“Se prevalesse il M5S bisognerebbe pensare bene al dopo”. Lo ha detto Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, parlando ieri mattina a Omnibus su La7. Il Cavaliere ha aggiunto: “Io credo che noi dovremmo guardare all’ipotesi delle elezioni anticipate con molta attenzione: questa legislatura non andrà a 2018, al massimo entro 18 mesi andremo a elezioni sempre che non avvengano fatti traumatici come la vittoria Grillo alle Europee. Che Dio ce ne scampi”. Mentre per il presidente del consiglio, Matteo Renzi, “le Europee non sono un referendum sul governo”, lo scopo resta quello di “avere il gruppo parlamentare più numeroso fra i socialisti europei”, ma comunque “da lunedì non cambia niente, il Parlamento italiano resta tale e quale”. Ne abbiamo parlato con Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera.



Ha ragione Renzi quando dice che le elezioni europee non sono un referendum sul governo?

In via astratta ha ragione Renzi, in quanto si vota per le Europee e non c’è un legame diretto con la politica italiana e la tenuta del governo. Da un punto di vista pratico c’è però un nesso molto forte. Negli ultimi dieci giorni Renzi ha fatto proprio lo schema di un duello con Grillo, calandosi nel ruolo di un inseguitore del M5S. In questo modo ha accettato che il terreno dello scontro lo scegliesse il suo rivale. A Renzi può riuscire l’impresa di vincere con un ampio margine se riesce a fare passare l’idea che è una sorta di 18 aprile 1948, quando la Dci di De Gasperi sconfisse il Fronte Popolare. Rispetto al timore di un salto nel buio in Italia e in Europa, che comporterebbe un’affermazione di Grillo, un’ampia maggioranza degli italiani che vanno a votare potrebbe scegliere Renzi.



E se invece dovesse vincere Grillo?

Una volta accettato questo schema, se dovesse vincere il M5S allora le cose per Renzi si complicherebbero molto. Negli scorsi mesi il premier ha fatto molto affidamento sul risultato delle Europee, che è stato un must della sua politica e della sua comunicazione. Se si affermasse Grillo, per il premier si porrebbe un problema di dimensioni molto grandi e ho i miei dubbi che potrebbe fare finta di niente. A quel punto sarebbe doveroso che il governo si presenti alle Camere. Conterebbe ovviamente anche il risultato di Forza Italia e di Ncd, ma comunque si aprirebbe un nuovo scenario.



Che cosa accadrebbe quindi in Parlamento?

Con questo parlamento Renzi continuerebbe ad avere la fiducia, in quanto Pd e Ncd confermerebbero il loro sostegno al governo. Il problema sarebbe più di fondo, in quanto Renzi perderebbe clamorosamente la prima manche della sua esperienza di governo. Si dovrebbe quindi perlomeno rimettere in campo in un altro modo, prendendo atto che rispetto ai fattori di crisi, difficoltà e sfiducia incarnati da Grillo, le risposte fornite finora non hanno funzionato.

 

Le riforme continuerebbero o ci sarebbe un cambio di passo?

Al di là del fatto che Forza Italia un giorno critica il governo e un altro lo rilancia, l’accordo per le riforme funziona sulla base dell’idea di uno schema bipolare nel quale i principali soggetti restano Renzi e Berlusconi. Se le elezioni europee ci confermassero che il bipolarismo centrosinistra-centrodestra non c’è più nell’elettorato italiano, ci troveremmo di fronte a una svolta radicale. Se cioè si confermasse che Grillo non è il terzo incomodo di un momento particolarmente agitato, ma la seconda o addirittura la prima forza di questo Paese, mi sembrerebbe molto complicato andare avanti come se niente fosse.

 

A quel punto l’accordo Renzi-Berlusconi salterebbe?

E’ anche possibile che né Renzi né Berlusconi decidano di sfilarsi, ma incomincerebbe comunque a essere un accordo che non esprime più la realtà del Paese. Potrebbe quindi diventare persino pericoloso sotto un profilo democratico, anche se a Berlusconi interessa soprattutto mantenere una forza sia pure limitata, ma che risponda a lui. E quindi a prescindere dalla legge elettorale, quelli che manda in parlamento siano uomini nei cui confronti nutre completa fiducia.

 

(Pietro Vernizzi)

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