Sarà varato ufficialmente venerdì 13 giugno (salvo imprevisti, sempre da tenere in considerazione) il provvedimento firmato Matteo Renzi che vuole rivoluzionare la Pubblica Amministrazione. Queste le parole del presidente del consiglio al termine della riunione di governo, tenutasi ieri sera: “Siamo oggi molto lieti di poter offrire all’attenzione un ulteriore tassello della sistematica operazione di cambiamento del paese e che sta rispettando tutte le scadenze che ci siamo autoimposti per arrivare ad oggi con la proposta del governo sulla riforma della Pubblica amministrazione”. La riforma della PA è uno dei pilastri fondamenti dell’agenda del leader del Pd, che ha voluto comunque rinviare la sua approvazione definitiva per “non farlo diventare tema di campagna elettorale”. Il fine ultimo della legge sarà – per bocca dello stesso Renzi – “premiare la bella gente e punire i fannulloni” con un progetto basato su “capitale umano, innovazioni e tagli a strutture non necessarie”, che rappresentano i tre capisaldi della riforma. Nel mirino anche del premier (che ha aggiunto: “Potremmo chiamare il provvedimento spiega sforbicia Italia per il taglio agli sprechi o open data, per l’uso di questi ultimi come strumento di trasparenza”) anche i dirigenti vista la “possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico oltre un determinato termine”. È inoltre prevista “l’introduzione del ruolo unico della dirigenza (“I  risparmi li vogliamo fare, ma se metti insieme prefettura, Ragioneria dello Stato e le sedi degli enti del governo sai quanto risparmi? Molto di più che con l’esubero”). Il provvedimento di restauro alla PA ha in serbo dunque una serie di accorpamenti di enti e organi della Pa. Arriverà dunque anche “l’introduzione del Pin del cittadino: oggi la pubblica amministrazione parla 13 linguaggi diversi, noi vogliamo che parli un’unica lingua e che lavora su tutto”; si tratterebbe in sostanza di un unico codice con il quale il cittadino possa accedere ai servizi pubblici.



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