La notizia è arrivata in tarda serata, con un laconico comunicato d’agenzia. Il Partito democratico si è sbarazzato anche di Corradino Mineo, senatore del Pd, “reo” di essere favorevole, insieme a Vannino Chiti, ad un senato elettivo. Dunque in contrasto con il “senato francese” – non eletto direttamente dai cittadini – sul quale Matteo Renzi ha messo la faccia.
“L’Ufficio di presidenza del gruppo Pd del Senato” – dice l’Adnkronos – ha deciso di nominare i tre membri permanenti in commissione Affari costituzionali di palazzo Madama al posto degli attuali sostituti. I membri permanenti sono da oggi Luigi Zanda, Roberto Cocianich e Maurizio Migliavacca che prendono il posto di Marco Minniti, Luciano Pizzetti e Vannino Chiti.Per effetto di tale decisione Corradino Mineo, a sua volta sostituto di Minniti, non farà quindi più parte dell’organismo”.
La sostanza è chiara, Mineo è fuori. “Se non fossi confermato in Commissione Affari costituzionali sarebbe un gravissimo errore politico” aveva detto Mineo poco prima.
Dopo che il senatore Mario Mauro, presidente del gruppo Popolari per l’Italia, era stato escluso dalla commissione con un blitz guidato da Casini (“non mi fido più di te”) per conto del governo, Mineo era andato all’attacco contro una sua eventuale sostituzione. Facendone una questione di metodo oltre che di sostanza: “non è utile nè a Renzi nè al governo nè al partito cercare di far passare in commissione le riforme con un muro contro muro”.
Come ha sottolineato Mineo nella giornata di ieri parlando ad agenzie e siti web, “Renzi ha spiegato che le riforme costituzionali si fanno coinvolgendo le opposizioni. Il presidente del Consiglio capisce che non si può procedere a colpi di maggioranza. La Commissione, se io fossi sostituito con uno che vota ciecamente il testo che il governo gli mette davanti, distruggendo ogni autonomia del Parlamento, diventerebbe militarizzata, sarebbe un errore senza se e senza ma”. Purtroppo per Mineo, l’ipotesi da lui formulata, quasi per scongiurarla, è divenuta realtà. Ilsussidiario.net ha raggiunto Mineo quando ancora la situazione si stava evolvendo. Le sue dichiarazioni risultano profetiche.
Senatore Mineo, la scelta di non confermare Mauro nella commissione Affari costituzionali è legata al fatto che il leader dei Popolari per l’Italia aveva votato a favore del Senato elettivo e contro il disegno di legge del governo?
Se è stato per quello che il senatore Mario Mauro è stato escluso dalla commissione, è stata certamente una cosa discutibile. Significa che dentro le istituzioni i partiti contano sempre di più e i parlamentari sempre di meno. Non è una bella cosa, perché credo che i partiti qualche colpa nella degenerazione della forma parlamentare l’abbiano avuta. Risolvere il problema aumentando il peso dei partiti fino a militarizzare tutti i senatori e i deputati non è un bene.
Mauro ha detto che la sua “epurazione” è stato un modo per risparmiare al Pd di rimuovere anche lei. È una mossa per metterla in un angolo?
Ma perché, che c’entro io con il senatore Mauro? Sono un uomo libero e non mi faccio mettere a tacere da nessuno.
A tacere no, ma magari in minoranza sì…
C’è chi dice che i 20 senatori del Pd che hanno firmato il disegno di legge del senatore Vannino Chiti sono una minoranza rispetto agli altri 80 che non lo hanno firmato. Però gli altri 80 che non lo hanno firmato rappresentano a loro volta un’articolazione di posizioni.
Vuole dire che il Pd è diviso in una serie di fazioni discordanti?
Mi limito a osservare che ieri il senatore del Pd Miguel Gotor ha parlato a nome di un gruppo di parlamentari che non hanno firmato il ddl Chiti, e ha dichiarato: “Il Senato è eletto in modo indiretto, ma la legge elettorale Italicum deve cambiare profondamente”. Quindi c’è un dibattito molto ampio, e questa rappresentazione secondo cui nel Pd sarebbero tutti uniti e solo il senatore Chiti e io stesso saremmo dissenzienti, è un modo corrivo per non dire la verità.
Che cosa ne pensa del modo in cui Renzi sta portando avanti le riforme?
Il governo Renzi ha ragione da vendere a volere la riforma del Senato e la fine del bicameralismo, e su questo sono d’accordo con il presidente del Consiglio. Per una serie di errori il processo di riforma si è però incartato, e ora non so come se ne possa uscire.
Dietro alla scelta di Pier Ferdinando Casini di rimuovere Mario Mauro in realtà c’è Matteo Renzi?
Ma no, ma no, non credo proprio che le cose siano andate in questo modo, non ci credo.
(Pietro Vernizzi)