazia attuale, sui sempre più bassi livelli di partecipazione al voto, sul gradimento dei partiti scivolato al 3 per cento. La colpa di tale catastrofe viene ricondotta al populismo. Delle cui cause, tuttavia, non si dà spiegazione, essendo esso la causa assoluta, la causa sui.

Guardiamo, dunque, in faccia alla prima Repubblica. Da essa nasce una democrazia progettata ab origine come zoppa, temendo che, se avesse funzionato, avrebbe potuto tornare “il tiranno”: la funzione di rappresentanza ha una gamba lunghissima, quella di governo cortissima. La rappresentanza è raddoppiata su due Camere. La Pira ed altri tentarono di istituirne addirittura una terza: la Camera degli interessi economico-sociali, in cui confluissero datori di lavoro e lavoratori. Era la vecchia Camera delle corporazioni.



Ne sortì un aborto: il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro quale organo costituzionale (il Cnel), che Renzi vuole togliere di torno dopo quasi settant’anni di costosissima inutilità. L’asse del sistema sono i partiti: dal partito-stato (Baget-Bozzo) alla “repubblica dei partiti” (Scoppola), al sistema dei partiti-Stato. I partiti controllano le istituzioni, l’economia di stato, le banche, le assicurazioni eccetera (cfr. l’intervista di Scalfari a Enrico Berlinguer, 28 luglio 1981). I partiti hanno operato una privatizzazione monopolistica e spesso clanica dello spazio pubblico e stretto alleanze con potenti coporazioni private, che di quello spazio hanno praticato la privatizzazione corporativa, quali Confindustria, sindacati, banche, mass media.

Le crisi di governo? Precipitano nei partiti, compresa quella del febbraio 2014, non in Parlamento. Il quale fa da notaio, perché non rappresenta i cittadini: è il Parlamento dei partiti. I partiti sono associazioni private, previste dall’art. 49 della Costituzione, che tuttavia esercitano un enorme e incontrollato potere pubblico – anche ora che hanno solo il 3 per cento di gradimento! – senza essere mai stati regolati da una legge. Non si vede perché potessero e possano farla, come auspica giustamente Magatti, visto che si trattava per loro di suicidio assistitito da se stessi. E i famosi elettori? Sono confinati dentro lo steccato della rappresentanza, sia essa costruita con il metodo proporzionale, con il Mattarellum, con il Porcellum. Sui governi non possono minimamente incidere.

L’impotenza dei cittadini-elettori, la debolezza strutturale e l’inconcludenza dei governi, l’onnipotenza dei partiti hanno prodotto l’astensionismo, la sfiducia e quel complesso di fenomeni che sono impropriamente definiti come populismo. Il Mattarellum ha dato potere all’elettore di scegliersi il deputato, pur conservando ai partiti un grande margine, ma non ha tolto gli elettori dal recinto della sola rappresentanza. Una volta in Parlamento, il deputato ricade sotto il controllo totale dei partiti, i quali decidono i governi e le loro crisi. Riformare il sistema elettorale, senza cambiare quello istituzionale ha finito per trattenerci sempre nella prima Repubblica, benché battezzata “seconda”, secondo il classico metodo: ego te baptizo piscem, anche se si tratta sempre dello stesso pollo… L’elettore può stare a casa a commentare fino al prossimo round. A questo punto molti elettori hanno deciso di stare a casa per davvero o di andare a votare partiti che di volta in volta gli hanno promesso di contare di più, di rovesciare il sistema della prima Repubblica. Viceversa, quale disegno ha in mente chi vuole la repubblica presidenziale? In primo luogo, all’elettore viene riconosciuto il potere di scegliere non solo il rappresentante, ma anche e soprattutto il governo. Egli sceglie il capo di governo e dello Stato.

E i partiti? Avendo consegnato all’elettore il potere di nominare il governo, sono ricondotti ad una funzione di mediazione sociale, culturale, politica: preparare la classe dirigente, proporre i candidati alla scelta degli elettori, svolgere una funzione educativa. E stop. Non vengono aboliti! I partiti minori scompaiono? Non certo dalla società civile. Scompaiono da quella politica, non possono più decidere di far cadere i governi, godendo della rendita dell’unità marginale del 3%. La democrazia è minacciata? Al contrario: finalmente funziona e decide. Giacché la democrazia non è solo rappresentare, è governare, cioè risolvere problemi, qui e ora. La più grave minaccia per la democrazia viene da un sistema di governo partitocratico inconcludente.

E’ alla luce di queste due grandi opzioni che dobbiamo leggere sia il Progetto Renzi (Italicum e abolizione dell’attuale Senato) sia le resistenze a tale progetto.