“Torneremo al tavolo non appena avrete risposto ai nostri 6 punti. Fate presto. Le riforme, come voi dite da sempre, non possono più aspettare”. E’ quanto si legge in un documento postato sul blog di Beppe Grillo, con il quale il leader del Movimento 5 Stelle ha riaperto il dialogo con il Pd, che era stato bruscamente interrotto dopo l’ultimo incontro con il premier Matteo Renzi. Il documento è firmato da Luigi Di Maio, Danilo Toninelli, Paola Carinelli, Vito Petrocelli, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Ne abbiamo parlato con Peppino Caldarola, ex direttore de l’Unità.



Quali sono gli spazi politici e le prospettive del dialogo tra Pd e M5S?

Non vedo dei grandi spazi politici per un dialogo tra Pd e M5S. La linea del Pd tutto sommato è tracciata, e pur avendo un’opposizione interna più rumorosa che folta, è pur sempre una linea chiara che si identifica con le proposte che fa Renzi sul Senato e sulla legge elettorale. Il M5S in questi mesi ha avuto molte linee, compresa quella fondamentale del contrasto assoluto alle proposte di Matteo Renzi. Oggi il M5S cerca il dialogo, ma l’idea di sostituirsi a Forza Italia nel patto sulle riforme non ha nessuna prospettiva, perché personalmente credo che il M5S non voglia alcuna riforma.



Fino a che punto il M5S è un partito isolato?

Il M5S non è un partito né una formazione politica compiuta. Come dice il nome stesso è un movimento di protesta nato nel momento più drammatico di crisi di legittimità del mondo politico. Questo movimento ha avuto un grande successo elettorale di fronte a Pier Luigi Bersani, il leader più perbene ma anche più immobile della sinistra italiana. Quando poi si è imbattuto nel leader più dinamico della sinistra italiana, Matteo Renzi, ha incominciato a perdere colpi. Nel movimento di Grillo c’è di tutto: una cultura nettamente autoritaria, rappresentata da Grillo e Casaleggio, una spinta di base rappresentata dai sindaci, e una classe dirigente più giovane che vuole spazio. E’ un’area politica senza un’identità definita, che può gonfiarsi come un palloncino o può sgonfiarsi a piacimento.



Come sono schierati i quotidiani italiani in questa partita Renzi-Grillo?

Il Fatto Quotidiano è completamente dalla parte di Grillo, mentre Repubblica è la punta di lancia di un mondo conservatore. Ha voglia Ezio Mauro a provare a presentarsi come un progressista, non c’è una sola battaglia progressista che abbia fatto Repubblica negli ultimi 20 anni. E’ un mondo che difende lo status quo, agendo come se avesse una golden share. Nella sinistra post-comunista il mondo di Scalfari ha goduto di un ruolo decisivo, ma poi gli anni passano e a invecchiare non sono solo i leader politici ma anche i direttori di giornali.

Che cosa vuole ora Grillo, uscire dalla marginalità politica o introdurre le preferenze nella nuova legge elettorale? 

Io personalmente credo che Grillo come persona sia un neonazista. Il leader del M5S assomiglia a tutti i fenomeni più disgraziati dell’Europa di destra, da quelli degli anni Trenta agli ultimi. Il suo mondo non è però caratterizzato dal fatto di essere di destra radicale, bensì di essere un mondo che si è arrabbiato contro la politica. Grillo all’inizio ha pensato di essere l’uomo che poteva condizionare, poi si è illuso di poter prendere il potere. Adesso si trova con i suoi 66 anni a essere abbastanza vicino alla rottamazione, nonché contestato dai suoi sul tema della partecipazione alla discussione politica.

 

Se Grillo fosse rottamato, chi prenderebbe il suo posto?

Queste nuove realtà come il M5S non reggono alla crisi delle leadership. Nell’epoca moderna non esistono partiti su cui possiamo scommettere di qui a dieci anni. Neppure il Pd sappiamo se esisterà tra un decennio. Le leadership sono praticamente tutto, a maggior ragione in un movimento di protesta come il M5S. Se Grillo finisce rottamato, al posto del M5S sorgerebbe un nuovo movimento di protesta come ce ne sono stati e ce ne saranno. Sono tutti figli di Ross Perot, che negli Usa cercò di soppiantare i partiti democratico e repubblicano. Grillo e Farage sono riusciti nel loro intento, anche se poi alla fine la più forte è Marine Le Pen.

 

(Pietro Vernizzi)