“Il centrodestra in quanto progetto politico concepito da Berlusconi nel 1994 è morto. Occorre iniziare a pensare al futuro in modo nuovo, nel solco dell’economia sociale di mercato e della tradizione dei popolari europei”. E’ la proposta di Mario Mauro, ex ministro della Difesa, che recentemente ha riaperto un dialogo con Silvio Berlusconi e che dopo l’assoluzione gli ha telefonato. In questo momento il Cavaliere, appena assolto per il caso Ruby, sta lavorando alacremente a un nuovo progetto politico. L’obiettivo è quello di fondare una Consulta comune già da settembre, in vista di un’operazione di più ampio respiro che potrebbe portare a una Federazione dei moderati.
Senatore Mauro, è davvero possibile nell’attuale contesto politico dare vita a una nuova area dei moderati?
In primo luogo va constatato che il cosiddetto “centrosinistra” oggi non è più quello del passato, perché ha assunto la forma carismatica della leadership di Renzi. Peraltro anche come riferimento europeo si è collocato con decisione dentro il Partito Socialista Europeo, un’operazione che non è mai riuscita a nessun precedente leader del Pd. Allo stesso modo, come ha ricordato domenica Salvini al congresso della Lega, non esiste più il centrodestra.
In che senso non esiste più il centrodestra?
Non esiste più il centrodestra inteso come quella che era stata la creatura di Berlusconi. Una creatura che proprio sulla scorta della sua leadership era stata capace di mettere insieme un partito nazionalista come An e un partito contro la nazione come la Lega nord.
Per lei quindi qual è il futuro?
Le soluzioni vanno cercate a un altro livello, che non è quello della ricomposizione del centrodestra, quanto piuttosto quello del ripensamento del campo popolare.
Questo nuovo campo popolare con chi e in quali tempi può essere costruito?
Per ripensare il campo popolare bisogna finalmente mettere in pista delle idee che sono mancate. Siamo il Paese in cui mancano all’appello 6 milioni di posti di lavoro, nel quale le classi dirigenti che si sono alternate non hanno saputo incidere sui balzelli che gravano sulla vita delle imprese, in primo luogo Ires e Irap. Siamo un Paese dove pur essendo presente vastamente l’elettorato moderato, questa area politica non ha mai saputo dare vita a idee realmente trascinanti, innovatrici e riformatrici. Quindi quando parlo di ripensamento dico qualcosa di molto serio. Occorre che le idee diventino programmi, e che questi programmi si sposino con un grado di concretezza e di realismo che ci consentano di recuperare competitività e fiducia.
Lei ci sta a perseguire questo progetto insieme a Berlusconi?
Le rispondo con una battuta di Andreotti. A commento della sua alleanza con Craxi, a chi gli opponeva che si trattava di un’alleanza scandalosa stretta con una personalità divorzista e abortista, Andreotti ricordò in modo molto serio e sereno che con il leader doveva fare un’alleanza di governo, non un matrimonio. Lo stesso mi sento di dire nei confronti di Berlusconi. In questo momento del resto il principale alleato di Berlusconi è Matteo Renzi, il quale lo legittima e lo rilancia come attore principale del centrodestra.
Il centrodestra però appare sempre più un arcipelago di tante piccole sigle…
Infatti, tanto è vero che neanche il Berlusconi dopo assoluzione è sufficiente per fare ripartire il centrodestra così come lui lo ha creato. Quella formula politica è fallita perché ha perso milioni di voti di consenso. Bisogna quindi pensare a qualcos’altro, e se tra quanti hanno idee c’è anche Berlusconi sicuramente non sarò io a scandalizzarmi. Il problema è che va pensato un nuovo scenario, un nuovo orizzonte e una nuova ragione sociale, che a oggi onestamente non vedo e non credo possa essere il frutto di una somma degli attuali attori in campo.
Quali sono le contraddizioni dell’attuale centrodestra?
L’Italia si salverà se attuerà un’economia sociale di mercato, collocandosi nella tradizione culturale e politica dei popolari europei. Per attuare questa politica non può indulgere a derive verso concezioni estremistiche come quelle di Marine Le Pen o di molti movimenti anti-europei. Se si perseguirà una nuova strada quei partiti che si riconoscono nel solco dei popolari europei torneranno ad avere il consenso della maggioranza degli italiani. Diversamente rimarremo prigionieri dell’incanto di Renzi, fatto di molte chiacchiere e perdite di tempo. Questo governo, cui pure ho dato la mia fiducia, non riesce a entrare nel merito delle riforme che ci interessano realmente: lavoro, fisco e giustizia.
Lei personalmente come intende muoversi e che cosa vuole fare?
Intendo favorire l’unità di tutti coloro che si riconoscono in una matrice popolare, chiedendo rispetto e partecipazione per la dignità di ogni soggetto politico. Dobbiamo porci il problema di quale sia un nuovo livello di proposta, e da quel punto di vista la strada più salutare è l’indicazione evangelica: è ben difficile mettere vino nuovo in otri vecchi, e vanno quindi cercati otri nuovi.
L’area moderata ha ancora un solido bacino di voti, o è in corso un’emorragia insanabile?
In questo momento l’area moderata, cui un tempo corrispondeva la formula del centrodestra, ha un bacino solidissimo di astenuti, nel senso che il 50% degli italiani che non vanno a votare provengono da quell’area. Quindi c’è molto da fare, e per quanto mi riguarda smetterei di usare come schema politico anche la stessa espressione “centrodestra”, perché bisogna attingere a delle idee che parlino non di geografia politica, ma di storia e di cultura politica.
(Pietro Vernizzi)