La proposta di legge elettorale presentata dal Movimento 5 Stelle entra nel dibattito politico, soprattutto per quanto riguarda le riforme istituzionali. Il problema ora è vedere se si possa arrivare a una base di discussione con dei punti comuni, a una convergenza su alcuni nodi fondamentali.
Si è indubbiamente colto nel Movimento 5 Stelle la volontà di cambiare rotta rispetto all’isolamento dei mesi scorsi e quindi la necessità di inserirsi nel gioco politico. Si può innanzitutto sottolineare un aspetto di lettura politica diversa di Grillo e Casaleggio dopo le europee, riconoscendo a Matteo Renzi una legittimazione conquistata in campo elettorale, mentre prima il premier, secondo i grillini, usciva solo dalle primarie del Pd. Non a caso, Grillo e Casaleggio, insieme al movimento, individuano proprio nel Pd, nella sinistra che ha vinto alle europee l’interlocutore da privilegiare.
In questo modo cercano anche di neutralizzare la funzione di ago della bilancia che Forza Italia di Silvio Berlusconi avrebbe nel varo della riforma, dopo l’ormai famoso accordo del Nazareno.
Non è un caso che anche ieri ci siano state pesanti schermaglie tra ambienti di Forza Italia e il governo. Questa volta entra nel mirino il pranzo di lavoro tra Matteo Renzi e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. A Forza Italia commentano: “Ogni mossa di Matteo ha la benedizione di re Giorgio”. Nello stesso tempo, Grillo punta di nuovo il dito contro Berlusconi e garantisce la massima trasparenza al confronto tra M5S e Pd.
Si potrebbe fare infine un’ultima considerazione. È possibile che un confronto aperto sia stato richiesto anche all’interno del M5S, dopo la delusione del risultato elettorale europeo. Forse il risultato del 25 maggio ha indotto a scegliere una politica “entrista”, rispetto a quella che appariva solo l’attesa di una caduta verticale, di un crollo del sistema.
In questo scenario, si può dunque rilevare che si è entrati in una fase politica nuova, che porterà certamente a un confronto. È bene dire però che è difficile vedere a quale risultato si arriverà. Perché nelle pieghe della riforma della legge elettorale, come in quella delle riforme istituzionali, c’è una valutazione politica complessiva della crisi politica italiana che è differente.
Il professor Massimo Luciani, che insegna Diritto costituzionale alla “Sapienza” di Roma, dice: “Ho fatto una lettura sommaria del testo, in pratica quello che è stato riportato dalla stampa. Quindi lo conosco a grandi linee, in modo sommario. Per dare un giudizio completo avrei bisogno di una lettura approfondita, per analizzare anche gli aspetti tecnici. Però posso dire che, anche da una lettura a grandi linee, mi sembra che non si prenda in considerazione il problema della governabilità del Paese”.
Facciamo notare al professor Luciani che la proposta del M5S è stata presentata come una “proporzionale corretta”. In sostanza, si sostiene che, con i 42 collegi e i tre grandi previsti, alla fine esce uno sbarramento naturale. Ma Luciani fa subito notare che “ogni sistema proporzionale contiene un meccanismo di sbarramento”.
Invece Massimo Luciani si sofferma soprattutto sulla filosofia della proposta del M5S. “È antitetica all’Italicum”. In questo caso si apre un dibattito che inevitabilmente investirà la sinistra nel suo complesso. Spiega Luciani più dettagliatamente: “Il problema di fondo è la valutazione generale della crisi italiana. C’è chi sostiene che esista un tale spappolamento del sistema politico in Italia che è necessaria una forzatura, con l’adozione di un premio di maggioranza che garantisca alla fine una possibilità di governabilità. C’è invece, come fanno quelli del M5S, la proposta di un ritorno alla proporzionale lasciando una sorta di ‘liberi tutti’. C’è infine una terza posizione, nella quale mi riconosco da almeno venti anni a questa parte, in cui credo che non si debba forzare eccessivamente, ma che sia necessario un premio di maggioranza per garantire governabilità”.
Forzature, forse, ma mai quanto nell’Italicum. “Direi che nell’Italicum ci ne sono abbastanza. Io penso che oggi, raggiungendo una quota del 40 percento, si possa applicare un premio di maggioranza. Mi sembra ragionevole nella situazione politica italiana, che non è paragonabile a quella della Germania. Da noi il sistema elettorale tedesco dovrebbe essere necessariamente integrato, perché da noi c’è una situazione talmente variegata e complessa, complicata da un serie di fattori che non saremmo in grado di venirne a capo. In sostanza direi che sarebbe opportuno non operare forzature, ma adottare il premio di maggioranza. E sono convinto che, di fronte a una soglia raggiunta del 40 percento, la Corte costituzionale non avrebbe problemi a dare il via libera alla costituzionalità della nuova legge elettorale”.
Ma se il ragionamento di un grande costituzionalista come Massimo Luciani tiene conto della complessità della situazione italiana e avanza soluzioni che si possono definire ragionevoli, il quadro politico si confonde sempre di più. L’elogio più aperto alla proposta del M5S arriva dal leghista “storico” Roberto Calderoli: “Fermo restando che credo di essere uno dei pochi ad averla letta e che quello che ho letto credo sia il testo vero perché al momento non c’è niente di depositato in Senato, tranne alcune note di fantasia, la legge è un’ottima legge. Lo definirei un modello spagnolo e la Lega è sempre favorevole al modello spagnolo”.
Più di trenta anni fa Henry Kissinger diceva che “la politica italiana è troppo difficile da capire”. Forse oggi, se si guarda agli schieramenti, è diventato quasi impossibile.