C’è qualcuno che ancora pensa che Silvio Berlusconi sorprenderà tutti con alcune iniziative clamorose. Può anche darsi che, in questo momento di fase politica post elettorale di apparente calma, nessuno possa interpretare con esattezza quello che ha in mente il Cavaliere. Ma l’impressione è che tutta l’area del centrodestra, di cui Forza Italia è ancora il “pilastro” in quanto a consensi elettorali, stia subendo una sorta di Caporetto, senza per altro avere in serbo un generale Diaz che possa sostituire Cadorna e che si possa arrivare alle battaglie sull’Isonzo.
Se il Nuovo centrodestra cerca un suo posizionamento politico, per non apparire come un’appendice della leadership di Matteo Renzi e del suo governo, prima ancora del Pd, Forza Italia sta contando i “cocci” di un risultato elettorale che, realizzato in modo giusto o sbagliato, condizionato o non condizionato da interventi “esterni” alla politica, la relega in una posizione di terzo partito, distante più di sei punti dal movimento dei grillini.
Chissà se Denis Verdini poteva immaginare un simile quadro politico, mentre si avviava al “Nazareno” per realizzare un accordo istituzionale con Matteo Renzi. Dicono che Verdini sia un bravo giocatore di poker, ma in questa occasione sembra che non si sia accorto che a quel tavolo si giocava a “scala quaranta”. In effetti, la sigla sull’Italicum (la riforma elettorale), in questo momento e prima che il Movimento 5 Stelle rientri nei ranghi di una fisiologica dimensione di protesta (ma avverrà e quando?), comporterebbe una sostanziale marginalità politica per tutto il centrodestra, sia quello che si dibatte vicino a Renzi stando al governo, sia quello che resta all’opposizione, come Forza Italia e altri possibili alleati, come la Lega Nord e altri gruppi ancora.
Il rischio è che alla fine il cosiddetto bipolarismo italiano si risolva in una permanenza di Matteo Renzi alla guida del Paese non sino al 2018, alla scadenza naturale della legislatura, ma per almeno un decennio. È vero che la crisi economica continua a mordere. È vero che Renzi deve mantenere le sue promesse. Ma è altrettanto vero che si può galleggiare anche nel pantano, mentre gli altri litigano o restano sott’acqua.
Che cosa succede in questo momento in Forza Italia? Raffaele Fitto, dal Sud, dove ha avuto una valanga di consensi e dove Forza Italia è andata meglio che nelle sue zone naturali come il Nord, reclama, di fatto, una nuova leadership e una iniziativa politica. L’ex governatore della Puglia non ha alcuna intenzione di abbandonare Forza Italia, resta un “lealista”, per usare il termine usato dopo la scissione di Ncd nel novembre scorso. Ma batte i pugni sul tavolo e pare pronto a organizzare una minoranza nel partito.
Da Berlusconi arrivano solo segnali di “non fiducia” e una totale assenza di reale iniziativa. Si dice che si sia incontrato di nuovo con il giovane segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, e sia rimasto colpito favorevolmente. Ma intanto Forza Italia resta in mano al consigliere politico Giovanni Toti, che appare, non certo per colpa sua, come il “filtro” per le decisioni ultime del Cavaliere.
Lo si voglia o no, il futuro di un’alternativa di centrodestra nel Paese, dipende ancora dalle decisioni del Cavaliere. Ma questa volta per comprendere quale sarà il suo personale futuro.
Ha forse ragione Giuliano Urbani quando consiglia a Berlusconi di fare un passo indietro? Inutile dire che la questione è sul tavolo e forse il problema è trovare la soluzione più idonea a questo tipo di passaggio. Ci può essere nel blasone del possibile e prossimo centrodestra un riferimento al “berlusconismo”, allo stesso Berlusconi che ha caratterizzato un ventennio di vita politica italiana, ma non c’è dubbio che ci sia la necessità di scelte operative che in questo momento il Cavaliere non può fare.
Occorrerà prendere pure coscienza di come sia scattata nell’elettorato italiano la fiducia a Berlusconi. Il cosiddetto “capolavoro” politico del 1994, con le televisioni a sostegno e i meccanismi pubblicitari di Marcello Dell’Utri, non ci ha mai convinto. In realtà, in un momento di grande cambiamento epocale e di fronte alla “gloriosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, che si basava su un programma di partito anticapitalista, ecologista e, in gran parte, giustizialista, la società italiana reagì al suo solito modo, cercando stabilità e una speranza di riforma.
Non a caso in quella prima coalizione di Berlusconi c’era un accordo per il Nord con la Lega di Umberto Bossi e per il Sud con il Msi di Gianfranco Fini. Si contavano figure di primo piano piano come Lucio Colletti e Saverio Vertone, che avevano un pedigree di sinistra. C’era un’anima giustizialista, ma allo stesso tempo una grande parte che voleva contenere l’azione della magistratura e sperava in una grande riforma.
Tutto questo, nel giro di venti anni, per vari motivi (magari di varia natura e non sempre lineari), si è completamente disperso. Sostanzialmente, oggi la società italiana è rimasta al palo: E la cosiddetta “seconda repubblica” svelato aspetti più inquietanti e allarmanti della “prima”.
Intanto, ogni progetto di riforma, della famosa “svolta liberale”, è sfumato.
Alla fine, persino figure come Paolo Bonaiuti e Sandro Bondi hanno abbandonato Forza Italia.
Cercare le colpe in politica è giusto, ma è solo un esercizio storico, che non ha nessun effetto pratico e realistico. Forse, occorrerebbe prendere atto che una stagione è terminata, conclusa. E che occorre cominciare un’altra partita con nuovi strumenti e nuove prospettive.
È per questa ragione che ci si domanda al momento, di fronte all’ inattività decisionale, che cosa realmente abbia in mente Berlusconi. Per come ha affrontato la campagna elettorale, si può dire che si sia messo in gioco per quanto gli era consentito, ma per quanto riguarda il dopo voto e la permanenza di un asse di riforma istituzionale con Renzi, la sensazione è che Berlusconi voglia farsi solo “scudo” del partito che ha creato e non guardi al futuro del centrodestra nel suo complesso.
Ma se le cose stanno in questa maniera, Renzi può permettersi di “svuotare” l’Ncd che sta al governo, per il ruolo preponderante che ha nella coalizione, e nello stesso tempo può “svuotare” Forza Italia che sta all’opposizione, per una possibile azione riformatrice. Come si risponde a una simile manovra messa in atto da un esponente del centrosinistra ? Si aspetta che Berlusconi dia almeno un cenno e non si trinceri in un partito-scudo, che potrebbe diventare solo una testimonianza alla memoria.