La puntata di Porta a Porta di lunedì scorso, per ora, è stata il momento clou della campagna elettorale. Molti hanno sottolineato che Grillo cavalca abilmente il malcontento senza proporre reali soluzioni. Lasciando ad altri l’analisi dei contenuti, ecco alcuni dati sull’evento.
Dalle 23.20 alle 24.20 la puntata ha avuto una media di ascolto di 4 milioni e 276mila spettatori, con uno share del 26,88%. Ciò significa un televisore su quattro sintonizzato su Porta a Porta. Per quell’ora tarda 4 milioni sono davvero molti, ancor di più se consideriamo che nel 2014 la media di Porta a Porta è di poco superiore al 13% con 1 milione e 300mila spettatori. Nel dettaglio, i 60 minuti di programma hanno catturato il 17% nel target più giovane (15-34 anni) e 33% nel target più adulto (over 55), quello che si presume sia raggiunto più difficilmente da internet. I contatti (cioè le persone uniche che hanno visto almeno un minuto del programma) sono stati 7 milioni 285 mila con una permanenza del 60% circa.
La permanenza è indice della capacità del contenuto di calamitare l’ascolto, limitando lo zapping. In questo caso è alta. La composizione del pubblico è molto diversa dal solito, perché normalmente Vespa raccoglie appena il 6% sul target giovane e circa il 20% sul target adulto. Il traino non ha influito sul risultato. Il programma precedente (La Partita del cuore) ha chiuso intorno al 15% di share. La “chiamata” dell’intervista a Grillo è stata forte: dopo 10 minuti aveva già raggiunto il 20%, dopo 20 minuti il 29% e al termine viaggiava intorno al 32%.
Alle 23.33 Raiuno ha superato Canale 5, che fino a quel momento guidava l’ascolto con Il Grande Fratello ed è rimasto leader per il resto della serata, con le altre reti generaliste appiattite al 3%. La scomposizione del pubblico indica una prevalenza di uomini (27,2% contro 22% di donne), una maggior concentrazione nel centro Italia (27,8% contro un 22% nel resto del paese), un grande maggioranza di laureati (oltre 37%) contro una media del 23% tra persone con titolo di studio inferiore. Dunque, come non bisogna nascondersi che le piazze di Grillo sono stracolme, bisogna riconoscere che siamo di fronte a dati molto significativi.
Secondo alcuni commentatori ci sono analogie con la puntata di Annozero in cui Santoro ospitò Berlusconi. In entrambi i casi è valso l’interesse per un “ritorno” (Grillo torna in Rai, dopo averla denigrata) ma ancor più la curiosità del contrasto (ieri Berlusconi, oggi Grillo nella “tana” degli avversari). Sempre dal punto di vista formale, ciascuno dei protagonisti ha svolto perfettamente la parte in commedia: rassicurante nell’aspetto e nell’eloquio, ma non remissivo, l’ospite, amichevolmente ostile il conduttore. Grillo ha parlato soprattutto con il pubblico in sala, più che alla telecamera (i telespettatori) o al conduttore (l’istituzione), perché gli uni e gli altri per lui sono virtuali e non reali. Aveva in mente due o tre slogan semplici e ficcanti e li ha ribaditi con linguaggio vivace e chiaro. Appariva pulito, abbronzato, grintoso ma buono, sicuro e padrone della situazione.
Un cuscino sotto il sedere lo alzava rispetto all’interlocutore. Si è lasciato interrompere dall’intervistatore, come a mostrare docilità, ma ha sempre guidato la risposta dove voleva. Ha scherzato, per sdrammatizzare. Ha ostentato competenza. Quindi la conferma di una grande abilità comunicativa. Il consenso dei Cinquestelle non si è formato sui media tradizionali, anzi, ne sembra impermeabile. Da una prima analisi parrebbe invece che lunedì scorso Grillo, come voleva, abbia potuto parlare ad un pubblico diverso da quello che frequenta di solito, allargando perciò ulteriormente la sua base di riferimento. Il responso delle urne ce lo potrà eventualmente confermare. Comunque sia, è certo che oggi lui ha il vento in poppa. Forse l’Italia no.