“Non lo considero un voto su di me, è un voto che esprime una speranza straordinaria”; e poi il messaggio più forte, “Ora la rottamazione può iniziare”. Lo ha detto Matteo Renzi in conferenza stampa a Palazzo Chigi, commentando il successo ottenuto dal Partito democratico in queste elezioni europee, il 40,8% dei voti sul territorio nazionale (pari a 11.203.231 voti), che consente ai dem di doppiare il grande antagonista della vigilia, il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo (21,1%). Molti i temi toccati dal premier, dalla presidenza Ue al cambio di passo che serve all’Europa, dalle riforme alle promesse da mantenere. A proposito del voto, chiamato nuovamente da Renzi “derby speranza contro paura”, il premier ha espresso gratitudine per le forze politiche che hanno appoggiato il governo (Ncd), le quali “magari hanno preso meno delle aspettative”; ha invitato ad avere “rispetto” del voto che milioni di italiani hanno dato “a FI, a Ncd e a M5S”, e ha stigmatizzato “l’atteggiamento di superiorità che spesso in passato avevamo anche noi prima di elezioni che pensavamo di vincere e invece perdevamo”: una brutta premessa, secondo Renzi, un approccio che “va eliminato”. Con particolare riguardo la voto del Partito democratico, Renzi ne ha individuato la formula vincente “nello straordinario risultato delle nostre capoliste” – Alessandra Moretti, Alessia Mosca, Pina Picierno, Simona Bonafè e Caterina Chinnici -, e “nella mobilitazione degli uomini e donne del governo”. Renzi ha anche rilevato come il risultato elettorale proietti il Pd in cima alla classifica dei risultati nazionali della sinistra europea: il partito di Renzi, infatti, ha ottenuto più seggi della Spd tedesca (32 a 27), il partito di Martin Schulz, risultando così il primo partito del gruppo dei socilisti europei, S&D.
Matteo Renzi non si è fatto vivo davanti alle telecamere e per tutta la serata si sono rincorse le voci più diverse su alcuni suoi presunti incontri a Palazzo Chigi. Ben presto però è stato chiaro che per il Premier questa non era una fuga, ma un modo per preparare al meglio la vittoria che minuto dopo minuto si faceva più imponente. E allora eccolo, il tweet che in molti si aspettavano: “Un risultato storico. Commosso e determinato adesso al lavoro per un’Italia che cambi l’Europa. Grazie #unoxuno. @pdnetwork #senzapaura”. E se Renzi deciderà di cavalcare l’onda a modo suo, questo lo vedremo forse già tra qualche ora
“Se il risultato è confermato, noi saremmo insieme ad Angela Merkel l’unico partito al governo che regge. Vuol dire che è stato capito il senso del lavoro del governo per le riforme”. A dirlo è il vicesegretario del Partito democratico, Deborah Serracchiani, a commento del voto Pd in queste elezioni europee. Le proiezioni sul 30% del campione attribuiscono attualmente al Pd il 41,2%, al Movimento 5 Stelle il 21,9%, a Forza Italia il 16%, mentre la Lega Nord ottterrebbe il 6,5%, Ncd e Tsipras il 4%. Deborah Serracchiani parla di risultato “straordinario” e dice, riferita al Partito democratico, “siamo il primo partito progressista in Europa”.
Secondo fonti del Partito democratico il premier Matteo Renzi, rientrato a Roma da Pontassieve, si trova attualmente a Palazzo Chigi, da dove sta seguendo l’andamento dello spoglio, e più tardi potrebbe raggiungere la sede del Partito democratico a Largo del Nazareno, dove il ministro maria elena Boschi ha rilasciato le prime dichiarazioni parlando di risultato “storico”. Le prime proiezioni infatti (Ipr Marketing per Rai) assegnano il 40,2% al Pd, il 25,5% a M5S e il 17% a Forza Italia. Arivano anche le dichiarazioni di Alessandra Moretti, capolista del Pd nella circoscrizione nordest, a proposito di possibili dubbi su un possibile sorpasso da parte del M5S: non ce n’erano, dice Moretti, “c’era un clima strano dopo la batosta dello scorso febbraio, stavamo attenti, nessuno voleva fare facile trionfalismi”.
