Il libro di memorie di Timothy Geithner (Stress Test) increspa le acque del mare italiano ed europeo. L’ex ministro del Tesoro americano (in carica dal 2009 al 2013) racconta come nell’autunno del 2011 venne contattato da funzionari europei (ancora non identificati) i quali volevano coinvolgere il governo americano in un’operazione per far cadere il governo di Silvio Berlusconi. Il complotto è andato poi in porto (senza però l’aiuto degli Usa) o si è arenato? Fatto sta che il 12 novembre di quell’anno il leader dell’allora Pdl rassegnò le dimissioni e fu sostituito, a Palazzo Chigi, da Mario Monti. Secondo Rino Formica – esponente di punta del Partito socialista italiano nel corso della segreteria di Bettino Craxi e più volte ministro – c’è molto da mettere a fuoco su una questione che ha esautorato il popolo italiano della sua capacità di autodeterminazione.



Chi in Europa voleva la testa di Berlusconi l’ha avuta. Le rivelazioni di Timothy Geithner aprono torbidi scenari. Cos’è successo secondo lei nell’autunno del 2011?

Una cosa, in effetti, è discutere su dicerie e pettegolezzi da bar, altra è valutare una pubblicazione di un libro scritto da una personalità di alto spicco quale un ex ministro del Tesoro americano. Adesso bisogna accertare, fino in fondo e con urgenza, la verità: il governo e il Parlamento ne hanno il dovere, soprattutto in un momento storico come questo. Si devono stabilire, servendosi dei canali diplomatici che abbiamo con gli alleati americani, chi erano i funzionari, chi rappresentavano e il loro peso e potere: avevano il titolo per compiere un’azione di questo genere? E chi erano, se c’erano, i loro corrispondenti nelle istituzioni italiane?



Che idea si è fatto?

Se i fatti dichiarati fossero documentati ci troveremmo innanzi a un caso clamoroso di violazione di frontiere statuali e politiche da parte di una comunità che dovrebbe essere, invece, senza frontiere politiche. La questione non può essere liquidata come ha cercato di fare il nostro ministro degli esteri Federica Mogherini, che ha etichettato il tutto come un qualcosa che riguarda il passato. Ecco, con le chiacchiere si può fare, ma se si tratta di una faccenda di tale portata – per di più appartenente a un passato molto prossimo – non si può lasciar correre. Parliamoci chiaro…



Prego.

Qui c’è di mezzo il tentativo di intervenire sulla vita di un popolo. Sarebbe il primo grave caso politico di violazione di sovranità nazionale da parte dell’Europa, che ha come fine il superamento delle frontiere nazionali e l’unificazione in uno stato sovranazionale. Il quadro, al momento, è ancora confuso e approssimativo, ma pare avere i tratti di una vera e propria intimidazione.

Ma in Italia chi si è mosso per fare lo sgambetto a Berlusconi? C’è di mezzo anche il Quirinale?

È inutile addentrarsi nelle ipotesi prima di fare luce, e bene, sul punto di partenza. Altrimenti si casca nelle fantasticherie. Noi non dobbiamo scrivere un romanzo, ma ricostruire un pezzo di storia.

 

All’epoca dei fatti, a prescindere da tutto e dalla volontà di versare nuovi capitali al fondo salva Grecia, cosa rese Berlusconi così vulnerabile?

Ma non è questa la questione. Mi spiego: l’apprezzamento sulla vulnerabilità o sulla capacità di un esecutivo può darlo chiunque. Ai tempi, metà del Paese riteneva che il governo Berlusconi era adatto, mentre l’altra pensava fosse inadatto: benissimo. Qui, infatti, non si sta parlando di libertà di giudizio o di lotta politica, bensì di una guerra politica, che ha investito la vita del popolo italiano.

 

Obama, nel frattempo, tace e riceve i ringraziamenti di Berlusconi (“Si è comportato bene”).

Anche qui si torna al punto di partenza. Quale fondamento aveva l’informativa che Geithner ha riportato al presidente degli Stati Uniti? Solamente di rimbalzo si può valutare lo spessore della risposta data. Tra gli Stati i rapporti formali hanno la loro importanza: un Paese può essere insofferente dell’azione politica di un altro, il non aver piacere di alcuni atteggiamenti è fisiologico. Atti di ostilità come questo hanno una rilevanza ben diversa, soprattutto perché inquadrati in una cornice di nazioni alleate e impegnate a costruire un edificio politico statuale sovranazionale.

 

(Fabio Franchini)