Hai un bel dire che si devono scegliere solo i 73 rappresentanti italiani al Parlamento europeo. La verità è che il voto di oggi è diventato importante quasi come un’elezione di mid term negli Stati Uniti. Si misura lo stato di salute del quadro politico, si cercano legittimazioni per chi non l’ha avuta dal voto politico di un anno fa, come Renzi. Dunque, i risultati saranno letti con gli occhiali della politica interna.



La campagna elettorale ha già detto molte cose. In primo luogo evidenzia una crisi strutturale del centro destra. Crisi in primo luogo del leader che l’ha incarnato per vent’anni. Che superi la quota psicologica del 20% o meno, ormai poco importa. La stella di Berlusconi sembra avviata irrimediabilmente verso il declino. Dopo il voto saremo all’anno zero per quell’area politico culturale. L’ex Cavaliere, costretto ai margini della scena dalle condanne giudiziarie e dall’età, dovrà decidere se incoronare la figlia Marina oppure no. In ogni caso lo farà da una posizione di debolezza estrema, perché la sua formazione politica (se resterà compatta) conterà poco più del 50% dei consensi di quell’area, mentre sino alle ultime elezioni pesava il 75-80%. Qualunque nuova leadership del centrodestra dovrà fare i conti con Alfano, con Salvini, con la Meloni. Già sarà impresa titanica far sedere partiti tanto distanti allo stesso tavolo, di sicuro però non ci sarà nessuna legittimazione automatica della leadership, e le primarie saranno richieste a gran voce. Se la risposta sarà no, la disgregazione del centrodestra non potrà che subire una brusca accelerazione.



Per il centrodestra sarà quindi una sorta di campana dell’ultimo giro, perché se non saprà reagire aprirà la strada a un bipolarismo anomalo, che vede i moderati ai margini e si polarizza nel duello fra politica e antipolitica incarnato da Renzi e da Grillo. È questo il dato politico destinato a pesare di più sul futuro. E i risultati possibili aprono scenari parecchio differenti da loro.

La prima ipotesi è che, smentendo le voci più allarmistiche, dentro l’urna delle europee ci sia per Renzi un successo chiaro, tale da mettere un rassicurante margine di distacco fra il suo PD e il Movimento 5 Stelle. Per il presidente del Consiglio si tratterebbe della tanto sospirata legittimazione del cambio in corsa a Palazzo Chigi operato a gennaio proprio per fare argine all’antipolitica. Con o senza l’apporto di Berlusconi, Renzi avrebbe a quel punto forza sufficiente per mettere davvero in cantiere le riforme promesse, a cominciare da quella della Costituzione. Anche le minoranze interne al corpaccione democratico dovrebbero prendere atto della consacrazione della leadership dell’ex sindaco.



Se però il margine di vantaggio fosse molto stretto per Renzi i principali grattacapi potrebbero venire proprio dal fuoco amico. Il premier-segretario è stato lasciato molto solo in questa campagna elettorale, e un sordo rumore di fondo di armi che vengono affilate potrebbe tramutarsi in una rivolta.

Ma che vi sia la concreta possibilità di una terza ipotesi, quella del sorpasso grillino sul filo di lana, lo dicono i toni sempre più alti degli ultimi giorni di campagna elettorale non solo del premier, ma anche di Berlusconi. Vorrebbe dire che la staffetta con Letta non è servita a nulla. La situazione diventerebbe incandescente, tanto sul piano interno (al Pd), quanto su quello esterno. Renzi ha ricordato che per il governo non cambia nulla con le europee, ma viene da chiedersi quanto potrebbe reggere un quadro politico con Grillo che invoca le dimissioni di Napolitano e immediate elezioni, e magari anche Forza Italia in ginocchio. È fin troppo facile immaginare che la prima vittima di questo stato di cose sarebbe la riforma della legge elettorale, l’Italicum, perché la prospettiva di un Grillo al ballottaggio (che avrebbe discrete probabilità di vittoria, potendo attirare i voti dei moderati assai più del Pd), consiglierebbe democratici e azzurri di puntare tutto sul Consultellum.

Elezioni anticipate in autunno (o in primavera, visto il probabile niet di Napolitano in nome del semestre europeo) con il sistema proporzionale sarebbero a quel punto uno scenario plausibile. Le reclama Grillo, ma sarebbero anche l’ultima carta per Berlusconi per essere ancora determinante, puntando a una grande coalizione dopo il voto con i democratici in nome della salvezza delle democrazia. Pure Renzi avrebbe qualcosa da guadagnarci, perché potrebbe eliminare gran parte dell’opposizione interna dai gruppi parlamentari, potendo contare su molti amministratori locali che potrebbero fare il pieno di preferenze. 

L’ordine d’arrivo delle europee, insomma, deciderà le sorti della legislatura.

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