Ci si potrebbe chiedere: dove è finita la vecchia sinistra di classe e di governo in Italia dopo la tornata di queste elezioni europee? Forse la domanda è un poco brutale e un tantino ironica. Tuttavia anche la continuità che la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto voleva saldare al ceppo del comunismo italiano, quello della svolta di Salerno (su cui in tanti straparlano), tanto per intenderci, sembra completamente saltata rispetto al trionfo elettorale di Matteo Renzi.



Il nuovo leader del Partito democratico ha rivoltato il partito come un calzino e si è reso protagonista di una vittoria elettorale che fa pensare a una sorta di ripetizione del 18 aprile. Il “tutti a casa” del duo Grillo-Casaleggio, al momento ma chissà per quanto tempo, viene rinviato a data da destinarsi.

Mentre sull’Europa soffia un vento impetuoso contro l’euro e la burocrazia di Bruxelles, in Italia il sistema tiene e batte l’antisistema che i pentastellati proponevano. A ben guardare l’anomalia italiana viene ribadita anche in questa circostanza.



Ma quello che è avvenuto in queste elezioni europee, in Italia modifica la mappa politica. E’ nata una sinistra diversa che assomiglia tanto alla vecchia Dc, per cui tanti votavano anche turandosi il naso. Quindi il compito di Renzi, dopo questo successo, potrebbe non essere facile da gestire soprattutto all’interno della sinistra che  ha sempre tante sfumature. Come reagiranno di fronte al passo baldanzoso di Renzi i difensori a oltranza dell’attuale Costituzione e gli oppositori sistematici verso una profonda riforma istituzionale? Che cosa diranno a questo punto i propugnatori della cultura giustizialista che volevano fare piazza pulita di tutto e di tutti, mettendo sotto accusa persino Renzi per aver gestito un accordo di riforma istituzionale con il “pregiudicato” Silvio Berlusconi? E come reagiranno poi le anime all’interno del sindacato, come la Fiom di Maurizio Landini, o la stessa Cgil di Susanna Camusso, che difendono la vecchia concertazione a tutti i costi?



C’è infine l’appuntamento clou per Renzi. Sistemato il cortile di casa italiano, liberatolo dall’ingombro della tempesta di Grillo, ora la partita sull’Europa diversa, sul superamento dell’austerità e del rigore, sulla rettifica dei parametri, sulla necessità di una politica di crescita, entra nel vivo.

Matteo Renzi non avrà più solo la valvola di sicurezza degli ottanta euro in più in busta paga per una larga fascia di italiani, ma dovrà misurarsi da una parte con le scelte rigoriste dei tedeschi e dei loro “vassalli” e dall’altro con la spinta centrifuga dei tanti euroscettici che sono spuntati in diverse parti dell’Europa, soprattutto in due paesi non proprio secondari come Francia e Gran Bretagna.

E qui occorrerà fare i conti con precisione, perché dopo il voto è stato lo stesso Mario Draghi, il presidente della Bce, a mostrare la sua preoccupazione per il peso che avranno ancora per lungo tempo sui cittadini, anche quelli italiani, i conti dei Paesi dell’eurozona.

Renzi mostra al momento, legittimamente, soddisfazione oltre che sicurezza. Ha indubbiamente guadagnato una valanga di voti che andavano al centrodestra, proprio mentre l’ area moderata si stava sfaldando e si realizzava il tramonto berlusconiano. Ma mantenere il consenso di questa area moderata non sarà affatto semplice per il leader del Pd.

Se non si riesce a trovare una via d’uscita alla crisi economica, se la tendenza deflazionistica perdura e la crescita ritarda, con tutto quello che comporta la disoccupazione, la sinistra “che non c’è più” gli presenterà il conto e lo porterà a una difficile mediazione tra ceti sociali diversi. A quel punto possono avverarsi imprevedibili contrapposizioni e il leader del Pd dovrebbe avere ancora un Grillo di fronte per ripetere un successo come quello che ha attenuto il 25 maggio.

Al momento, prendendo atto del successo renziano, restano ancora aperte tante incognite sul futuro italiano della sinistra e soprattutto su questo terremotato scenario europeo.