La frenetica accelerazione che ha portato la Camera dei deputati all’approvazione del disegno di legge del cosiddetto “divorzio breve” è una paradossale dimostrazione di quanta libertà di manovra e discrezionalità caratterizzi le decisioni della politica nazionale. Migliaia sono i provvedimenti di legge oggi sparsi nelle varie commissioni parlamentari, tra Camera e Senato, in un solo anno di elaborazione (le elezioni di febbraio 2013), sui più diversi argomenti, e arrivare al “dibattito in aula”, e poi al voto, è una impresa per pochi: “uno su mille ce la fa”. Ce l’ha fatta, per “merito” dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, il testo unificato della Commissione Giustizia per abbreviare i termini per proporre la domanda di divorzio. Che è stato approvato giovedì 19 maggio con 381 voti favorevoli (molto trasversali), 30 contrari, e 14 astenuti (e moltissimi assenti; non sono 630, i deputati?). Verrebbe voglia di elencarli nome per nome, i coraggiosi che hanno votato contro, soprattutto quelli che hanno votato contro “la linea prevalente” del proprio partito.
Se viene infatti riconosciuta un’effettiva esigenza di abbreviare i termini per proporre la domanda di divorzio dopo la – sempre dolorosa – separazione tra i coniugi, la soluzione non può risiedere infatti in un mero accorciamento dei tempi processuali. Sarebbe molto più importante invece che lo Stato protegga il valore pubblico della stabilità coniugale e che si preoccupi di tutelare i soggetti che dallo scioglimento del matrimonio hanno più da perdere. Ma di questo nel testo non c’è traccia.
Durante tutta la discussione delle proposte di legge quasi mai è stato sollevato – e mai è stato recepito nel testo poi votato – il problema di come aiutare le famiglie primache intervenga una crisi coniugale. Non ci si è mai posti il dubbio che andasse fatto qualcosa di più che un taglio dei tempi: parliamo di servizi di assistenza alla famiglia nella fase iniziale della crisi, come ad esempio la valorizzazione del ruolo dei consultori familiari o dei servizi alla coppia, centri di ascolto o di mutuo aiuto, valorizzazione delle associazioni di famiglie, servizi di mediazione familiare, interventi di crisis management, che prevengano la rottura della relazione di coppia.
Bisogna poi dare atto ai promotori di questa legge di aver trovato uno slogan efficace: ambiguo, ma fortunato: l’espressione “divorzio breve” fa infatti pensare all’accorciamento dei tempi burocratici, alla diminuzione delle parcelle degli avvocati, ad una deburocratizzazione che tutti condividono. Ma in effetti il punto non è la durata, non lo è mai stato, nelle nostre critiche: abbiamo sempre chiesto, invece, di “riempire il tempo”: di aiuto, di accompagnamento, di prossimità, alle coppie in crisi, alle coppie in via di separazione, e soprattutto ai genitori che attraversano questi percorsi, per aiutarli a proteggere i bambini.
Perché non aiutare le famiglie a confrontarsi e a trovare soluzioni condivise e soprattutto volte a tutelare e proteggere la prole, oltre che i propri interessi individuali? Siamo fermamente convinti che in ogni crisi sia necessario − e possibile − costruire uno spazio mentale e relazionale per superarla, attraverso il confronto tra i coniugi, e che questo spazio possa essere adeguatamente riempito da servizi relazionali, di mediazione familiare, da proposte di soluzione che prevedano un esplicito piano educativo e “gestionale” per i figli, condiviso tra i coniugi e costruito insieme a operatori specializzati, e da servizi che si occupino della famiglia nel suo insieme.
Fare famiglia è difficile, restare insieme per tutta la vita oggi non è per tutti: ma davvero l’unica soluzione è lasciare da sole le coppie e le famiglie, raccontando loro che così sono più liberi e hanno più possibilità? Forse sarebbe il caso di assumersi invece, come società, la responsabilità di non abbandonare le famiglie, di dimostrare, con azioni concrete, che la famiglia sta a cuore alla società: con un fisco più attento, con politiche di conciliazione, con servizi di cura più efficaci e relazionali, e anche, perché no, con servizi di sostegno alle relazioni familiari, alla tenuta dei legami di coppia, ai compiti di genitorialità, sia per prevenire le rotture dei legami familiari, sia per renderle, ove necessarie, meno traumatiche. Altro che “veloce”: solo a Las Vegas la fretta è buona consigliera, quando si tratta di sposarsi o di separarsi!
Confidiamo quindi che nel passaggio al Senato non ci si limiti a ratificare le norme, ma si intervenga per promuovere e proteggere, indipendentemente da ordini di schieramento, un valore dichiarato dallo Stato fondamentale per l’intera società: la famiglia.