“I poteri forti hanno trovato in Matteo Renzi il grimaldello ideale per scardinare la nostra democrazia”. Lo sottolinea il senatore Mario Mauro, ex ministro della Difesa, che ieri ha tenuto una conferenza stampa a Palazzo Madama per parlare del suo ricorso contro l’esclusione dalla commissione Affari costituzionali avvenuta lo scorso giugno. L’ex ministro Mauro ha chiesto infatti al presidente del Senato, Pietro Grasso, di riconsiderare il suo allontanamento dalla commissione, ma finora i suoi appelli sembrano essere stati inascoltati. Mauro era stato “espulso” dalla commissione per la sua posizione critica verso alcuni aspetti della riforma del Senato, proprio nel momento in cui il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, stava cercando di accelerare i tempi dell’approvazione.
Senatore Mauro, a che punto è la vicenda della commissione Affari costituzionali che l’ha visto protagonista?
La prima convocazione della giunta del regolamento, che doveva decidere sul caso che mi riguarda, si è conclusa con la necessità di proseguire i lavori perché avevano potuto prendere la parola solo alcuni membri. Dal momento che il presidente del Senato aveva deciso di riconvocare la giunta fissandone i termini, ho inteso subito scrivere al presidente del Senato chiedendo che fosse sospesa l’attività della commissione Affari costituzionali finché non si fosse deciso nel merito del mio ricorso.
Quali risposte ha ricevuto da parte della presidenza?
I lavori della commissione non sono stati sospesi, e la presidenza del Senato me ne ha dato motivazione dicendo che si tratta comunque di due questioni distinte. Ma l’aspetto che mi ha colpito di più è che da quel momento la giunta per il regolamento non è più stata riconvocata.
Che cosa ha fatto a quel punto?
Dal 18 giugno a oggi ho inviato tre solleciti formali alla presidenza del Senato. Dal mio punto di vista si sta violando il senso delle nostre procedure, anche alla luce del fatto che sarebbe stato opportuno che io fossi ascoltato dalla giunta stessa.
Come valuta il metodo con cui sono portate avanti le riforme?
C’è un atteggiamento paternalista nel procedere in questo percorso di riforme. Il mantra è che le riforme sarebbero sollecitate dalla nostra presidenza europea del semestre, e quindi sarebbero indispensabili per essere autorevoli in quella sede. Nella realtà non è affatto così. L’Europa da lungo tempo chiede riforme all’Italia, le uniche che non chiede sono quelle di natura costituzionale. Su queste ultime l’Ue raramente si pronuncia, lo ha fatto di recente solo per quanto riguarda il pareggio di bilancio in Costituzione, e l’Italia è stata parecchio sollecita nell’adeguarsi. L’Europa non è mai entrata nella discussione se sia meglio per la Spagna o per l’Italia avere la repubblica o la monarchia, figuriamoci su modi e tempi di una riforma del bicameralismo perfetto. La verità è che l’Europa vuole che noi cambiamo il mercato del lavoro, vuole che modifichiamo la giustizia civile, vuole cioè tutte quelle riforme che ci consentano un recupero di competitività, ma non ci ha mai detto come fare la riforma del Senato.
Come vede il fronte trasversale del malcontento verso Renzi?
Trovo questo malcontento più che ragionevole, dal momento che è espressione di posizioni che semplicemente dicono che la riforma si potrebbe migliorare. Impostata come chiede il governo, la riforma del Senato è un pretesto per sposarla con l’Italicum, cioè con una legge elettorale che alla luce del patto Renzi-Berlusconi consenta di spartirsi il bottino e il consenso dell’opinione pubblica.
Come si spiega l’intervento di Napolitano a favore di Renzi?
Il presidente della Repubblica è intervenuto perché le riforme si facciano presto. Ovvio che per me fare presto significa anche fare bene.
Sulla riforma del Senato Renzi può già cantare vittoria o è prematuro?
Chi si occupa in questi giorni di riforma costituzionale deve imparare a distinguere tra princìpi e prìncipi. Deve cioè scegliere tra i doveri di una corte e l’appartenenza a una grande storia che è quella della nostra nazione garantita da un’ottima Costituzione.
A che cosa si riferisce quando parla dei “doveri di una corte”?
In questi giorni ho ascoltato e imparato da uomini liberi che credono nelle istituzioni, primo fra tutti il senatore del Pd Vannino Chiti. Da parte di chi sostiene le riforme del governo, più che la concretezza del fare e la difesa della verità, c’è la preoccupazione di non contrastare il principe.
Renzi, o il principe come lo definisce, è appoggiato o contrastato dai poteri forti?
Renzi ha dalla sua molti poteri forti, che in lui hanno trovato il grimaldello attraverso cui scardinare la nostra democrazia. Mi riferisco soprattutto ai poteri forti di natura finanziaria, che possono essere giustamente chiamati in causa come la vera origine dell’avventura politica di Renzi.
(Pietro Vernizzi)