“Il Presidente della Repubblica segue con preoccupazione gli sviluppi della situazione parlamentare, ma è destituita di ogni fondamento la notizia di sue telefonate di pressione a parlamentari ribelli riportata su Internet e su un quotidiano”. E’ quanto si afferma in una nota del Quirinale, attraverso cui Giorgio Napolitano ha inteso ribadire la sua imparzialità nella fase di impasse che la riforma del Senato sta attraversando a Palazzo Madama. Ne abbiamo parlato con Gianfranco Pasquino, professore di Scienza politica all’Università di Bologna.



Che cosa ne pensa dell’impasse che stanno attraversando le riforme?

Non c’è nessun impasse, la riforma del Senato sta procedendo a ranghi serrati. Se hanno deciso che voteranno la riforma del Senato entro l’8 agosto, è questo ciò che avverrà, perché tutto ciò che vuole Renzi è un trofeo da sbandierare alla fine del mese di agosto alla riunione dei capi di governo dell’Europa.



Quindi davvero secondo lei si arriverà ad approvare la riforma entro l’8 agosto?

E’ un impegno che hanno preso, e se non ci riescono per Renzi sarebbe una schiaffo, anche se io ritengo che lo schiaffo sarebbe abbastanza meritato.

Lei come vede la posizione del presidente del Senato Grasso, spintonato da Renzi, dai dissidenti del Pd e dallo stesso Napolitano?

Purtroppo il presidente Grasso è capitato in una situazione di straordinaria delicatezza. Proprio per il suo ruolo di presidente del Senato, si trova inevitabilmente a subire delle pressioni da parte del gruppo che lo ha eletto, in questo caso il Partito Democratico. Nello stesso tempo ci sono dei senatori che vogliono qualcosa di diverso dal regolamento, che Grasso ha sempre interpretato in modo ineccepibile. Il presidente sta subendo una pressione indebita anche da parte del presidente della Repubblica, che vorrebbe condizioni più rigide nei confronti dell’opposizione e dell’ostruzionismo. Ritengo che queste pressioni siano il prezzo inevitabile di una carica così elevata in un momento di conflittualità politica altrettanto elevata.



Nello stesso tempo anche Pd e M5S sono di nuovo ai ferri corti. Come valuta questo scontro?

Il M5S sta cercando di alzare la sua forza contrattuale, perché ciò che interessa loro è una legge elettorale diversa dall’Italicum nella versione approvata alla Camera. Quest’ultimo testo avrà quindi vita durissima al Senato, a meno che Renzi sia disposto a trattare con il M5S. Le avvisaglie di una trattativa ci sono, e il Pd alla fine potrebbe anche accettare almeno in parte le richieste del M5S. Ciò a condizione che Renzi non consideri il patto del Nazareno come “non irriformabile”. Se il Pd riflette però, alcune delle richieste del M5S sono accettabili e migliorerebbero la legge.

 

Renzi potrebbe optare per una prova di forza verso chi sembra ostacolarlo?

Renzi si è un po’ montato la testa dopo avere ottenuto il 40,8% alle elezioni europee. Questo risultato non è però un mandato a riformare il Senato nel senso dell’elettività di secondo grado, bensì un invito ad andare avanti. Ciò non significa però che gli elettori non abbiano posizioni abbastanza diverse su quale riforma del Senato vogliono. Dal sondaggio di Pagnoncelli pubblicato una settimana fa risulta che il 73% degli elettori vogliono un Senato elettivo. C’è quindi uno spazio per la contrattazione che Renzi dovrebbe in qualche modo accettare.

 

Che cosa c’è dietro il rifiuto di compromessi da parte di Renzi?

L’ipotesi più preoccupante è che Renzi starebbe sfruttando questa occasione per mascherare le sue difficoltà a portare avanti riforme efficaci nel settore socioeconomico. Questo ovviamente, per usare un eufemismo, non sarebbe un modo di governare molto soddisfacente.

 

(Pietro Vernizzi)