“Siamo alla prova di forza finale. Vogliono andare fino al 15 agosto? Ok, tanto io non vado in ferie”. Sono le parole del presidente del consiglio, Matteo Renzi, secondo cui “questo parlamento è a un bivio: o dimostra di essere capace di cambiare facendo le riforme o si condanna da solo e si torna a votare”. Intanto però si continua a parlare di “svolta autoritaria”, con un’accusa nata dal Fatto Quotidiano, riecheggiata dai dissidenti del Pd e ripresa dallo stesso senatore Mario Mauro e dalla fronda di Forza Italia. Ne abbiamo parlato con Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista.
Ritiene che una svolta autoritaria sia effettivamente in atto?
La parola “svolta” non mi sembra corretta, perché è da diverso tempo che nella politica italiana sono presenti degli elementi di nuovo autoritarismo. Le riforme proposte da Renzi non aumentano il grado della democrazia, bensì lo riducono indiscutibilmente. Probabilmente chi oggi denuncia la svolta autoritaria dovrebbe avere il coraggio di partire da più lontano.
Da dove esattamente?
Noi stiamo sottovalutando quanto è accaduto in Italia nel 2011. Ricordiamoci che c’è stato un ex segretario di Stato americano che ha detto che c’è stato qualcosa di simile a un putsch provocato dall’Unione Europea. La caduta del governo democratico di Silvio Berlusconi sulla base di un’iniziativa non politica, bensì di potenza, assunta addirittura da oltreconfine è stato un fatto gravissimo. L’unico precedente che si ricordi è quando gli americani nel 1947 ordinarono l’esclusione di comunisti e socialisti dal governo. In nessuna altra occasione un governo è caduto per un intervento esterno.
Quindi si è trattato di un caso pressoché unico nella storia italiana?
Sì, tra l’altro nel 1947 era stata cambiata la maggioranza, ma non il presidente del consiglio come è avvenuto nel 2011. In questo caso è stato un vero e proprio putsch nei confronti del governo eletto. Il fatto che il presidente del consiglio in carica nel 2011 non piacesse non cambia nulla. Da allora in poi la forza anche formale della democrazia è diventata sempre più debole. Del resto anche oggi noi ci troviamo con un governo Renzi che non è stato eletto.
E’ quanto ricorda da tempo Il Fatto Quotidiano…
Mi sembra che le forze riunite intorno al Fatto Quotidiano, a un pezzo della sinistra del Pd e a Sel parlino di svolta autoritaria più per propaganda anti-renziana che per riflettere su quanto sta avvenendo in Italia. Oggi parlare di svolta autoritaria è una forzatura se non si parte da allora. L’insediamento del governo Monti è stato una ferita gravissima alla nostra democrazia e ha rappresentato una svolta autoritaria fortissima. Tra l’altro ha portato a provvedimenti sociali estremamente duri, al taglio delle pensioni, agli esodati, ai sacrifici e al rigore.
Insomma quanto sta avvenendo oggi va inquadrato negli sviluppi degli ultimi tre anni?
Proprio così. E’ difficile ragionare oggi di svolta autoritaria, se non si capisce che la vera svolta autoritaria è avvenuta con il governo Monti e con l’illegale rovesciamento del governo Berlusconi. Il fatto che Berlusconi fosse un nemico di quelli che oggi denunciano la svolta autoritaria non cambia la sostanza delle cose, e si dovrebbe avere la forza di partire da lì. Altrimenti diventa difficile intenderci e sembra che ognuno faccia soltanto propaganda politica. Renzi ha dichiarato che senza riforme si va al voto.
Ritiene che questa eventualità sia reale?
Sì, non vedo altra via d’uscita perché non credo che Renzi riuscirà a fare le riforme. Il presidente del consiglio si è impantanato e non credo che riuscirà a uscire dalle sabbie mobili. Non possiamo certo andare avanti fino a Natale a fare una ridicola riforma del Senato, a un certo momento bisognerà anche occuparsi dei problemi dell’Italia. A quel punto già a settembre Renzi non avrà molte scelte e dovrà andare al voto.
Quindi ha ragione Giachetti quando invita Renzi a tornare alle urne?
E’ così, anche perché le ultime elezioni politiche sono state vinte da Bersani, non da Renzi, e i deputati sono bersaniani e non renziani.E’ una contraddizione, che si aggiunge al fatto che il governo è presieduto da un signore che non si è presentato alle elezioni.
(Pietro Vernizzi)