Salta l’accordo sul Senato e la riforma costituzionale rischia di slittare a dopo l’estate, con un salto nel buio che per Renzi significa una doppia incognita. Da un lato il patto del Nazareno con Silvio Berlusconi che non si sa se terrà, dall’altra un gruppo parlamentare del Pd estremamente effervescente e che potrebbe ribellarsi al suo stesso leader. Ieri il senatore del Pd, Vannino Chiti, aveva proposto di concentrarsi sugli emendamenti più significativi per evitare tempi troppo lunghi. L’opposizione di Sel e del M5S ha però fatto fallire il tentativo di mediazione tra maggioranza e opposizione. Ne abbiamo parlato con Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Garantista.



Qual è il vero significato del fallimento dell’accordo sulla riforma del Senato?

C’è ormai una rottura in atto, con numerose difficoltà su tutti e due i fronti. Renzi ha il vantaggio di andare avanti come un carro armato e di dire chiaramente che cosa vuole. L’opposizione al contrario è molto frastagliata, perché mette insieme realtà diversissime come Grillo, Sel, pezzi di Pd e Lega nord. Ormai chi dice no alla riforma sta svolgendo una funzione più di testimonianza, con l’aggravante che è una battaglia che non si capisce fino in fondo.



Perché secondo lei gli intenti dell’opposizione non sono chiari?

Si può fare una battaglia di testimonianza contro la guerra o contro la chiusura delle frontiere agli immigrati, e sono entrambi degli obiettivi difficilmente perseguibili ma ispirati da un’idealità comprensibile a tutti. Al contrario il comune cittadino non capisce bene in che cosa consista la riforma del Senato, né perché ci si opponga.

Qual è quindi il vero senso della battaglia dell’opposizione?

E’ un tentativo di resistere al trionfo di Renzi. Una parte del ceto politico ha l’impressione che Renzi stia davvero dilagando senza più limiti né a destra né a sinistra, approfittando da un lato della crisi del Berlusconismo, dall’altra della scomparsa dalla scena della sinistra classica, dei pezzi classici dell’ex Pci, delle componenti più radicali e degli stessi sindacati. C’è una certa paura in un pezzo di ceto politico, e forse anche in porzioni dell’opinione pubblica, che questo dilagare di Renzi abolisca il pluralismo, il dibattito politico, il conflitto, ed è una paura molto fondata.



Lei come valuta la posizione del M5S sulle riforme?

Il M5S ha cercato di dialogare ma non ci è riuscito. La posta in gioco più che il Senato è l’Italicum, perché sulla trasformazione del Senato non sono in gioco grandi interessi se non per i senatori. Sulla legge elettorale che determinerà la selezione del ceto politico nei prossimi anni la battaglia è più forte, e il movimento di Grillo vuole poter dire la sua su come funzionerà la legge elettorale. La rottura però è avvenuta perché a un certo punto si è capito che non c’era nessuna possibilità di accordo.

 

Il dilagare di Renzi rischia di arenarsi nella palude di Palazzo Madama?

Il rischio c’è, ma l’unica incognita è se il patto del Nazareno terrà veramente: se l’accordo con Berlusconi regge, Renzi ce la farà, altrimenti no. Il premier è abbastanza sicuro di sé e anche abbastanza sicuro del fatto che quasi tutto il Pd alla fine lo seguirà. Renzi è certo di farcela e va avanti come uno “schiacciasassi”.

 

In che senso?

Se si levasse a Renzi questa sicumera e arroganza, smetterebbe di esistere perché politicamente non è niente. E’ un personaggio formidabile per la sua gigantesca capacità di imporsi, ma se smette di imporre la sua leadership è finito.

 

Adesso che è saltato l’accordo andremo alle elezioni anticipate?

Non lo escludo, ma continuo a ritenere che alla fine Renzi riuscirà a fare votare la sua legge. Anche un eventuale slittamento a dopo agosto non sarebbe una tragedia, se il premier porta a casa la riforma entro settembre per lui le cose si mettono bene. Non penso che ieri il presidente del consiglio abbia perso la battaglia, anzi sono convinto che la vincerà. Il gruppo parlamentare del Pd non è stato scelto dal premier ma da Bersani.

 

Perché ritiene che Renzi riuscirà a farsi obbedire?

Perché se si va al voto anticipato quel gruppo parlamentare non esiste più. Con qualunque legge si vada alle elezioni, Renzi è in grado di vincere e di nominare il suo gruppo parlamentare. Per istinto di conservazione, deputati e senatori cercheranno di rimanere tali, e per restare in Parlamento devono obbedire a Renzi.

 

(Pietro Vernizzi)