“Il premier Renzi smetta di fare campagna elettorale su un tema sensibile come le riforme costituzionali e accetti un confronto aperto e sereno per correggere gli errori contenuti nel disegno di legge del governo”. Lo sottolinea Giuseppe De Mita, onorevole del gruppo Popolari per l’Italia, nel momento in cui il dibattito sulla riforma del Senato entra nel vivo. Il governo è in pressing da giorni, con il testo del ddl che è in questo momento in discussione nella commissione Affari costituzionali del Senato. Intanto il premier Renzi ha spiegato che il governo non chiede tempi rapidi “per paura di discutere”, ma per non “perdere il legame diretto con gli elettori” in quanto a un certo punto “bisogna decidere”.



Onorevole De Mita, condivide la richiesta di tempi certi da parte del presidente del consiglio?

Mi auguro che il governo non compia forzature, imponendo che la discussione debba per forza partire dal testo precettato. E’ emersa una quantità di perplessità sull’impianto ed è più utile tener conto di tutte le posizioni emerse, piuttosto che irrigidirsi inusualmente su una proposta del governo. C’è un’affermazione che condivido da parte del premier Renzi, ed è che le riforme vanno fatte con tutti. Se questo è il punto di partenza, è opportuno che la commissione parta da un testo che tenga conto di rilievi non secondari emersi in queste settimane.



Il disegno di legge del governo non la soddisfa?

Allo stato delle cose la riforma del Senato, per come è stata formulata, resta un ibrido. La questione è definire le funzioni del Senato alla luce della riscrittura dell’articolo 117 della Costituzione. Se il Senato deve essere la Camera di rappresentanza delle realtà territoriali, il punto di partenza è come vengono ripartite le competenze tra Stato e Regioni. Sulla scorta di questo si costruisce la possibile rappresentanza del Senato, che può essere o meno elettiva.

Come valuta la composizione del nuovo Senato?

La componente dei sindaci o dei membri indicati dal presidente della Repubblica è propria di un’idea diversa del Senato. La nostra idea è che occorra creare un Senato dei territori, con funzioni legate alla riformulazione dell’articolo 117. Il nodo è la ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, riducendo il contenzioso di fronte alla Corte costituzionale dopo il 2008. A oggi è importante fissare un punto d’inizio, per una discussione che non risenta della campagna elettorale. Non vorrei che dovessimo prendere atto che dopo che Berlusconi e Grillo sono entrati in campagna elettorale, ora anche Renzi sta facendo altrettanto. Le riforme non sono una questione che ricade sull’iniziativa del governo bensì del Parlamento. Il governo fa bene a sollecitare questa discussione, siamo tutti intenzionati a fare le riforme, ma occorre farle bene.



 

Quali sono le sue proposte per quanto riguarda le funzioni del Senato?

Il punto di partenza è definire bene le funzioni del Senato, partendo come dicevo da una riscrittura dell’articolo 117 della Costituzione. Occorre intervenire in modo analitico alla luce del risultato storico di questi anni di riforma, soprattutto per quanto riguarda le materie concorrenti tra Regioni e Stati nazionali. Il punto è definire l’ambito di competenza tra Stato nazionale e Regioni.

 

In che modo?

Con il senatore Mauro abbiamo ipotizzato di riportare tutta la competenza legislativa in capo allo Stato e quella regolamentare in capo alle Regioni. Nella formulazione proposta dal governo, in cui si evoca l’interesse nazionale come strumento di disciplina di eventuali conflitti tra Stato e Regioni, si rischia di introdurre un elemento ambiguo ed equivoco che non risolverà il tema del conflitto della Corte costituzionale per quanto riguarda l’attribuzione di competenze tra Stato e Regioni. Il primo punto è quindi scrivere bene l’articolo 117, perimetrando in modo chiaro le competenze di Stato e Regioni. Il Senato a questo punto diventa una camera di rappresentanza dei territori, con una forma di relazione con la Camera dei deputati proprio per quegli ambiti legislativi che sono al confine tra le competenze nazionali e quelle regionali.

 

(Pietro Vernizzi)