Tutto accade quasi in sordina. Affaritaliani mette online, nella mattinata di ieri, stralci di una lettera di Aldo Bozzi e Claudio Tani a Napolitano, in cui i ricorrenti contro il Porcellum gli ricordano che un parlamento delegittimato non può fare le riforme. E men che meno una legge elettorale: altro che Italicum. Quindi, stop. Tutti a casa. Potrebbe sembrare il solito refrain, se non fosse che dalla parte di Bozzi e Tani ci sarebbe adesso la sentenza della Cassazione (n. 8878/2014) depositata il 16 aprile scorso, fino a ieri una cosa per addetti ai lavori. Esultano i grillini: “il Parlamento e Napolitano sono anti costituzionali. La Cassazione dà ragione al M5S sull’incostituzionalità del Parlamento dopo la sentenza n. 1/2014 ammazza Porcellum della Consulta”. Stelio Mangiameli, costituzionalista, è più cauto.
Professor Mangiameli, che cosa succede?
La sentenza della Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’appello negativa verso i promotori del ricorso. La Cassazione in pratica dice che c’è stata violazione del diritto elettorale dei ricorrenti. Ora la Corte d’appello di rinvio dovrà approntare gli strumenti concreti per la tutela di questi diritti. Si torna quindi in una diversa sezione della Corte d’appello di Milano, che deve rispettare il punto di diritto fissato dalla Cassazione.
Può semplificare?
Una legge elettorale che cosa fa? Prevede un meccanismo per eleggere i rappresentanti, poi vi sono degli atti amministrativi di competenza del ministero dell’Interno che concretizzano il contenuto della legge elettorale. Sulla base di tali atti, i partiti presentano simboli e candidature, dopo di che si svolgono le elezioni secondo le norme previste dalla legge.
Poi arrivano Bozzi e Tani che impugnano i provvedimenti amministrativi attuativi del Porcellum.
…Dicendo che sono illegittimi perché ledono la situazione soggettiva dei cittadini (il diritto a scegliere gli eletti, ndr). Il tribunale ha dato loro torto, la Corte d’appello pure, la Cassazione ha sospeso il giudizio e ha sollevato la questione di costituzionalità.
E siamo alla sentenza della Corte cosituzionale che ha bocciato il Porcellum.
Appunto. Ora la Cassazione ha detto: nel periodo di vigenza della legge elettorale in cui si sono svolte le elezioni del 2013, e fino alla sentenza della Consulta, il diritto dei cittadini ricorrenti è stato violato. Bisogna dare piena soddisfazione a questo diritto da parte del giudice di rinvio.
Che vuol dire?
Che il giudice di rinvio, per dare soddisfazione al diritto dei cittadini, non può non dichiarare illegittimi per contrasto con la legge, come risulta dalla sentenza della consulta 1/2014, tutti gli atti amministrativi su cui si fondavano le elezioni.
Allora hanno ragione Bozzi e Grillo.
Aspetti. Tocca ora alla Corte d’appello di Milano, in sede di rinvio, annullare i provvedimenti amministrativi.
Ci aspettano le elezioni?
Non è detto. Esiste un’altra strada che si può seguire, secondo quanto ha stabilito la Corte costituzionale: gli atti amministrativi sono illegittimi, ma il Parlamento non cade.
E perché?
Se si fosse trattato di un’azione amministrativa, come nel caso dei Consigli regionali, il Consiglio regionale sarebbe caduto immediatamente con la sentenza che dichiara illegittimi gli atti amministrativi preordinati alle elezioni. Trattandosi invece di un organo costituzionale − il Parlamento − con annesso potere di indizione delle elezioni da parte del capo dello Stato, ed essendo questa la prima volta in cui gli atti collegati alle elezioni nazionali potranno essere dichiarati illegittimi per contrasto con la legge, quello che accade è tutto da vedere.
Sta dicendo che la legge non conta più nulla?
No, sto dicendo che la questione di legittimità, cui il giudice di rinvio è vincolato, si arresta davanti all’ingresso del Parlamento, per il principio della separazione dei poteri e perché sulla verifica dei poteri del Parlamento decide separatamente ciascuna camera per proprio conto.
Torno alla domanda: i ricorrenti e Beppe Grillo − che attacca anche Napolitano − dicono che il Parlamento non può fare riforme perché illegittimo. È vero o no?
Sul piano politico è vero che dopo la sentenza della Consulta di gennaio scorso c’è stata la delegittimazione politica del Parlamento. Sul piano giuridico le cose stanno in modo diverso, per l’impossibilità dei giudici di proclamare l’annullamento, oltre che degli atti di promozione delle elezioni, anche dei risultati elettorali. Essi hanno competenza sugli atti amministrativi delle elezioni, ma non sugli atti susseguenti alle elezioni che hanno determinato la distribuzione dei seggi e la composizione del Parlamento. Qui la giurisdizione è delle Camere.
È accettabile che una situazione così labile dal punto di vista della legittimità costituzionale si possa trascinare fino al 2018, e che proprio questo Parlamento faccia le riforme costituzionali? È ciò che chiede Bozzi a Napolitano. Le giro la domanda.
Che in questa situazione un Parlamento, la cui composizione è stata dichiarata incostituzionale perché il meccanismo elettorale di distribuzione del premio e la mancanza della preferenza sono stati dichiarati incostituzionali, duri 5 anni, potrebbe accadere, e le riforme consolidarsi. Però dal punto di vista politico è inquietante.
Inquetante perché?
Perché ci troviamo di fronte, di fatto, a fenomeni fuori dall’ordine costituzionale, anche se possono essere in grado di rimettere in piedi il sistema costituzionale e quello legislativo. È come se fossimo in uno stato di eccezione in cui non valgono più le regole di legalità, ma la capacità di fatto di risolvere i problemi.
I ricorrenti?
Hanno vinto in Cassazione e non potranno che vincere anche in Corte d’appello.
“Si prosegue come si è detto, no news, non c’è pezzo” ha detto ieri Renzi ai giornalisti. Il premier può andare avanti tranquillo?
Può andare avanti tranquillo, ma agisce non più come presidente del Consiglio legittimato dal Parlamento bensì come risolutore di una crisi di fatto. Lui e Napolitano diventano − anzi, sono già − i decisori di una situazione di crisi in cui la legittimazione opera di fatto e non secondo regole di legalità. Se nel prossimo futuro l’ordine si consolida e se gli atti prodotti (riforme costituzionale, legge elettorale, ecc.) sono efficaci, la carenza di legalità concretamente si sana.
Quindi…
Siamo in uno stato d’eccezione in cui subentra un soggetto esterno che, per risolvere la crisi, impone determinate regole che consentono di uscire dallo stato d’eccezione e ripristinare la legalità dell’ordinamento.
Insomma, saremmo tranquillamente fuori dalla normalità. Non le pare esagerato?
Ma è così. Non vede che Renzi, qualunque cosa proponga, riscuote un ampio consenso?
(Federico Ferraù)