Tra l’incertezza sul suo futuro personale e quella sul destino della sua ultima creatura politica, Forza Italia, Silvio Berlusconi forse non è mai stato così debole. E così indeciso sul da farsi. Nulla poteva rappresentarlo più plasticamente del fuorionda carpito a Giovanni Toti e Maria Stella Gelmini. Il suo consigliere politico lo descrive come angosciato dalla decisione del 10 aprile sulla pena da scontare, e dipinge a tinte colorite lo scenario peggiore, quello della privazione pressoché totale della libertà, agli arresti domiciliari.
Umor nero anche sul versante della politica. Secondo Toti Berlusconi “non sa cosa fare con Renzi, ha capito che questo abbraccio mortale ci sta distruggendo ma non sa come sganciarsi”. Parole tanto chiare da poter fornire una chiave di lettura per l’oggi, ma forse anche per il domani. La conferma che il leader di Forza Italia stia meditando di far saltare il banco arriva nell’arco di poche ore, quando al telefono con una manifestazione a Milano Berlusconi comincia a sparare a palle incatenate sul progetto di riforma del Senato presentato dal governo, al punto dall’ipotizzare che la chiusura dell’assemblea di Palazzo Madama sarebbe preferibile a una riforma giudicata inaccettabile.
Che la minaccia sia giudicata seria dalle parti di Palazzo Chigi è dimostrato dalla celerità con la quale arriva l’altolà del numero due del Pd, Lorenzo Guerini. Nessuna intenzione di entrare nelle beghe di Forza Italia, ma perentorio è il “pacta sunt servanda” con cui Berlusconi viene richiamato al patto del Nazareno che prevedeva un’assemblea non più eletta, senza indennità parlamentari e priva dei poteri di votare la fiducia al governo e il bilancio dello Stato.
Certo, si tratta di un fortissimo richiamo anche ai malpancisti di casa democratica a non farsi illusioni sui margini di manovra in Parlamento. Di fatto però le parole di Guerini equivalgono alla minaccia di usare contro Forza Italia l’argomento di aver fatto saltare le riforme. Se rovesci il tavolo, è il messaggio che per interposta persona Renzi invia a Berlusconi, te ne assumerai tutte le responsabilità.
Il messaggio va a segno, al punto da indurre l’ex premier a correggere il tiro con una nota che conferma fiducia nel patto del Nazareno e circoscrive il dissenso alle modalità di composizione del Senato previste da Renzi e dalla Boschi.
Chiuso l’incidente di giornata, rimangono dubbi e perplessità per il futuro. I sondaggi sono impietosi e parlano di un partito in caduta libera. Il secondo posto dietro il Pd appare oggi un miraggio, anche se Berlusconi si augura un recupero stile 2013, quando in meno di dieci settimane portò il Pdl a raddoppiare o quasi i consensi di cui era accreditato. Il punto di non ritorno, secondo voci interne alla stessa Forza Italia, è indicato nel 20%. Se il 25 maggio si dovesse scivolare al di sotto di questa soglia il processo di disgregazione potrebbe ricevere un’accelerazione da “si salvi chi può”. E, di sicuro, addio riforme.
La differenza rispetto alle politiche è che questa volta il leader potrebbe non poter scendere in campo. E questo potrebbe compromettere il risultato finale. In troppi scommettono che andrà così, e ragionano sul dopo. Va in questa direzione l’accordo fra l’Ncd e l’Udc: non solo liste comuni alle europee, ma anche gruppi parlamentari unici e – nelle intenzioni – la nascita di un nuovo soggetto politico dei moderati dopo il voto. La disparità di forze oggi è ancora troppo grande, a tutto vantaggio di Berlusconi e dei suoi, tanto è vero che il patto fra Alfano e Cesa nasce principalmente dal timore di non passare lo sbarramento del 4 per cento. Dopo il 25 maggio potrebbe non essere più così. In palio potrebbe esserci per davvero, a quel punto, la palma di principale rappresentante dei moderati.
Dicono i fedelissimi di Berlusconi che il leader abbia da settimane cominciato a registrare messaggi e spot da utilizzare in caso di una sua completa impossibilità a comunicare. Ma a questa possibilità l’ex Cavaliere fa mostra di non credere, annunciando che dalla prossima settimana tornerà in televisione, a comunicare direttamente con gli elettori.
“Voglio proprio vedere se i giudici avranno il coraggio di togliermi il diritto di parola”, avrebbe confidato agli intimi. La sfida è lanciata, la sua battaglia finale con la giustizia.