Caro direttore,
vorrei che anziché parlare di treno delle riforme si ponesse mente al treno arrivato in Olanda. Vorrei che anziché parlare di ghigliottine politiche, si ascoltassero gli inviti di un folle criminale ad infibulare tutte le donne. Vorrei che anziché auspicare e applaudire gogne politiche si guardasse alle gogne reali, anticipo di morte, di tanti cristiani costretti ad abbandonare casa, amicizie e speranze in Siria. Vorrei che anziché paventare derive autoritarie, e parimenti fingere che non esistano, ci si impegnasse piuttosto per gli autoritarismi che premono e sconquassano i periclitanti assetti mondiali. Vorrei che i ministri dei 20 paesi europei, abbarbicati alla loro idea piccina di Europa, invischiati in tentativi falliti di arginare una crisi, si occupassero delle crisi paurose cui assistono, impotenti, e inviassero i loro 20 ministri degli Esteri ad occupare pacificamente la striscia di Gaza, finché una tregua non permetta ancora una volta di ragionare. Vorrei che per una nave che parte, relitto inquietante trasportato verso la rottamazione, si vedessero con occhi lucidi le tante e tante barche rottamate che approdano alle nostre coste. Vorrei che un Presidente battesse il pugno per riportare a casa due soldati ingiustamente relegati in un paese lontano. Non sono sogni impossibili, sono indirizzi strategici di una politica non miope, non egoista, non fallimentare, non chiusa a guardare impotente il proprio ombelico, a mantenere un irrealistico status quo, a inseguire un passato che non può tornare.
Certo, siamo tutti preoccupatissimi, e a ragione, dello stato delle nostre finanze, della disoccupazione che frena le famiglie, le speranze dei giovani; sappiamo che in periodi di magra la delinquenza avanza, la pazzia istiga al crimine, a gesti inconsulti. Abbiamo attivato cinismo e indifferenza davanti alle bassezze, alla confusione, alle gazzarre della nostra classe politica. Non è giusto. Ma non è giusto neppure assistere a discussioni così accese su questioni di lana caprina, infiammarsi per aggiustare il bicameralismo perfetto, gloriarsi di saltare le ferie per andare fino in fondo a ridisegnare il Senato.
È davvero la priorità? Se lo chiede la gente che rinuncia al campeggio, quest’estate, che attende col terrore l’ennesima manovra d’autunno, e non sa come arrivare a Natale; che legge semplicemente i giornali, o ascolta volutamente distratta i tg, perché si vergogna della propria impotenza; che capisce quel che sta accadendo in Ucraina, in Israele e Palestina, a Mosul. Finalmente scenari che ci riguardano da vicino, non più guerre “dimenticate” e da dimenticare che hanno bruciato l’Africa, per esempio, per decenni.
Ora è più difficile volgere il capo, e sapere che l’Alitalia ha sospeso i voli su Tel Aviv non è esattamente la contromisura che ci si aspetta dallo Stato.
Ci siamo offesi per il mancato insediamento del nostro ministro degli Esteri alla più alta carica estera europea. Ma cosa sta facendo, nel frattempo, la signora Mogherini? Se non è un segreto, vorremmo sapere senza sarcasmo che indefessamente si sta impegnando per chi e per cosa e con che prospettive, con che eventuali risultati, al di là delle frasi fatte, come capitalizza la simpatia di mezza Bruxelles per ottenere a voce alta un impegno reale, sui tanti fronti aperti, di questa accozzaglia di nazioni, non di popoli, che chiamano Europa. Assente, tragicamente assente là dove potrebbe svolgere il ruolo di cui ancora si gloria, non si sa per quale idea di primazia.
Abbiamo un Presidente della Camera che ha passato mezza vita ad impegnarsi per i profughi del mondo. Ci dica, signora Boldrini, come si muove, come tratta con le conoscenze a livello interazionale che ha stretto in tanti anni di lavoro coi rifugiati, quali viaggi in Libia ha programmato, ad esempio, per rendersi conto di chi e come copre o spedisce gli scafisti nel nostro mare coi loro carichi di dolore. Galan poteva anche aspettare settembre.
Abbiamo un Presidente del Consiglio giovane, simpatico a molti, brillante, deciso, con la fortuna dalla sua parte, in questo Berlusconi ha ragione. Capisco che i grillini siano un problema, che non possa rimangiarsi le tante promesse. Ma ci sono delle priorità, dicevamo, e magari stralciasse le sue scadenze fissate (peraltro disattese, finora) per attestarsi sulle emergenze. Scusate cari italiani, lo vedete anche voi, tutti i miei uomini a lavorare per la diplomazia, chi in Ucraina, chi a Mosca, chi a Gerusalemme, chi al Cairo, chi a Damasco; gli altri impegnati a dirigere il traffico sul Mediterraneo, con in testa il ministro dell’Interno, che il suo partitino può attendere. Tutto il tempo, le energie, la forza di carattere spesi in questa estate fosca di nubi guerresche a gridare che l’Europa è un flatus vocis, un ammasso di meschini interessi, se non ha il coraggio di stare dalla parte della giustizia, della verità, del diritto, a costo di perdere gas o petrolio.
La fiducia che le ha accordato il paese, Presidente, è per una strada. Quella delle riforme o dei rimpasti, al momento, non porta lontano. Buona caccia, dicevano i lupetti.