“In Matteo Renzi come nel premier francese Manuel Valls si concretizza un paradosso comune nelle società occidentali, e cioè che occorre sempre un leader di sinistra per portare a termine una strategia di destra”. E’ la lettura di Pietrangelo Buttafuoco, scrittore, giornalista e conduttore tv, dopo che da un sondaggio realizzato in Francia è emerso che il premier socialista Valls piace al 40% degli elettori di destra e al 20% della sinistra. Un paradosso ma neanche poi tanto, se si pensa al fascino che in Italia esercita Matteo Renzi sul popolo di centrodestra. “Non è una storia nuova – spiega Buttafuoco –, se guardiamo all’Italia tanto Benito Mussolini quanto Bettino Craxi sono stati due leader dalle radici profondamente di sinistra che sono stati molto amati dalla destra. E lo stesso bombardamento della Serbia, con una scelta ‘guerrafondaia’ che difficilmente può essere ritenuta di sinistra, è stato reso possibile da D’Alema, l’ultimo erede del più potente dei partiti comunisti in Europa”.



Da dove nasce questa attrazione degli elettori di destra per leader provenienti dalla sinistra?

Nasce dal fatto che l’area moderata, nell’orizzonte sociale e politico dell’Occidente, non ha una sua capacità autonoma di rappresentanza politica. La destra ha una debolezza che deriva da un senso culturale d’inferiorità, e si appoggia interamente a chi nel campo avverso dimostra quelle caratteristiche di decisionismo e riesce a essere appetibile per quel tipo di elettorato.



L’appeal di Valls nei confronti della destra francese documenta questo senso d’inferiorità?

Sì, anche se il caso francese è un po’ diverso, perché la Francia ha una forte identità legata alla nazione e quindi riesce ad avere una componente di destra particolarmente robusta. Tanto è vero che ci sono ben tre sigle che coprono la richiesta della destra sociale e politica transalpina.

In che modo ciò si differenzia dalla situazione della destra italiana?

Il caso italiano è più problematico, perché la destra pur essendo maggioranza nell’intero territorio nazionale è sempre stata costretta in questo stato di minorità culturale e politica. Incapace di avere una rappresentazione, spesso è stata contrabbandata o ridotta a caricatura per incapacità propria. E così oggi finisce per essere attratta da Matteo Renzi, il cui unico merito è avere vinto le primarie del Pd.



Da questo punto di vista Renzi vanta dei precedenti?

In Italia abbiamo già avuto un grande leader di sinistra che riuscì a polarizzare intorno a sé il consenso dei moderati italiani: si chiamava Bettino Craxi. Nello stesso tempo Craxi scatenò l’avversione e l’ostilità di gran parte della sinistra, che vide in lui il nemico principale.

 

Prima di lui ci sono stati altri leader provenienti dalla sinistra che hanno affascinato la destra?

Non dimentichiamoci che anche Benito Mussolini, prima di fondare il Partito Fascista, era stato direttore de L’Avanti e apparteneva allo stesso filone dell’identità socialista che poi incarnò Bettino Craxi. Lo stesso Craxi giunto all’apogeo della sua stagione politica volle a tutti i costi riconsiderare l’eredità storica di questo suo predecessore. Tanto è vero che all’epoca la Rai, allora diretta da Giampaolo Sodano, mandò in onda uno sceneggiato che ebbe grande successo e che aveva come attore protagonista nientemeno che Antonio Banderas nel ruolo del giovanissimo Mussolini.

 

E’ difficile dire però che Mussolini sia stato un politico di sinistra…

Non sono d’accordo. Né Bettino Craxi né Benito Mussolini possono essere considerati di destra. Furono e restano di sinistra, tanto è vero che Mussolini anche una volta diventato presidente del consiglio amava definirsi “malato di socialismo”. Tanto Craxi quanto Mussolini furono accomunati da una vocazione “sociale”. Persino il Movimento Sociale difficilmente può essere considerato un partito di destra, proprio perché riconosceva l’urgenza di emancipare i meno abbienti dalla loro condizione, e restituirli a quello che era il cammino di dignità nel mondo del lavoro.

 

Vuole dire che l’attrazione dell’elettorato di destra per i leader di “sinistra” è una linea che attraversa cento anni di storia italiana?

Sì, ma in questo percorso porrei una cesura in quanto con Bettino Craxi finisce il Novecento e la Seconda Repubblica apre un capitolo completamente nuovo. In Valls si concretizza un paradosso ormai comune nelle società occidentali, e cioè che occorre sempre un leader di sinistra per portare a termine una strategia di destra. Per vocazione ma anche per realismo politico, solo la sinistra al governo può mettere in opera delle decisioni che corrispondono ai principi della destra.

 

Nella Seconda Repubblica ci sono stati esempi di questo?

Indubbiamente, tanto è vero che per bombardare la Serbia, Francesco Cossiga si adoperò affinché l’ultimo erede del più potente Partito Comunista d’Europa, il Pci, diventasse presidente del consiglio. Fu così che ebbe inizio la stagione del governo D’Alema.

 

Insomma un premier di sinistra può permettersi scelte che a un leader di destra sarebbero precluse?

La cronaca di questi giorni lo testimonia. Matteo Renzi ha nominato come capo legislativo di Palazzo Chigi la signora che era capo dei vigili urbani di Firenze. Se lo avesse fatto Berlusconi, o chiunque altro non tutelato dal crisma della sinistra, già ci sarebbero i girotondi intorno a Palazzo Chigi. Lo stesso elenco di tutte le contraddizioni del premier Renzi non saranno mai utilizzate contro di lui durante i faccia a faccia e i dibattiti. Tanto è vero che ora Renzi può permettersi di presenziare a tutti i talk show quasi con una funzione da conduttore.

 

(Pietro Vernizzi)