Stefano Folli, editorialista de Il Sole24Ore, ex direttore del Corriere della Sera, ha il realismo e la lucidità del grande analista politico, che sa interpretare i momenti dei grandi passaggi storici. Con un pizzico d’ironia, Folli ricorda Hegel, “tutto ciò che è reale è razionale”, ed evita le schematizzazioni che si leggono e si ascoltano nel mondo della comunicazione. Porsi il problema se Renzi sia di sinistra, se corrisponda a quel mondo di cui ormai si sente un’eco lontana anche nel Partito democratico, non sembra avere molto senso. In realtà, il voto a Matteo Renzi rappresenta la domanda di una “stabilità dinamica” della società italiana.
Proviamo ad analizzare questo massiccio voto che è andato al presidente del Consiglio.
Il problema non è poi tanto complesso. In una situazione come quella italiana, Renzi si colloca come un riformista dinamico e questa parte l’ha giocata bene. Da un lato ha bloccato e battuto quello che si collocava come il partito del “tutti a casa”, dei “processi popolari”, dell’antisistema, di Beppe Grillo, dall’altra parte ha ereditato il consenso ampio di un’Italia che vuole stabilità e nello stesso tempo vuole cambiare. Basta guardare dove è andato a prendere i voti, dove ha vinto largamente come nel Nord Est, tra le partite Iva per fare qualche esempio. E nel perseguire questa linea batte i pugni anche in casa sua, nel Pd.
E’ come se avesse messo il punto finale alla storia della vecchia sinistra italiana.
Questo certamente, anche perché sono passati molti anni, vent’anni, e nella società italiana è cambiato tanto. Renzi si è collocato sul versante di sinistra, come un riformista del sistema, in una situazione dove si pensava a un sistema politico traballante, quasi al collasso. Non sappiamo se poi riuscirà a realizzare quello che promette, ma certamente il risultato elettorale indica che l’elettorato ha individuato, ha scelto con Renzi un politico che vuole stabilità e nello stesso tempo cambiamento.
Sembra ripetersi a sinistra, se in questo modo vogliamo ancora chiamarla, quello che è accaduto nel consenso ampio a Silvio Berlusconi, nel momento del suo ingresso in politica.
In un certo senso è vero. Anche in quel caso, nel primo centrodestra di Berlusconi, c’era una voglia di stabilità e nello stesso tempo la voglia di cambiamento. La sconfitta di Berlusconi, del centrodestra di Berlusconi, è proprio quella di non aver saputo realizzare il cambiamento che la maggioranza della società italiana chiedeva.
Questo voto stabilizzante dell’Italia intorno a Matteo Renzi che ruolo può avere nel contesto europeo?
Può avere un ruolo importante, fornisce delle carte da giocare all’Italia in questo momento, offre uno spazio di mediazione tra la ventata euroscettica e la politica del rigore e dell’austerità perseguita da Angela Merkel. Insomma l’Italia si presenta con un buon biglietto da visita. Anche i tedeschi a questo punto, credo, che si debbano porre alcune domande, alla luce del risultato francese.
E’ rimasto sorpreso dalla clamorosa affermazione di Marine Le Pen?
Il risultato francese non è sorprendente, è inquietante. Questa è la pura e semplice realtà. Oggi la Francia è la spina nel fianco dell’Unione europea. Inutile girare intorno ai paragoni. In Francia ha vinto un partito di estrema destra, nazionalista, che vuole uscire dall’Europa. E Parigi, intendiamoci bene, è il cuore dell’Europa. Non si possono fare paragoni con il successo degli euroscettici britannici, quelli di Nigel Farage. Quella è un’altra storia, in un Paese dove poi esiste ancora la sterlina. La Francia è un’altra cosa, è decisiva per le sorti dell’Europa. Ora si discute se Marine Le Pen può ripetere lo stesso risultato alle elezioni francesi, ma intanto questa sventagliata anti-Europa, che ha, di fatto, umiliato i socialisti di Hollande è lì davanti agli occhi di tutti. Ed è difficile comprendere quello che può veramente accadere in futuro.
Ritorniamo all’Italia, Folli. Che peso può avere sul futuro del Movimento 5 Stelle, questa sconfitta? Si può pensare ancora a un suo radicamento nella realtà italiana come partito?
Non mi sembra ipotizzabile o possibile. Il M5S resta un movimento carismatico e il destino di questi movimenti è quello di vivere a fiammate. Grillo tiene sempre il piede sull’acceleratore, ma questa volta ha sbandato e tutto il suo movimento ne subirà le conseguenze. Non sarà un processo breve, ma io credo che non sarà nemmeno molto lungo. La formazione di gruppi parlamentari dissidenti dal movimento comincerà presto. Nella sconfitta di Grillo pesa questa escalation di destabilizzazione, fino alla promessa dei processi popolari, che lo ha portato a un sorta di ultima frontiera giustizialista. Sono state mosse sbagliate, che non piacciono agli italiani e che non corrispondono alle loro attuali esigenze principali, come quella della ripresa economica.
E la crisi, la questione economica, resta sempre il nocciolo della questione per tutti. Il problema è che anche Mario Draghi, presidente della Bce, è preoccupato.
Non c’è dubbio che la crisi sia la questione principale. Tutte le incognite di carattere politico e sociale sono legate a questo problema: come uscire da questa crisi. Possiamo solo analizzare quello che ci suggerisce il voto di questa tornata elettorale, poi si devono fare necessariamente i conti con la crisi che avrà ancora lunghe ripercussioni.
(Gianluigi Da Rold)