Le urne europee attendono il responso degli elettori italiani. E la partita non sarà facile. “Far vincere lo sfascismo urlante, la demagogia e il populismo, o premiare chi con coraggio, nel centrodestra e nel centrosinistra, si è assunto la responsabilità di cambiare”: è questa la posta in gioco, dice Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture nel governo Renzi e capolista di Ncd nella ciscoscrizione nordovest.
Ministro Lupi, quello che tutti si chiedono è come lei possa candidarsi seriamente in Europa quando fa il ministro. Cosa risponde?
Tutti? Ho incontrato migliaia di persone in questa campagna elettorale e questa domanda me l’hanno fatta una volta sola. La scelta è stata serissima. In Europa si gioca una partita decisiva, uguale a quella per cui ci stiamo battendo in Italia. È possibile cambiare questo Paese e tirarlo fuori dalla crisi? È possibile cambiare l’Europa e non far vincere gli euroscettici? Chi ha coscienza di questa situazione, chi ha il coraggio di questa responsabilità ci mette la faccia, anche per rafforzare la presidenza italiana del Consiglio europeo nel prossimo semestre. Guidare l’Europa forti del consenso popolare nel proprio Paese oppure farlo solo per rotazione burocratica e automatica non è la stessa cosa.
Quindi?
Noi vogliamo una forte presenza dei moderati nel Parlamento europeo e la possibilità di una guida autorevole e politica del semestre. Allora, chi tiene al bene comune si mette in gioco, rischia. Perché non è in questione la mia carriera politica o quella di qualcun altro, c’è di mezzo la possibilità di dimostrare che la responsabilità ha ancora senso, di spiegarlo alla gente, di riavvicinarla alla politica facendo vedere che stiamo passando dalle parole ai fatti. Come andrà a finire? Aspettiamo il 26 maggio.
Queste europee suppliranno secondo lei alla mancanza di investitura popolare con la quale si è insediato questo governo?
L’investitura elettorale di un governo avviene tramite il Parlamento eletto dai cittadini. Le elezioni europee non suppliscono a una cosa che già c’è, ma è vero che pongono gli elettori davanti a un’alternativa: far vincere lo sfascismo urlante, la demagogia e il populismo, o premiare chi con coraggio, nel centrodestra e nel centrosinistra, si è assunto la responsabilità di cambiare questo Paese, di fare le riforme, di riaprire il mondo del lavoro ai giovani, di tagliare i costi della pubblica amministrazione. Insomma, di lavorare per il bene comune.
M5S è dato in forte crescita. Quali sarebbero le conseguenze per il governo derivanti da una forte affermazione del partito di Beppe Grillo? Rimarrete al governo anche in caso di sconfitta?
Sconfitta vuol dire che M5S diventa il primo partito italiano in grado di esprimere una maggioranza parlamentare. Non penso proprio che succederà.
Vede possibile in caso di vittoria grillina un accordo di larghe intese Renzi-Berlusconi con Ncd parte dell’esecutivo? Con quali scopi, programmi e durata?
Come le ho già detto, non vedo possibile una vittoria grillina.
Le riforme istituzionali si sono svuotate di consenso. Sul Senato non c’è accordo e la legge elettorale è incostituzionale perché darebbe il governo a una minoranza dei cittadini. Se le riforme non sono più fattibili, cosa starete a fare al governo?
Approviamo la riforma elettorale e aspettiamo che sia eventualmente la Consulta a dire che è incostituzionale. Quanto al Senato c’è un accordo di fondo sul quale il Parlamento sta lavorando. E il Parlamento è sovrano. Non è accettabile che una discussione, un confronto tra opinioni diverse, che è il proprio della democrazia e del lavoro di un Parlamento, venga pregiudizialmente bollato come disaccordo. Che cosa ci stanno a fare deputati e senatori? Non è bello trattarli da yes men. In ogni caso io ritengo che la riforma istituzionale vada sotto posta a referendum, in modo che i cittadini si esprimano direttamente, anche se ottenesse la maggioranza qualificata.
Renzi ha fatto del suo bonus di 80 euro mensili un cavallo di battaglia. Ha beneficato alcuni, non tutti. Cosa ne pensa in proposito?
Che quel beneficio vada esteso innanzitutto alle famiglie con figli che superano il tetto di 25mila euro lordi, 1.500 netti al mese. Altrimenti ci troveremmo di fronte all’assurdo per cui una coppia senza figli con due redditi da 25mila euro annui incasserebbe 160 euro al mese, e una famiglia con figli monoreddito in cui il padre guadagna 26mila euro resterebbe all’asciutto. Ho già proposto in Consiglio dei ministri, e la cosa è allo studio, di alzare i requisiti per ottenere il bonus a 1.800 euro netti mensili per chi ha un figlio, 2mila per chi ne ha due, 2.200 per chi ne ha tre. Poi c’è il problema delle partite Iva individuali che hanno quello stesso livello di reddito. Dobbiamo intervenire anche lì.
