Le elezioni europee 2014 sono state definite come un referendum tra Pd e Movimento 5 Stelle, e Renzi è arrivato a parlare di un vero e proprio “derby”. Ancora una volta personaggi, slogan e comparsate tv la fanno da padroni, mentre i programmi elettorali finiscono in secondo piano. Scorrendo i documenti presentati dai singoli partiti, emerge che il M5S ha presentato un programma super-stringato in una paginetta con sette punti secchi, mentre il Pd è stato un po’ più prolisso ed è arrivato a dieci pagine e Scelta Europea a 12 capitoletti sul suo sito web. Abbiamo chiesto ad Alessandro Chiaramonte, professore di Sistema politico italiano all’Università di Firenze, di fare un confronto tra i diversi programmi per i lettori de Ilsussidiario.net.



Partiamo dalle priorità economiche dei singoli partiti. Quanto sono diverse e quali sono più realistiche?

Buona parte dei programmi dei partiti fa parte di un elenco di desideri e cose possibili che raramente si misurano con la possibilità concreta che un partito a sé stante li possa realizzare. In Italia non esistono maggioranze di un solo partito, ma compromessi tra programmi di partiti diversi. Se dovessi giudicare dalla concretezza e dalla specificità delle diverse proposte, paradossalmente quelle più concrete e che vanno al punto sono quelle del M5S.



In che senso?

Quello dei grillini è un movimento populista, senza darvi una connotazione di per sé positiva o negativa, ma che certamente fa leva sull’idea di un popolo che si oppone a un establishment di varia natura. Il referendum sull’euro portato avanti dal M5S, per quanto difficilmente realizzabile, è quantomeno una proposta concreta. L’abolizione del Fiscal Compact va a sua volta a colpire una riforma concordata in sede europea, ma nulla vieta che l’Italia decida di recedere dall’accordo e quindi assuma una decisione autonoma che a quel punto la metterebbe al di fuori del consesso dei Paesi dell’Eurozona.



Come valuta invece le diverse proposte sui temi del welfare?

Forza Italia nel suo programma si dice a favore dell’economia sociale di mercato, mentre nel programma del Pd si può leggere che è a favore di un miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria. Sono tutte belle cose che nessuno si sognerebbe di contestare, il problema è valutare chi ha davvero la capacità e le competenze per metterle in pratica. Il passato può parlare a favore di taluni e a sfavore di altri, ma se ci mettiamo a confrontare i programmi elettorali sulla base di questi principi astratti, allora chi la spara più grossa vince. Se facciamo questo tipo di operazione, il risultato non sarà quello di una maggiore conoscenza dei programmi dei partiti. Sarebbe molto più utile se si dessero 10 euro in mano a ciascun partito, e si chiedesse loro come li distribuirebbero.

Un tema di cui si parla poco è la politica estera. Quali sono le principali differenze in campo?

Da questo punto di vista il M5S rappresenta un po’ un’eccezione, perché si focalizza su un’alleanza con i Paesi mediterranei, spostando il focus della politica italiana dal Centro al Sud dell’Europa e al Nord Africa. Per il resto, gli altri partiti, nonostante la vulgata che vuole un Euroscetticismo crescente da parte dell’elettorato italiano e anche delle stesse leadership partitiche, vedono ancora l’Europa come protagonista e come fonte di risoluzione di una serie di problemi. Dalla promozione e dal sostegno alla democrazia, a un potenziale rafforzamento dei diritti, a un partenariato che può assumere connotazioni economiche anche con Paesi al di fuori dell’Europa e in particolare con il Nord America.

 

Davvero ritiene che le posizioni euroscettiche non siano poi così forti?

A giudicare dai programmi dei partiti, in realtà questo euroscetticismo di cui si parla da tempo sembrerebbe essere di secondaria importanza. La Lega nord è contro l’euro in maniera piuttosto netta, ma non è contro l’Europa in quanto tale. Il M5S promuove un referendum sull’euro, ma non ha una posizione di netta contrarietà all’Ue.

 

Che cosa ne pensa invece di quanto è emerso sulla questione dell’immigrazione?

Al di là di accenti diversi, Pd, Forza Italia e Scelta europea hanno una posizione molto simile tra loro, che si basa sul rafforzamento della politica europea di controllo dei flussi. Questo non significa certamente il rafforzamento di bandiere, ma una maggiore cooperazione da parte dei partner nelle politiche d’immigrazione. Quelli dell’Italia sono confini dell’intera unione, e quindi si tratta di un problema non solo italiano ma comunitario. Sappiamo che la Lega ha una posizione diversa, anche se trascura il fatto che noi aderiamo al trattato di Schengen sui confini europei. Maroni dovrebbe quindi avere più coraggio e dire che non vuole soltanto uscire dall’euro, ma anche, cosa che mi pare non faccia, uscire dall’Ue.

 

(Pietro Vernizzi)

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