Il mercoledì della settimana che terminava con il voto europeo vedeva lo spread in ascesa, dopo mesi di raffreddamento. Forse solo un piccolo segnale, ma di questi tempi sembra che il differenziale di rendimento sui titoli di Stato abbia un’importanza enorme. Sarà un caso, ma tra lo spread leggermente surriscaldato, la paura del “sorpasso” grillino, lo sgretolamento del centrodestra e infine gli ottanta euro in busta paga a una decina di milioni di italiani, il risultato eccezionale di Matteo Renzi è diventata una realtà inoppugnabile.



Si è subito parlato, giustamente, di grande vittoria. Poi si è sottilmente discusso su chi avesse vinto veramente: il giovane e veloce Matteo Renzi, detto il “rottamatore”, o il partito di cui è segretario, il Pd? Massimo D’Alema ha fatto un piccolo appunto su tale questione: non c’è una grande vittoria se non c’è dietro al suo leader un grande partito.



Nonostante questa precisazione di D’Alema, è probabile che tutto, nel contesto del voto europeo, abbia contribuito al successo di Renzi più la figura di Presidente del Consiglio che la nuova centralità del Pd. L’analisi che emergeva più chiaramente, dopo il voto, era quella di un Paese che reclamava stabilità e una promessa di cambiamento dopo venti anni buttati al vento. E indubbiamente Renzi la sua parte l’ha fatta molto bene, prima mettendo quasi in riga partito e sindacati, poi dando un impulso all’attività di governo, ottenendo un buon “biglietto da visita” per il semestre europeo a guida italiana.



Tuttavia, mentre si votava per le europee, si eleggevano anche diversi sindaci in realtà differenti. Ed è inutile nascondere che, in un contesto diverso, il risultato rispetto alle europee appare in controtendenza. Il Pd perde due ballottaggi simbolo della sinistra: Livorno e Perugia. Con uno sguardo generale, anche se naturalmente frammentario, si può dire che il cosiddetto “partito nazione”, così come si è visto alle europee, non si è visto negli enti locali. Anzi si è vista una realtà ben diversa, con il Movimento 5 Stelle, tutt’altro che morto, che s’insedia a Livorno e con una leggera ripresa del centrodestra in genere. La stessa Lega Nord, dopo la ripresa alle europee, rialza la testa e conquista Padova.

A riprova di questo risultato in controtendenza, sono le critiche che ora emergono nel Pd. Il vecchio segretario, Pier Luigi Bersani, parla della necessità di studiare a fondo la situazione e ammette: “ci sono delle spine e Livorno è una di queste”. Persino Enrico Letta, da lungo tempo in silenzio, sottolinea il voto di Livorno: “E’ la sconfitta più clamorosa e non solo per il suo valore simbolico, per questo credo che necessiti di una riflessione nazionale”. Mentre Renzi rassicura e attacca: “Il risultato negativo si è verificato nelle città dove il Pd non si è rinnovato”. Gianni Cuperlo replica seccamente: “Davvero c’è chi pensa che si possa dire che si vince dove il corso renziano si è fatto strada e si perde altrove? E quale sarebbe la vecchia guardia da rottamare?”.

A leggere queste dichiarazioni è come se le lancette dell’orologio fossero ritornate indietro a prima del 25 maggio, con contrapposizioni, anche pesanti, all’interno del Pd.

Che cosa se ne deduce da questo voto per la politica italiana? Che il voto europeo è stato solo una grande richiesta di stabilità in una situazione che però resta ancora confusa. E che tutti i giochi politici, che riguardano direttamente l’Italia, restano ancora aperti.

Proviamo a mettere in fila alcuni elementi. Il primo è la continua emorragia di votanti, con un’astensione che ormai supera il 50 percento. Il secondo è che se non ci si trova di fronte a una “grande paura”, a uno sconvolgimento completo del quadro politico, prevalgono i motivi di contestazione al sistema. Il terzo è che ormai difficile fare previsioni sulla stessa durata della legislatura. Il quarto è una preoccupazione tutta interna al centrosinistra: se si arrivasse a un ballottaggio nazionale tra Pd e grillini, come si comporterebbe l’elettorato di centrodestra che non diserta le urne?

Forse siamo ancora a dei segnali di insofferenza. Ma pensare che la situazione politica italiana si sia stabilizzata appare alla luce del voto di queste parziali amministrative abbastanza azzardato.