Il ministro della Giustizia, Orlando, ha dichiarato che sono maturi i tempi per una riforma del Csm, sottolineando: “Ritengo opportuna una riflessione sull’attuale struttura del sistema disciplinare”. Sempre per il ministro, “tale riflessione sarà condotta rispettando l’equilibrio delle rispettive competenze tra potere politico e giudiziario e salvaguardando l’indipendenza del magistrato”. Orlando ha aggiunto di ritenere necessaria una “riflessione che credo ormai matura sull’adeguatezza degli attuali contenuti della legge che regola il funzionamento e l’elezione dei componenti del Csm”. Abbiamo chiesto che cosa ne pensa al professor Cesare Mirabelli, giurista ed ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura.



Professore, che cosa ne pensa dell’ipotesi di una riforma del Csm?

Per quanto riguarda la magistratura, c’è un numero di azioni disciplinari che non esiste in nessun altro settore della pubblica amministrazione, tenuto conto del numero dei magistrati. I procedimenti e le sanzioni sono più incisive che non in qualsiasi altro settore. Si ritiene che la visione del Csm per quanto riguarda le azioni disciplinari sia soprattutto corporativa e correntizia. Questo deve essere superato con innovazioni nella legge elettorale, che in passato sono state tentate, ma non hanno prodotto straordinarie soluzioni.



Che cosa funziona e che cosa non funziona nel sistema disciplinare del Csm?

Abbiamo due titolari dell’azione disciplinare, uno per Costituzione che è il ministro, e l’altro per legge che è il procuratore generale della Corte di Cassazione. L’azione disciplinare del ministro potrebbe essere diretta e non esercitata attraverso la Procura generale. Certamente l’azione disciplinare deve anche contenere una serie di garanzie per il magistrato, perché attraverso lo strumento disciplinare potrebbe essere incisa la sua indipendenza. Ma non ci sorprenderebbe se ci fosse un altro organismo egualmente indipendente come il Csm che eserciti il giudizio disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, contabili, amministrativi, dei giudici tributari. Pur essendo più difficile, non mi sorprenderebbe se lo potesse fare anche nei confronti dell’avvocatura.



Lei in che modo modificherebbe il sistema disciplinare?

Nella composizione dell’organo giudicante, il procedimento è assimilato a quello penale. Ha quindi garanzie per l’incolpato, ma un capo d’imputazione, accuse e procedimento che hanno una loro efficacia. Come per tutte le giurisdizioni di questo tipo, contro le decisioni della sezione disciplinare del Csm è ammesso il ricorso alla Corte di Cassazione.

 

Che cosa si vuole ottenere attraverso questa procedura?

Se con questo si vuole ottenere un maggiore riserbo dei magistrati, il divieto di assumere posizioni pubbliche su procedimenti in corso, il problema non è più della procedura o di chi giudica, ma anche del configurare come illeciti disciplinari una serie di comportamenti che sono sentiti come non consoni alla garanzia di evidente imparzialità e riserbo che deve caratterizzare il lavoro del magistrato.

 

Perché è importante rivedere le regole di elezione del Csm?

Le regole di elezione del Csm sono state sempre riviste e si sono sempre manifestate come insoddisfacenti. Occorre verificare quale meccanismo ci può essere per candidature ed elezioni che siano meno ancorate alla corrente nazionale dei magistrati. Le correnti avevano un significato ideale come contrapposizione di concezioni sulla funzione della magistratura. Non hanno più questo ruolo e non possono essere apparati legislativi che in qualche modo attraverso gli eletti al consiglio superiore gestiscano o influiscano su atti importanti quali sono le nomine degli uffici direttivi. Anche se queste ultime sono poi oggetti di ricorsi al giudice amministrativo, e perciò c’è uno strumento di controllo anche del Csm, possono esserci diversi meccanismi idonei a che ciò avvenga, dal sorteggio delle candidature a votazioni e poi al sorteggio in seconda battuta di chi parteciperà al consiglio di amministrazione.

 

(Pietro Vernizzi)