Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha invitato le parti politiche a “superare l’estremizzazione dei contrasti nell’espressione del dissenso” sul tema delle riforme. Parlando in occasione della cerimonia del Ventaglio, il capo dello Stato ha messo in guardia da un’estremizzazione “ingiusta e rischiosa”, e ha aggiunto: “Non si agitino spettri di insidie e macchinazioni autoritarie e non si miri a un nuovo nulla di fatto”. Abbiamo fatto il punto sul discorso di Napolitano con Stefano Folli, editorialista de Il Sole-24 Ore.



Secondo lei che cosa teme Giorgio Napolitano?

I suoi timori sono che le riforme finiscano in niente, ingoiate dalle sabbie mobili del Parlamento e da un dibattito che si è già rivelato essere nervoso e puntiglioso.

Napolitano ha invitato a non fare troppo i conti sulle sue dimissioni. Che cosa intende dire?

Napolitano invita a non accanirsi, nelle prossime settimane o mesi, a discutere delle dimissioni del capo dello Stato accentuando un ulteriore livello di nervosismo nel dibattito politico e creando occasioni di distrazione, quando invece occorre concentrarsi sulle riforme. Non c’è quindi motivo di discutere adesso delle dimissioni, deciderà Napolitano soprattutto in relazione alla sua età e ai suoi problemi di salute.



Il capo dello Stato ha paventato una estremizzazione del confronto sulle riforme. Mettendo da parte la polemica sull’autoritarismo, ci sono delle anomalie nel processo di decisione su nuovo Senato e legge elettorale?

L’anomalia è dovuta a un dibattito politico estremamente aspro nelle sue manifestazioni, e spesso anche inconcludente. Un tema fondamentale come la riforma della Costituzione andrebbe sviluppato rispettando la delicatezza della questione. Troppo spesso è invece piegato a esigenze di piccolo cabotaggio politico, con strumentalizzazioni che portano a estremizzazioni, a un’enfasi nei toni e nelle accuse che è poco compatibile con l’esigenza di mantenere un dibattito elevato dentro il perimetro dell’equilibrio. All’origine c’è un imbarbarimento del nostro linguaggio politico.



L’assoluzione nel processo Ruby rafforza solo Berlusconi o anche Renzi?

A breve termine l’assoluzione rafforza il Cavaliere perché gli restituisce un po’ di onore, e quindi un po’ di agibilità politica vera. Nel medio-lungo termine rafforza invece Renzi, che diventa il beneficiario di questa fase politica. Berlusconi è più che mai intenzionato a sostenere il premier sul piano delle riforme, e anche nell’intervista al settimanale Oggi parla di Renzi in termini straordinari, di fatto come se fosse il suo figlio politico. L’assoluzione di Berlusconi favorisce il patto con Renzi, e di conseguenza aiuta Renzi più ancora di Berlusconi.

 

In questo momento quali sono le vere ambizioni di Berlusconi?

Rimanere nel perimetro delle decisioni politiche, essere riconosciuto e accettato entro una certa classe politica che tendeva a espellerlo, ed essere per quanto possibile riconosciuto come un esponente politico di questo Paese, e non soltanto come un condannato, un pregiudicato o un uomo che deve scontare una pena. L’assoluzione per il caso Ruby dà a Berlusconi la sensazione di non essere appiattito per sempre sui problemi giudiziari, ma di tornare ad avere un ruolo nella vita politica del Paese ed essere comunque ricordato per quello che ha fatto sul piano politico, piuttosto che per le questioni giudiziarie.

 

Quale futuro ha ancora Berlusconi?

La mia sensazione è che Berlusconi non sia più destinato ad avere un ruolo di protagonista, vuoi per l’età, vuoi per una serie di altri problemi. Tutto ciò che può compiere è quindi organizzare il campo del centrodestra. Finora lo ha fatto con molta irrazionalità, mentre d’ora in poi potrebbe farlo con piena consapevolezza di questo compito politico di grande importanza.

 

(Pietro Vernizzi)