Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, incontrando la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Piero Grasso, lo ha ammonito “sul grave danno che recherebbe al prestigio e alla credibilità dell’istituzione parlamentare il prodursi di una paralisi decisionale su un processo di riforma essenziale”. Quanti si oppongono alla riforma del Senato stanno infatti rallentando notevolmente i lavori dell’aula, grazie a escamotage come la richiesta di votazioni per parti separate, la verifica del numero legale e dichiarazioni di voto su ogni articolo. L’obiettivo è fare slittare l’approvazione in prima lettura a dopo agosto. Ne abbiamo parlato con Lanfranco Turci, ex presidente della Regione Emilia-Romagna ed ex deputato dei Ds, molto vicino in passato a Giorgio Napolitano.
Turci, come giudica le iniziative e le dichiarazioni del capo dello Stato in tema di riforme?
Napolitano sta sostenendo il disegno di Renzi perché lo interpreta come un’attuazione degli impegni che aveva prospettato al momento della sua rielezione. Tuttavia gli ultimi interventi del capo dello Stato mi lasciano perplesso, perché in un momento di massima tensione avrei preferito che il presidente della Repubblica spendesse una parola per chiedere ancora un momento di confronto di merito.
Invece?
Al contrario Napolitano si è limitato a liquidare l’ipotesi stessa che possa configurarsi un disegno autoritario, salvo poi rinviare a tempi successivi una migliore riflessione sulla legge elettorale e sul sistema delle garanzie. Personalmente questi due tempi di Napolitano non mi convincono.
Per quale motivo non la convincono?
In sostanza il presidente della Repubblica spinge per una conclusione della riforma, salvo che poi si possa tornare successivamente sul sistema dei pesi e contrappesi. I pesi e contrappesi però fanno parte della riforma della Costituzione in quanto tale. Vedo quindi una scelta netta del Quirinale a favore dell’iniziativa del governo e di Renzi.
La ritiene una scelta legittima?
Sull’illegittimità degli atti del presidente della Repubblica è difficile pronunciarsi, in quanto come è stato riconosciuto in questi anni la sua funzione è molto elastica e si allarga e restringe in relazione al contesto politico. Con questi discorsi si delinea però un ruolo più interventista del capo dello Stato in confronto ad altre fasi della Repubblica.
Vede una smagliatura tra Napolitano e il presidente del Senato, Piero Grasso?
Qualcosa sembra che esista, dal momento che Grasso aveva definito un programma di lavori molto lungo, con il rischio di non arrivare alla conclusione della votazione nell’aula del Senato. Ora il presidente della Repubblica ha incontrato Grasso, e gli ha detto che non si può lasciare la riforma in mezzo al guado. In questo senso è evidente che c’è una smagliatura. Napolitano ha smentito che sia in atto una svolta autoritaria.
Che senso ha smentire quella che è ritenuta (nel governo) una tesi senza fondamento?
La svolta autoritaria non è una tesi senza fondamento. E’ bensì la lettura complessiva del disegno che emerge sommando Italicum, svuotamento del Senato, elezione di secondo grado, e lo sbilanciamento nel sistema di pesi e contrappesi, cui si aggiunge questo taglio politico del presidente del Consiglio che si è messo a liquidare il ruolo dei partiti, dei sindacati o dei corpi intermedi. Questo insieme di fattori, di proposte istituzionali e di clima politico sono i presupposti per una possibile svolta autoritaria.
Che ruolo ha Napolitano nell’attuale posizione dell’Italia rispetto all’Europa?
Napolitano sta cercando di dare una mano a Renzi, nel momento in cui il premier insiste su slogan come “flessibilità” e “Italia cambia verso”. Il capo dello Stato sta cercando di appoggiare gli sforzi del premier di ottenere qualcosa nelle sedi europee. In questo senso c’è una sintonia, che io considero molto più giustificata di quanto non sia quella relativa alle riforme istituzionali.
(Pietro Vernizzi)