Ancora Renzi aveva promesso una semplificazione e un alleggerimento fiscale. Eppure il governo ha anche aumentato l’imposta sulle rendite finanziarie, compresi i conti correnti, e ancora non è chiaro quanto si dovrà pagare tra Tasi e Tari. Non credete di fare un’Imu mascherata?
Aumentare l’imposta sulla rendita finanziaria, senza toccare Bot e Cct, era un dovere. Sulla Tasi innanzitutto rifiuto il paragone con l’Imu. Nessuna maschera. Quella era una tassa sulla proprietà, e sulla prima casa non c’è più. La seconda è un’imposta in cambio di servizi che il comune eroga, il cittadino deve vederne la corrispondenza e può di conseguenza giudicare gli amministratori pubblici sulla sua efficacia. Quanto alle aliquote, noi del Nuovo Centrodestra siamo stati chiari: l’aumento possibile (non automatico) dello 0,3 per mille è giustificabile solo a fronte delle detrazioni per le famiglie. Saremo implacabili nel controllare che sia effettivamente così.
La famiglia fatta di uomo e donna è minacciata da politiche transgender in Europa, mentre in Italia più si dice di volerla mettere “al centro” delle politiche più risulta marginale. Lei che cosa ha fatto in proposito?
Le ho già detto della proposta sul bonus degli 80 euro. Ricordo il lavoro per confermare, in tutti questi anni, i finanziamenti alle scuole paritarie, che sono in realtà un sostegno alla libertà di educazione delle famiglie. Infine segnalo che nella bozza di riforma del titolo V della Costituzione, in Consiglio dei ministri mi sono battuto perché sia scritto nella nostra carta fondamentale il principio di “sussidiarietà fiscale”. È qui il punto di aggancio costituzionale, ad esempio, per introdurre la norma sul quoziente familiare. Se poi mi chiede che cos’è una famiglia, ho le idee chiare: un uomo e una donna che si sposano e che sono aperti all’accoglienza dei figli.
Lei è da sempre europeista. Eppure, recenti rivelazioni hanno confermato le preoccupazioni della comunità europea e internazionale per la nostra tenuta nel 2011. Molte pressioni erano di parte europea e non è un mistero che molti partner ci hanno trattato come uno stato a sovranità limitata. Cosa non funziona in Europa?
Le cose che non funzionano in Europa sono tante, innanzitutto l’autoreferenzialità di una burocrazia che dà l’impressione di pensare più ai numeri dei bilanci che ai 500 milioni di cittadini dell’Unione europea. Ma non cerchiamo scuse, anche se i motivi per non amare questa Europa sono tanti. La vera cosa che non funziona è che noi italiani non abbiamo più creduto all’Europa. L’abbiamo usata per risolvere le nostre beghe interne. Abbiamo avuto bisogno di una lettera dell’Europa per fare quello che già sapevamo di dover fare. I primi a non funzionare siamo noi che non sappiamo spendere i fondi europei, che non formiamo una classe dirigente che in Europa ci vada. Il deficit europeo è un deficit politico, ma il vuoto è dovuto a una nostra ritirata, abbiamo lasciato che diventasse una tecnocrazia invece che una comunità economica, politica e diplomatica, come dimostra l’assenza di una offensiva europea sulla libertà religiosa minacciata dalle quotidiane persecuzioni dei cristiani in ben 130 paesi del mondo.
L’Italia tra poco prenderà la presidenza di turno dell’Ue. Farà delle proposte concrete per portare crescita in Europa? Quali?
Le faccio un esempio che mi riguarda. Gli investimenti in infrastrutture, in linee ferroviarie ad alta velocità, porti, autostrade del mare, tunnel… che l’Europa stessa considera strategici e ci chiede di realizzare non vanno contabilizzati nei criteri di Maastricht. Questo vuol dire liberare miliardi di euro per la crescita e lo sviluppo. È un criterio sul quale ho già raccolto il consenso di molti ministri dei Trasporti di altri Paesi. Le faccio un altro esempio di cosa voglia dire guida politica e non tecnica del Consiglio europeo: sin dalla prima riunione chiederò che in tema di armonizzazione dei trasporti non si parli solo della larghezza dei binari, ma anche della governance delle ferrovie, della separazione tra reti e gestori. E guardi che non sono cose per addetti ai lavori, riguardano la possibilità della concorrenza con tutti i vantaggi che ne vengono a chi ogni giorno prende il treno.