Stefano Ceccanti, costituzionalista e senatore (nella passata legislatura) del Pd, non vede troppe nuvole all’orizzonte. Il tortuoso cammino delle riforme costituzionali sia avvia a sbucare all’aria aperta, lasciandosi alle spalle buche e rovi. La riforma del Senato e della legge elettorale, seppur con qualche necessaria modifica, sono pronte a essere presentate in aula, dove otterranno l’ok definitivo del Parlamento. Quali aggiustamenti sarebbe giusto fare? “Evitare il rischio che la maggioranza parlamentare elegga troppo facilmente, e da sola, il capo dello Stato che preferisce” e “alzare la soglia per andare al ballottaggio dall’attuale 37% al 40% (almeno)”. E su Grillo dice…



Iniziamo dalle accuse di abusività a questa classe politica. Il Parlamento – come dice Beppe Grillo – è davvero illegittimo?

Il discorso è semplice: la legittimità o c’è o non c’è. Non è che le Camere sono legittimate per fare alcune cose e altre no.  Non esiste una via di mezzo. Quindi se il Parlamento è legittimato per promulgare leggi ordinarie e per tenere in piedi un governo, lo è anche per fare le riforme costituzionali. Altrimenti il presidente della Repubblica dovrebbe scioglierlo, ma non mi pare che Giorgio si sia minimamente posto il problema. Evidentemente non è un argomento plausibile.



Questi continui attacchi dei 5 Stelle, per bocca del suo deus ex machina, sono semplici boutades politiche?

Certo. Il Movimento 5 Stelle vuole apparire come l’opposizione più radicale del sistema per prendere voti. È una strategia politica-elettorale, non un argomento costituzionale.

In merito alla riforma del Senato, il capo dello Stato è tornato a prendere in mano le redini del gioco. Matteo Renzi si è ammorbidito dopo essere salito al colle. Quanta influenza ha Giorgio Napolitano?

Come sempre succede, quando c’è qualche difficoltà di navigazione il ruolo del Quirinale di moral dissuasion si potenzia. Trovo molto positivo il fatto che il presidente della Repubblica cerchi di favorire il processo di riforme, rendendosi conto della particolare delicatezza nella quale si trovano le nostre istituzioni. Oltre a lui, ricordiamo che anche il presidente della Corte costituzionale – nel corso della sua conferenza stampa annuale – ha invitato a fare la riforma del Senato e del Titolo V per evitare che la Consulta stessa rimanga ingolfata dallo scontro Stato-Regioni. Insomma, un po’ tutte le autorità di garanzia stanno spingendo verso l’innovazione.



La situazione è comunque di stallo. Cosa dovrebbe fare Renzi per uscire del tutto dall’impasse, arrivando finalmente a un testo definitivo?

A mio avviso la riforma di cui si parla è già ben instradata. La Commissione Affari costituzionali sarà in grado, settimana prossima, di presentare un testo base. Il dibattito si è concentrato un po’ esclusivamente sulla composizione del nuovo organo, anche perché non si è avuto chiaro fin dall’inizio il fatto che un ruolo chiave dovesse essere giocato dalle Regioni.

Il fine ultimo è trasformare il Parlamento in un luogo di confronto tra amministratori; le altre presenze – qual sindaci e senatori a vita – ci possono essere, ma sono inferiori. Ma il come ci si arriva a questa composizione è anche secondario (giunte, consigli regionali). Il nodo fondamentale è la centralità delle regioni. Poi…

 

Prego. 

C’è il problema delle garanzie. Quale platea elegge il presidente della Repubblica? Bisogna evitare il rischio che la maggioranza parlamentare elegga troppo facilmente, e da sola, il capo dello Stato che preferisce. Inoltre, si deve inserire il ricorso preventivo alla Corte Costituzionale sia per la Camera che il Senato. Ecco, con queste modifiche il disegno del governo – che valuto positivamente – tiene.

 

Oltre alla struttura, quali funzione per il nuovo Palazzo Madama?

Lo scopo principale del nuovo Senato è aprirne le porte ai legislatori regionali, così che le leggi nascano nel nome del dialogo, così da far tutt’uno con la revisione del Titolo V. Ripeto, su questo il dibattito mi sembra che sia ben avviato: non vedo rivoluzioni all’orizzonte, se non qualche piccole questioni di dettaglio.

 

Ma i numeri in aula ci sono?

Sì. È altamente auspicabile che la maggioranza che approva le riforme costituzionali resti la più ampia possibile – comprendendo sempre Forza Italia – e immagino che sarà così. Non vedo come FI possa tirarsi fuori da questo dovere. Nella malaugurata ipotesi in cui dovesse sottrarsi, credo comunque che i voti della maggioranza di governo sarebbero comunque sufficienti per l’approvazione.

 

Legata a doppio filo alla riforma del Senato c’è l’Italicum. Qual è la situazione?

Qui secondo me in tanti commettono un errore. C’è chi dice che la legge elettorale dovrà essere riscritta completamente perché il Movimento 5 stelle, arrivando secondo alle Europee, farà saltare lo schema.

 

Non è così?

No. La realtà è che nell’Italicum la competizione non è per liste, bensì per coalizioni. Quand’anche Grillo&co. arrivassero secondi, la coalizione di liste che può mettere in piedi il centro-destra rimane superiore alla dimensione elettorale del solo partito grillino. Anche questo, dunque, non è un argomento plausibile. Si può sicuramente migliorare il testo: alzare la soglia per andare al ballottaggio dall’attuale 37% al 40% (almeno) sarebbe una modifica ragionevole. Ma questo discorso lo vedremo dopo le Europee.

 

(Fabio Franchini)