“L’odg Calderoli prevede tutto un altro asset, completamente diverso da quello della legge del governo. La rottura è visibile e significativa, anche se credo non irrimediabile”. E’ il commento di Luciano Violante, ex presidente della Camera, al voto in Commissione affari costituzionali del Senato che ha approvato l’ordine del giorno di Roberto Calderoli sulla riforma di Palazzo Madama. Il testo dell’esponente della Lega nord è passato con i voti di Forza Italia, M5S, Sel e Popolari per l’Italia. Nel testo si prevede l’elettività del Senato e un marcato ampliamento delle competenze delle Regioni.



Quando è grave, dal punto di vista del governo, il fatto che l’odg Calderoli sia stato approvato in commissione?

L’odg Calderoli prevede tutta un’altra strada rispetto a quella prevista dal governo. Ora però bisogna rendersi conto che un ordine del giorno, pur avendo una sua impegnatività, non è un disegno di legge né una legge, bensì un voto d’indirizzo. La rottura è visibile e significativa, bisognerà poi vedere a quali punti approderà il dibattito parlamentare che si svilupperà evidentemente dopo le elezioni.



Questo ordine del giorno impegna la posizione dello stesso governo?

No, in quanto non si tratta di un ordine del giorno del governo. Ciò che vi sia afferma è che “la commissione assume le linee d’indirizzo”, e non è quindi scritto come impegno del governo bensì come orientamento della commissione stessa.

Come valuta i contenuti dell’ordine del giorno?

Li ritengo gravi sia per quanto riguarda il sistema di elezione dei senatori, sia per quanto riguarda le competenze Stato-Regioni. Come ho detto prima rappresenta certamente un’altra strada.

Senza i voti di Forza Italia non c’è più la maggioranza?



Le maggioranze costituzionali non corrispondono quasi mai alle maggioranze di governo, e quindi quando si è affrontata la riforma del Senato si è tentato di ampliare la maggioranza. A volte ci si è riusciti e altre no. Non c’è riuscito il centrosinistra nel 2001, non ce l’ha fatta il centrodestra nella legislatura successiva. In genere quando non ci si riesce è perché non ci si vuole riuscire, o comunque ci sono dei pregiudizi rilevanti. Il mio auspicio è che partecipino anche tutte le altre forze, se poi qualcuno si tira fuori è sua responsabilità.

In quale direzione sta andando il Senato?

E’ ancora presto per dirlo, il vero dibattito si terrà dopo le elezioni e le decisioni che contano saranno prese solo allora.

 

L’obiettivo di Renzi non era approvare la riforma prima delle elezioni?

Credo che lo stesso Renzi si sia reso conto che la cosa non era fattibile. Anche perché i disegni di legge costituzionale hanno bisogno di un principio di coerenza. Tutti sono d’accordo sul fatto che il Senato non deve dare la fiducia, e quindi i senatori non devono essere eletti direttamente. Sono coerenze costituzionali che non possono saltare per capriccio.

 

Secondo lei che cosa vuole Renzi?

Bisognerebbe chiederlo a lui. Credo che intenda procedere con una certa decisione, e spero che ci riesca per il bene del Paese.

 

Quanto si è consumato in commissione è anche una vendetta dei piccoli partiti?

Non userei il termine vendetta, del resto non si è votato un emendamento ma un ordine del giorno. L’impressione è che non tutti l’abbiano inteso come strettamente vincolante.

 

A questo punto Renzi è sotto ricatto da parte dei partiti minori?

Non è un ricatto, Lega nord e Sel non sono d’accordo e dunque votano contro. Il ricatto lo fai quando negozi su un piano di parità, se loro sono già fuori da un’intesa per le riforme non c’è nessun ricatto.

 

(Pietro Vernizzi)