Ieri Matteo Orfini, neopesidente del Partito democratico, ha detto di essere disponibile a incontrare i senatori autosospesi per dialogare e vedere se è possibile trovare una ricomposizione. I 14 senatori del Pd che si sono autosospesi avevano detto di voler presentare un ricorso a Piero Grasso, presidente del Senato, e a Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica. La protesta è nata dopo la rimozione di Corradino Mineo dalla commissione Affari costituzionali del Senato.
Claudio Micheloni, uno dei 14 senatori, si era detto pronto a lasciare il Partito democratico per costituire un gruppo autonomo: “Spero sia l’occasione per trovare un’intesa. Altrimenti proporrò agli altri colleghi di lasciare il Pd e formare un nostro gruppo”. Mentre per Anna Finocchiaro, presidente della Commissione, “la decisione spetta al gruppo del Pd. Io mi permetto di osservare che in una commissione in cui c’è un solo voto di scarto, una critica così radicale come quella di Mineo non è solo una espressione di libertà di coscienza ma pone un’alternativa tra fare e non fare le riforme”. Al senatore Mineo resta cioè la possibilità di esprimere il suo voto nell’aula del Senato. Tanto è vero che la Finocchiaro ha aggiunto: “Niente limiterebbe la libertà di coscienza del senatore Mineo e di quanti vogliano avere il suo stesso atteggiamento”. Ne abbiamo parlato con Emanuele Macaluso, dirigente storico del Pci.
Matteo Orfini è il nuovo presidente del Pd. Che cosa si aspetta ora?
Niente. Non mi sembra una svolta memorabile o tale da far riflettere.
Macaluso, il caso Mineo…
È una questione interna al Pd. Il Pd non è un partito, non ha regole di partito, è un aggregato politico-elettorale. Questi avvenimenti, questi fatti, sono nell’ordine delle cose. La vera domanda che ci si dovrebbe porre è chi abbia nominato Mineo nella commissione Affari costituzionali, anziché nella commissione Cultura che era quella più adeguata per un giornalista come lui. Che cosa c’entra Mineo con le riforme costituzionali? All’interno del Pd è tutto improvvisato, e adesso si paga un prezzo.
Perché dice che il Pd non è un partito?
Il Pd non è un vero partito perché è privo di un asse politico-culturale, di regole molto condivise, di una sua disciplina, di un suo modo d’essere. Non si tratta quindi di un partito ma di un aggregato importante.
Il Pd si spaccherà oppure no?
Non si spaccherà, dove vuole che vada chi dovesse dare vita a un’eventuale scissione?
Che cosa ne pensa della questione morale in politica?
La corruzione oggi in Italia è un cancro che colpisce l’economia, la società, la moralità e i cittadini onesti, e rappresenta uno dei problemi centrali del Paese.
In che modo ritiene che questo problema vada affrontato dalla politica?
Questo problema dovrebbe essere affrontato soprattutto dai partiti. I partiti dovrebbero essere capaci di selezionare al loro interno personale onesto, e di attuare delle leggi in grado di prevenire, oltre che di punire.
Quanto è corrotto il Pd?
Come è evidente, la grande maggioranza del partito credo che sia onesta, e poi come abbiamo visto ci sono dei problemi anche lì.
Che cosa ne pensa del caso Orsoni, il sindaco di Venezia?
Orsoni si è dimesso, ha fatto bene a farlo, e ora decideranno i veneziani chi debba essere il nuovo sindaco. Orsoni ha patteggiato, e si fa un patteggiamento quando si ammette una colpa.
A Milano dove c’è l’Expo è stato nominato il commissario Cantone. Se ci fosse stato un Cantone a Venezia, il caso Mose si sarebbe verificato ugualmente?
Credo proprio di sì, vediamo quali poteri avrà il commissario Cantone.
(Pietro Vernizzi)