Ora l’Europa attende il responso delle nostre urne. Il premier Matteo Renzi, riferendosi a Grillo, ha detto: “domenica c’è da fare un derby, non tra Inter e Milan, ma tra chi pensa che il futuro dell’Italia sia evocare terrore e giocare sulla sconfitta e chi pensa di mettersi in gioco e prova a cambiare le cose”. A essere in gioco sono anche le riforme il cui destino, come spiega Stelio Mangiameli, professore di diritto costituzionale nell’Università di Teramo, dipende in larga parte dall’esito elettorale, anche se molte delle proposte del governo Renzi sono già in serie difficoltà.



Professore, da lunedì le riforme proseguiranno o si fermerà tutto come sempre avviene in Italia?

Per rispondere bisognerebbe avere la sfera di cristallo. La competizione sul terreno europeo riguarda il confronto tra Renzi e il suo gruppo dirigente da un lato, e il Movimento 5 Stelle dall’altro. La prima cosa che dobbiamo segnalare è che rispetto a un sistema politico tripolare uno dei tre poli, quello che fa capo a Berlusconi, è abbastanza malmesso. La legge elettorale delle Europee è in parte simile a quella che abbiamo in Italia per la Camera e il Senato dopo la sentenza della Corte costituzionale. Non c’è più il premio di maggioranza ma solo uno sbarramento del 4%, una distribuzione proporzionale e le preferenze. Le Europee sono quindi un test valido sulla legge elettorale in vigore.



Alla fine Renzi ce la farà?

Renzi parte con un grave svantaggio. Nella sua competizione con Grillo, il premier sconta il fatto di essere presidente del Consiglio senza essere passato da una tornata elettorale. In questo ha ricommesso l’errore che nel 1998 compì D’Alema, quando andò a Palazzo Chigi senza elezioni. Renzi cerca una legittimazione elettorale attraverso un’elezione impropria come sono le Europee, proprio come D’Alema l’aveva cercata nel 2000 in occasione delle Regionali. Il pericolo è che se oggi non ci sarà un successo del Pd, Renzi debba essere costretto a lasciare.



Con l’attuale maggioranza è possibile riuscire ad approvare una riforma costituzionale del Senato?

Una riforma costituzionale di questa portata è certamente problematica, in quanto modifica 44 articoli su 139 della Costituzione ed è portata avanti da un Parlamento eletto con una legge elettorale giudicata illegittima costituzionalmente.

 

Vuole dire che questo Parlamento non è legittimato ad approvare una riforma costituzionale?

Esatto, questo Parlamento non ha la legittimità per farlo. Avrebbe potuto compensare questa carenza di legittimazione con proposte di riforma condivise dai tre poli. Invece, al progetto di riforma del Senato non aderisce né Forza Italia, né il M5S. Le crisi istituzionali possono essere di varia natura, e qui abbiamo una crisi che deriva, da un lato, dall’alterazione della rappresentanza e, dall’altro, dal fatto che il presidente del Consiglio dei ministri che propone la legge elettorale e le riforme costituzionali non è passato da una tornata elettorale. Abbiamo dunque una doppia defaillance che può essere sanata solo se vi è un vasto consenso innanzitutto all’interno delle Camere e poi nel Paese.

 

Quali difficoltà presenta l’Italicum dal punto di vista costituzionale?

L’Italicum è un Porcellum al quadrato, cioè è ancora peggio della legge elettorale che è stata dichiarata illegittima costituzionalmente. E’ giusto attribuire il premio elettorale per chi raggiunge una certa soglia, mentre non lo è assegnarla comunque attraverso il ballottaggio. E’ legittimato a governare chi ottiene la maggioranza dei consensi dei cittadini, invece con il metodo dell’Italicum governa sicuramente una minoranza, mentre la maggioranza sta all’opposizione. Dal momento che ci sono tre poli, è dovere e responsabilità dei partiti politici raggiungere un accordo per governare insieme.

 

E’ possibile un’intesa che riguardi Pd, M5S e Forza Italia?

In Germania alla Cdu/Csu sono mancati tre seggi per avere la maggioranza assoluta e ha promosso un accordo di “grande coalizione” con i socialdemocratici. E’ quella la democrazia matura, mentre quella italiana è una democrazia deficitaria nella quale l’inserimento di un giovane brioso come Renzi può essere utile, ma a queste condizioni può anche comportare maggiori pericoli per la nostra democrazia.

 

(Pietro Vernizzi)

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