La “guerra di posizione” su nuovo senato e riforme ha registrato ieri una brusca accelerata. Mentre la Commissione Affari costituzionali cerca di fare ordine negli emendamenti e di risolvere il grattacapo dell’immunità, il gruppo dei dissidenti Pd guidato da Vannino Chiti ha ingrossato le proprie file, passando a 35 firme (di cui 18 della maggioranza) in calce all’emendamento che vuole il senato elettivo. I voti di Forza Italia e Lega sarebbero determinanti, e la maggioranza potrebbe non avere più i due terzi previsti dall’articolo 138 della Costituzione per modificare la Carta. Uno smacco per il governo. Nel frattempo, Paolo Romani (FI) cerca di ricompattare le file forziste ripetendo il sì del suo partito all’Italiacum, già approvato dalla Camera ma tutt’altro che blindato al Senato. Una situazione confusa, insomma. “sono due le questioni che si sovrappongono” dice a ilsussidiario.net Franco Bechis, vicedirettore di Libero. “Una di confronto sui contenuti, l’altra di spazi politici”.



Veniamo ai contenuti.
Tra Renzi e Forza Italia dovrebbe esserci in teoria un accordo sull’Italicum, che però mi sembra a rischio. Nonostante il fioccare di dichiarazioni pro Italicum da parte di esponenti come Paolo Romani.

Dunque è per questo che si ostinano a rilanciarlo?
Non credo che siano più così convinti che l’Italicum si faccia. Attualmente, per come si è frazionato il panorama politico dopo il risultato elettorale, le forze politiche sono molto più vicine a una legge come quella proposta dai 5 Stelle. Tutti sanno che converrebbe loro più il proporzionale alla Grillo di un maggioritario di coalizione come l’Italicum.  



Tutti meno che Renzi e il suo Pd.
Infatti. FI si sente più vicina alla proposta di M5S, solo che in questo momento non può dirlo. Renzi, che lo ha capito, sta tentando di andare a occupare spazio politico dalle parti di Grillo e Casaleggio, per poter dire a Berlusconi che se Forza Italia non gli dà una mano sulla riforma del senato, lui sulla legge elettorale parla con M5S. Anche se, a dire il vero, è un’arma un po’ spuntata.

Perché?
Perché a Renzi conviene una legge elettorale maggioritaria e anche gli altri lo sanno. Tutti in questo momento sanno bene ciò che conviene agli altri. Ripeto, a FI, in questa condizione, conviene il proporzionale, perché al ballottaggio non vedo come ci possa arrivare…



Renzi nel suo ultimo incontro con la delegazione di M5S si è anche mostrato aperto sulle preferenze. Come mai?
Sempre per una questione di spazi di manovra. Forza Italia è contro le preferenze e non si capisce bene perché, ma non sono le preferenze il tema fondamentale. Il rischio per Renzi è che FI si saldi con i grillini in vista di una legge proporzionale che farebbe comodo a tutte le forze politiche che non sono il Pd (ma qualche fan del proporzionale c’è anche nel Pd). Da parte sua Renzi potrebbe attrarre i grillini su un ritorno al Mattrellum modificato, conservandone cioè la parte maggioritaria, che lui vuole e che gli conviene a motivo della governabilità. Ma tentare i grillini è politicamente complicato.

Sul nuovo senato i tempi si sono allungati. Sembrava ci fosse l’accordo, ma l’immunità ha rovinato tutto.

Su questo il governo paga i suoi errori, il testo Renzi-Boschi era poco chiaro fin dall’inizio.

Riepilogando. Sulla legge elettorale secondo lei dunque niente è come sembra, e il senato vacilla. Ma non c’era il patto del Nazareno?
La realtà è che su quell’accordo c’è molta leggenda. Sicuramente è molto più virtuale che sostanziale… io credo che non ci fosse nulla di scritto, o meglio: che tutto fosse affidato alle mail preparatorie dell’incontro, quando la vera posta, tutta politica e poco tecnica, era la tenuta in gioco di Berlusconi, che in quel momento, ricordiamolo, era fuori dal cono di luce politico. Se è così, qualsiasi cosa venisse proposta dall’altro andava bene, purché rispondesse allo scopo principale. In quelle mail preliminari, di dettagli non ce n’erano. E nemmeno dopo, se pensiamo che da Berlusconi venne accettato anche il doppio turno, che è un tabù storico, perché il centrodestra, quando si torna alle urne la seconda volta, aggrega molto meno della sinistra. 

E la “prova” di un accordo così evanescente sarebbe in quello che vediamo adesso.
Certo. Le maggioranze omogenee non ci sono su nessun testo, né sulle riforme né sulla legge elettorale. l’Italicum ha fatto il primo passaggio alla Camera, ma non è stato un voto di merito. Si era in campagna elettorale e bisognava sostenere Renzi. Ora superare lo scoglio de Senato non sarà così facile.

E del gioco degli spazi politici, adesso chi si giova?
Tutti quelli che prima erano fuori gioco. Prima lo era Berlusconi, che ora è rientrato; e vi è rientrato anche M5S, messo all’angolo dal voto europeo. Nel frattempo Renzi, presidente del Consiglio e leader di una maggioranza sicura almeno in una camera, dà le carte. 

Ma i continui palleggi avvantaggiano Renzi o lo indeboliscono?
Il borsino di Renzi va in ribasso ogni volta che si scontra con una realtà più complicata di quella che sperava. Renzi è un politico che noi conosciamo perché è stato protagonista di una campagna elettorale continua durata due anni e mezzo. Adesso c’è un Renzi che deve misurarsi col governo. È un uomo solo al comando, che si scontra con dei gruppi parlamentari non suoi. Tutta gente che “ora o mai più”. Non saranno tutti ricandidati e lo sanno.

Il suo 40 per cento alle europee varrà pur qualcosa.
Consacra un’onda positiva, ma è un voto europeo, dunque la composizione del Parlamento non cambia. D’altra parte lo scenario politico è monco, perché il centrodestra non è un’alternativa e questa è la vera forza di Renzi, il fattore che fa valere di più il suo 40 per cento. È un 40 per cento che vuol dire un milione di voti in meno di quelli presi da Veltroni; sono un bel po’ di voti in libera uscita, ma privi di soluzioni politiche.

(Federico Ferraù)