Il Partito Democratico ha chiarito una volta per tutte quanto accaduto oggi pomeriggio in un seggio di Pescara, in Abruzzo, dove si credeva che un rappresentante di lista avesse consegnato un fac-simile della scheda elettorale a un elettore che stava per entrare nella cabina. “E’ vero – ha spiegato all’Ansa la segretaria provinciale del partito, Francesca Ciafardini – che il nostro rappresentante ha consegnato un fac-simile ad una persona, ma questa persona era un suo amico e, soprattutto, aveva già votato. L’elettore ha chiesto al rappresentante di dargli un fac-simile da portare a casa e i due si sono allontanati dalla sezione, ma sono stati visti da un rappresentante del M5s, che ha subito segnalato ciò che, a suo dire, stava accadendo”. Smentita anche la notizia secondo cui l’esponente democratico avrebbe ricevuto una multa di 1.300 euro.
È scontro tra Movimento 5 Stelle e Partito democratico in un seggio elettorale a Pescara. Non è ancora chiaro il motivo della lite, che sta comunque paralizzando l’attività del seggio. Sembra che un rappresentante di lista del Pd abbia infatti consegnato a un elettore che si accingeva al voto non la scheda elettorale vera e propria, ma un fac-simile, al tempo stesso pare ci sia stato uno scambio di santini; in un modo o nell’altro, l’operazione è stata subito notata dal rappresentante di lista di M5S che ha fermato le operazioni di voto allertando le forze dell’ordine e facendo scattare la denuncia. Alcuni presenti al seggio sono stati identificati e si è messa a verbale la vicenda. Il seggio interessato da questo incidente è il n.13 della scuola elementare di via Milano. Per un comportamento come quello denunciato il rischio è si una multa salata fino a 1.300 euro.
“Con queste elezioni c’è un pezzo di rinnovamento democratico in Europa”. Lo ha detto il candidato dei socialdemocratici alla presidenza della Commissione europea Martin Schulz (Spd) commentando gli exit polls relativi al suo partito per queste elezioni europee. “È un grande giorno per questi fieri socialdemocratici”, ha aggiunto Schulz. I socialdemocratici tedeschi infatti sarebbero al 27,5%. Forte di questa affermazione, il candidato dei socialisti alla presidenza della commissione Ue ha parlato di “sicuro vento in poppa”. Nel frattempo, sempre gli exit polls confermerebbero la Cdu di Angela Merkel come primo partito in Germania.
Anche Matteo Renzi questa mattina ha votato per le elezioni europee nel seggio di Pontassieve e si è chiuso nel prudente silenzio di rito, in attesa che comincino gli exit polls che dovranno aggiudicare la vittoria del “derby” elettorale di queste elezioni europee 2014 – come lui stesso l’aveva chiamato – con il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e Casaleggio. Il capo del governo e leader del Parito democratico ha votato nel suo seggio di Pontassieve, sfoggiando il solito look sportivo, informale, in jeans con camicia bianca a maniche rimboccate. Con lui anche la moglie Agnese, che vestiva un abito bianco smanicato. Il leader del Partito democratico si è recato a piedi al seggio allestito nella scuola De Amicis di Pontassieve (Fierenze). Nel tragitto ha salutato i concittadini, dopo il voto una stretta di mano agli scrutatori e infine, insieme alla famiglia, si è recato a messa. Matteo Renzi non ha rilasciato dichiarazioni.
