I senatori del Pd, Vannino Chiti e Corradino Mineo, sono stati esclusi dalla commissione Affari costituzionali e sostituiti con altri due colleghi. In segno di protesta e di solidarietà, 13 senatori del Pd si sono autosospesi dal gruppo. Si tratta di Casson, Chiti, Corsini, D’Adda, Dirindin, Gatti, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Tocci e Turano. “La rimozione dei senatori Chiti e Mineo, decisa ieri dalla presidenza del gruppo, rappresenta un’epurazione delle idee considerate non ortodosse”, ha dichiarato Paolo Corsini, uno dei “dissidenti”. Chiti e Mineo sostenevano un disegno di legge favorevole a un Senato elettivo, contrariamente a quanto previsto nel decreto del governo che per Palazzo Madama prevede invece un’elettività di secondo grado. Ne abbiamo parlato con Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista che mercoledì debutterà in edicola.



Che cosa ne pensa della rimozione dei senatori Chiti e Mineo?

Ci sono evidentemente delle resistenze forti alla linea Renzi, soprattutto per quanto riguarda le riforme istituzionali. Non credo però che i “dissidenti” avranno un gran futuro, perché Renzi in questo momento ha tutte le carte in mano. Sulla decisione di cambiare Mineo, la ritengo legittima perché un partito deve avere il diritto di seguire la sua linea. Ci sono uno scarto e una contraddizione clamorosa tra la consistenza del gruppo parlamentare, sostanzialmente bersaniano, e il risultato delle primarie che invece hanno fatto vincere Renzi. Il premier si trova a governare con un gruppo parlamentare che gli è ostile ed è logico che prenda dei provvedimenti.



Ma c’è un limiti a questo tipo di interventi?

Sì. Non è logico ritenere che la ragion di Stato, diventata la ragione delle riforme, debba passare sopra tutto. Chi vuole cercare una giustificazione la troverà, ma questi sono metodi stalinisti, così come sono stalinisti i metodi di Grillo. Sono piuttosto preoccupanti, perché sono il segnale del fatto che anche nel senso comune e nell’abitudine l’idea di democrazia e quindi anche la fatica che comporta sta scomparendo dalla politica italiana. Si vota poco, non si vota più per eleggere i deputati ma i deputati sono nominati dai partiti, chi dissente è messo fuori gioco, e questo succede nei due partiti più grandi, il M5S e il Pd.



Di fronte a un Pd spaccato, che cosa dovrebbe fare Renzi?

Se vuole fare le cose in modo pulito, Renzi deve seguire la via più semplice: andare alle elezioni anticipate. Se verifica che ha un gruppo parlamentare che non risponde alla sua linea politica, e quindi non è in grado di governarlo, la cosa migliore è stabilire che se il Parlamento non corrisponde alla realtà delle cose si ritorna a votare per adeguare il Parlamento alla realtà attuale. E naturalmente sarebbe “carino” se si andasse a votare in modo democratico, con una legge elettorale democratica e non con l’Italicum che è una norma autoritaria.

In quante correnti è spaccato il Pd in questo momento?

Il problema del Pd è che le correnti non corrispondono a delle idee. Nel Pci, tutti sapevano dire che differenze c’erano tra le idee di Ingrao e quelle di Amendola. Nessuno invece sa che differenza ci sia tra Mineo e Lotti, forse neanche loro stessi. Le correnti sono un disastro quando non corrispondono a delle idee ma semplicemente a dei piccoli gruppi di potere. Nel Pd mi sembra che le correnti corrispondano a dei piccoli gruppi di potere, privi di differenze di linea politica.

 

Sabato inizia l’Assemblea del Pd. Chi dovrebbe essere eletto come presidente?

Il senso del presidente di qualsiasi partito è quello di essere una figura di garanzia. Renzi dovrebbe quindi garantire la componente che ha annientato, l’ex Pci, proprio per un’ottica democratica. Ma se per Renzi tutti quelli che hanno più di 50 anni sono da rottamare io non ci posso fare niente. Il ruolo di presidente spetta o a D’Alema o a Veltroni o a Bersani, non ci sono molti dubbi. Se poi uno vuole fare la squadriglia degli scout va bene, ma non è la grande democrazia politica che tutti ci aspettiamo.

 

Debutta mercoledì il suo nuovo quotidiano, Il Garantista. Ce lo vuole presentare?

Sarà un giornale che se oggi fosse già in edicola festeggerebbe per il voto alla Camera che ha sancito il principio per cui i magistrati sono come tutti gli altri cittadini e se commettono dei reati devono rispondere di fronte alla legge. Sarà un giornale garantista, l’unico in Italia, perché in Italia non esistono giornali garantisti, ciascuno difende i propri uomini ma nessuno li tutela tutti a prescindere dal loro colore politico. Sarà un giornale che su tutte le grandi questioni presenterà due opinioni, perché vogliamo rivolgerci a un pubblico in grado di farsi un suo punto di vista, non di ricevere ammaestramenti.

 

(Pietro Vernizzi)