Concittadini, amici di lunga data. Gino Paoli è protagonista del libro intervista di Lucio Palazzo “I semafori rossi non sono Dio” in cui racconta la sua vita e anche l’amicizia con Beppe Grillo. Racconta molti episodi e discute di altri, ad esempio di quando Grillo venne cacciato dalla Rai a metà degli anni ottanta per certe sue battute sui socialisti. Gino Paoli dice di non credere siano stati i socialisti né tantomeno Craxi a ordinare la sua cacciata, pensa invece siano stati gli sponsor televisivi perché sono le aziende di pubblicità che comandano in Italia non i politici, spiega. Racconta delle cene fra amici a cui partecipavano l’architetto Renzo Piano, lui, Beppe Grillo e Antonio Ricci e che continuano tutt’oggi. In quelle cene, racconta, si cercava sempre di sconsigliare quello che a turno diceva di volersi mettere a fare politica. Nel 1987 lo stesso Paoli entrò in politica candidandosi nel Partito comunista. Tutti compreso Grillo cercavano di convincerlo a non farlo, e poi accadde di nuovo quando Grillo cominciava a pensare al suo movimento e la moglie non voleva. “Alla fine proprio Renzo Piano, che era il più convinto dell’inutilità di scendere in campo e che ha passato anni a toglierci i grilli dalla testa, oggi è l’unico nominato senatore a vita da Giorgio Napolitano” dice. A proposito del Grillo di oggi, dice ancora, è preparato e in buona fede, ma la satira gli ha preso la mano. E’ un Masaniello, lo definisce: “Ha iniziato un processo che gli è un po’ sfuggito dal controllo. Ha cominciato a parlarmi del blog tanti anni fa. Era affascinato dal potere che ha internet nel mettere in connessione le idee. Lui legge tutto, ha contatti con tutto il mondo, prende informazioni, non è un superficiale. Beppe è una spugna. La cosa importante è che lui ci crede ed è in buona fede, solo per questo non lo mando ancora a cagare”.



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