La situazione economica continua a essere problematica, segnata sempre da una crisi profonda e i cosiddetti segnali di ripresa sono talmente tenui, che è difficile fare previsioni. Il ministro all’Economia, Pier Carlo Padoan, parla di un crescita del pil nei prossimi trimestri. Anche alcuni economisti concordano con le previsioni del ministro. Ma il risultato alla fine sarà realisticamente tenue, non tale da contrassegnare un’autentica ripresa.



Intanto, dalla Germania, dopo la cauta apertura di Angela Merkel sulla flessibilità dei parametri da rispettare, arrivano le bordate di chiusura dei “duri” o dei “falchi” dell’austerità, come il ministro delle Finanze, Wolfgan Schauble, e della “feroce” Bundesbank, attraverso il presidente Jens Weidmann. Se la Merkel guarda con occhio inquieto al risultato francese e mostra una “faccia” più morbida, Schauble e Weidmann continuano a interpretare il ruolo dei “rottweiler” e finiscono con l’essere dei supporter indiretti di Marine Le Pen e quindi di una possibile incrinatura dell’asse franco-tedesco su cui l’Unione Europa, di fatto, si regge ed è stata costruita.



Come si potrà correggere questa politica europea, alla vigilia del semestre italiano, resta un mistero, oppure il tutto è legato a una trattativa con il “coltello sotto il tavolo”. O ancora c’è sempre un gioco internazionale che si deve considerare: quello dei rapporti tra Germania e Stati Uniti che ruota intorno anche al famoso Trattato transatlantico sul commercio. sempre in discussione e gestazione.

In questo quadro internazionale così complicato e anche confuso, il nostro premier, Matteo Renzi, continua nella sua politica dell’annuncio, nel rilancio di immagini di laeder storici, nello slancio quasi bergsoniano di risolvere i problemi. Nel suo discorso alla Camera, il presidente del Consiglio ha parlato di “mille giorni” per le riforme ed è indubbio che l’annuncio colpisca, sia perché gli italiani sono abituati a tempi “biblici” sulle riforme, ma anche perché ricorda il titolo di un famoso libro di Arthur Schlesinger: I mille giorni di John F. Kennedy alla casa Bianca e quindi tutto quello che il presidente americano più popolare della seconda metà del XX secolo ha fatto.



Poi Renzi, che vanta sempre secondo i sondaggi una popolarità solida e addirittura in crescita, attenua con accortezza le speranze di rilancio. Vede “un’Italia uscita dalla depressione psicologica, ma non ancora dalla crisi”. E allora ci si chiede: come può un primo ministro dare scadenze così perentorie su immagini evocative e poi arrivare alla realtà della situazione? Non c’è dubbio che in campo economico e nella stessa crisi politica che vive l’Italia, l’effetto psicologico abbia un grande peso. Ma occorre fare la dovuta attenzione alle promesse e ai rilanci delle promesse, perché il gioco al rialzo può poi diventare un effetto boomerang nel meccanismo del disincanto.

Se in campo europeo, i temi di correzione (su crescita, patto di stabilità, occupazione, migranti) non trovassero la dovuta accoglienza per l’opposizione della Germania e dei suoi “vassalli” del Nord Europa, il nostro premier si troverebbe davanti un autunno difficile, con una probabile manovra correttiva, dato che lui stesso ha parlato di una “crisi che c’è ancora”.

In più, la linea di Renzi di uno scambio tra riforme e flessibilità europea non è molto lineare. Non solo per i rilievi da “euroburocrati” di Schauble e Weidmann, ma perché le riforme istituzionali in Italia viaggiano sul “filo del rasoio”, tra critiche sull’immunità, nuovo Senato e legge elettorale. E’ un percorso a ostacoli quello del Governo, che non dovrebbe consentire annunci roboanti, ma piuttosto una prudente cautela.

Forse sapendo di essere una sorta di “ultima carta”, di quella che è stata definita “la casta”, Renzi continua imperterrito ad alzare la posta e a far circolare un’immagine di se stesso, che i media raccolgono con una semplicità disarmante (tranne alcune eccezioni, leggere al proposito Gianpaolo Pansa ad esempio), mettendola in relazione a un riformatore veloce, rapido. Poi ci sono le aspirazioni e i riferimenti all’Obama italiano, al Tony Blair della nuova sinistra italiana. Infine i consigli a ispirarsi al Presidente messicano Enrique Pena Neto.

Il problema in questo caso non è quello di appiattirsi sulla cultura televisiva, ricordando i personaggi internazionali e le immagini evocative come faceva il mago dei “quiz” Mike Bongiorno, ma piuttosto giocare la carta delle mediazione possibile in Europa, anche in modo grintoso. E poi percorrere la strada delle riforme italiane non in termini ultimativi, ma tenendo conto della complessità, della storia e dell’identità del nostro Paese.