Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme costituzionali, apre al presidenzialismo in un’intervista al quotidiano Avvenire. Al giornalista che le chiede che cosa ne pensi del fatto che Berlusconi avrebbe voluto allargare il patto per le riforme anche al presidenzialismo, il ministro risponde: “Non è questo il momento, il tema non è nell’accordo e non va affrontato ora. Ora va portata a compimento questa riforma. Poi, una volta approvata definitivamente, possiamo mettere a tema il presidenzialismo. Chiudiamo, poi apriamo un nuovo tavolo: oggi il presidenzialismo divide e rischia di far saltare una riforma ampia e articolata a cui stiamo lavorando da mesi”. Ne abbiamo parlato con Rino Formica, figura di spicco del Partito Socialista negli anni ’80 e ’90, ex ministro del Lavoro e per due volte ministro delle Finanze.



Che cosa ne pensa dell’apertura del ministro Boschi sul presidenzialismo?

E’ inutile parlare di presidenzialismo quando già le attuali riforme del Senato e della legge elettorale introducono una trasformazione dell’assetto istituzionale del Paese che va verso il presidenzialismo del segretario generale del partito di maggioranza relativa. C’è già un presidenzialismo nelle trasformazioni costituzionali in atto, e quando un partito di maggioranza relativa può avere la maggioranza assoluta nella Camera, per l’elezione del presidente della Repubblica e per la nomina dei dieci giudici costituzionali, è già un presidenzialismo completo.

Perché allora si torna a parlare di presidenzialismo proprio adesso?

Se ne parla per dare una legittimazione alla trasformazione che si sta compiendo senza una procedura straordinaria quale l’Assemblea costituente. Si sta procedendo a una profonda modificazione dell’assetto della forma di Stato attraverso la procedura prevista dall’articolo 138, che rappresenta un meccanismo di revisione costituzionale ai margini della Costituzione e non a partire dal suo cuore.

Dove si vuole arrivare con queste riforme?

Non conosco le reali intenzioni che le animano, perché per farlo bisognerebbe poter distinguere quanto è stupidità e quanto è intelligenza politica. Noto però che anche le dittature si sono sempre imposte sulla base del principio della velocità di decisione sbandierato in questo momento.

Davvero c’è il rischio che si vada verso una dittatura?

Lo si vedrà in seguito, perché queste cose si sa sempre come cominciano e mai dove vanno a finire. Anche nel 1922 i liberali e una parte dei cattolici ritennero che il Fascismo fosse “una varicella”, e poi fu quello che fu. Quegli stessi liberali e cattolici che avevano accettato l’idea che Mussolini fosse un male passeggero poi diventarono antifascisti convinti e coraggiosi.

 

Renzi ha delle caratteristiche simili a Mussolini?

Io questi paragoni non li faccio, mi limito ad osservare che cosa mette in moto un determinato uomo politico. Renzi ha messo in moto e ha dato sfogo a pulsioni che sono sicuramente limitative della democrazia. Poi bisognerà vedere quali sono le capacità di resistenza del sistema, anche perché non credo assolutamente all’interno del Pd ci sia l’unanimità nei confronti dell’attuale segretario.

 

Il presidenzialismo non avrebbe però il vantaggio di separare nettamente potere esecutivo e legislativo?

Per essere una discussione seria e non una pezza sui buchi che si formano ogni giorno c’è bisogno di una grande discussione politica, e soprattutto di un’Assemblea costituente. Solo quest’ultima, convocata per cambiare la forma di Stato, può affrontare questo tema. Noi abbiamo attualmente un parlamento di nominati, di impediti e di dichiarati incostituzionali.

 

Oggi è davvero possibile convocare un’Assemblea costituente come nel 1946?

Sì, anche se per farlo occorre una legge costituzionale. Non è poi così complicato, basterebbe riprendere il disegno di legge Letta-Quagliariello-Franceschini. Quest’ultimo è stato presentato nell’attuale Parlamento sotto il governo Letta ma, dopo essere stato approvata in prima lettura sia alla Camera sia al Senato, in seconda lettura è stato insabbiato. Questa legge costituzionale stabiliva una procedura di revisione diversa dall’articolo 138, e basterebbe ritornare al suo testo per dare al Parlamento lo strumento di cui ha bisogno per fare le riforme in modo organico e completo.

 

(Pietro Vernizzi)