“Salveremo l’Italia anche per chi ci critica” era stato l’esordio del leader dei dem, Matteo Renzi, nel comizio di chiusura della campagna elettorale, venerdì a Firenze in Piazza della Signoria. In un rush finale che lo ha visto calcare i palchi delle più importanti piazze del paese avvicendandosi con Beppe Grillo e cercando di rispondere colpo su colpo agli affondi del Movimento 5 Stelle, il leader del Partito democratico ha cercato di vantare i risultati del governo, a cominciare dagli 80 euro in più in busta paga dati a dipendenti, dal Jobs act e dalle riforme istituzionali messe in cantiere. Sempre nel comizi di chiusura della campagna elettorale del Pd, Renzi ha stigmatizzato l’atteggiamento sfascista di Beppe Grillo, invitandolo a “scuacquarsi la bocca” prima di nominare invano un nume tutelare della storia della sinistra italiana come il comunista Enrico Berlinguer.
Matteo Renzi cerca in questa tornata elettorale la agognata “legittimazione” elettorale dopo aver assunto la guida del governo al posto di Enrico Letta, che il leader Pd, fresco di vittoria alle primarie dei democratici, aveva sfiduciato nel febbraio scorso. La riforma del Senato però non è andata in porto, quella della legge elettorale nemmeno e così Renzi ha cominciato a sentire sul collo la pressione del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e la sua cavalcata elettorale, anche a base di apparizioni in tv, come quella a Porta a Porta, che hanno significato una indubbia svolta da parte di M5S e l’obiettivo di ampliare il consenso tra i moderati. Gli stessi, sopratutto di centro destra, ai quali punta Matteo Renzi. “Se vinco di un punto o perdo di un punto” – ha detto sempre Matteo Renzi venerdì al Tg5 “cambia poco per il governo, ma cambia molto per l’Europa”. A domanda se sarebbe soddifatto da un 26% per il Pd, Renzi ha risposto: “Sarebbe più dell’altra volta, ma vorrei fare un po’ di più”.
Diamo dunque un’occhiata ai risultati del Partito democratico alle ultime elezioni europee, quelle del 2009. In quella tornata elettorale, vinta dal Pdl con il 35% dei voti (l’alleato di governo Lega Nord aveva portato a casa il 10%) il Partito democratico aveva ottenuto il 26% a livello nazionale. In dettaglio, il Partito democratico – allora guidato da Pierluigi Bersani – aveva ottenuto il 28% dei consensi nella circoscrizione nordest, il 23% nel nordovest, il 32% nella circoscrizione di centro, il 23% al sud e il 25% nelle isole. I capilista di allora ci riportano a una vecchia classe dirigente: Sergio Cofferati nel nordovest, Luigi Berlinguer nel nordest, David Sassoli al centro, Paolo De Castro al sud, Rita Borsellino nelle isole. A cinque anni di distanza – cominciava allora l’ascesa del “rottamatore” Matteo Renzi – Bersani è in minoranza all’interno del Partito democratico, Renzi tiene saldamento in mano il Pd e ha imposto capilista tutti al femminile: Alessandra Moretti a nordest, Alessia Mosca a nordovest, Simona Bonafè al centro, Pina Picierno al sud e Caterina Chinnici nelle isole.
L’altra partita di Matteo Renzi e del Pd si gioca ora nel Pse. È stato in marzo che il neopresidente del Consiglio ha operato una svolta storica per il suo partito, il Pd, portandolo nella grande partito dei socialisti europei, con i quali il rapporto era stato storicamente pieno di distinguo e diffidenze a motivo della parentela del Pse con la socialdemocrazia europea, una parola – socialdemocrazia – che aveva fatto venire il mal di stomaco, fino a ieri, a uomini ex-Pci come Occhetto, D’Alema, Fassino, Franceschini, Bersani. Così, al congresso del Pse che si è tenuto a Roma lo scorso marzo alla presenza del candidato alla presidenza della Commissione europea Martin Schulz, Matteo Renzi aveva parlato di Europa sociale come condizione dell’Europa economica, di scommessa sull’educazione, di Europa dei cittadini da opporre all’Europa dei burocrati, dicendosi pronto ad andare contro l’Europa voluta dai conservatori che ha portato solo “paura e austerità”.