“Senza entrare nel merito di opzioni ancora aperte, è parte della mia responsabilità auspicare una conclusione costruttiva, evitando ulteriori spostamenti in avanti dei tempi di un confronto che non può scivolare, come troppe volte accaduto, nell’inconcludenza”. E’ l’appello del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lanciato in una nota diramata lunedì sera proprio mentre al Senato incominciava l’assemblea dei senatori del Partito Democratico. Ne abbiamo parlato con Lanfranco Turci, ex presidente della Regione Emilia Romagna ed ex deputato del Pds, molto vicino in passato alla corrente politica di Giorgio Napolitano.
Come valuta la situazione che si è determinata per quanto riguarda le riforme?
Vedo da un lato un senso di sicurezza di Renzi che mi sembra più che altro un wishful thinking. Con il suo solito stile Renzi dà per scontato che può passare come un rullo compressore sulle obiezioni interne al Pd, confidando sul fatto che alla fine i numeri ci sono. Questo atteggiamento determina un modo di fare politica che prima o poi può portare a un qualche incidente. Renzi si muove con la sicumera di chi pensa di saltare da uno scudo all’altro all’insegna di una vittoria permanente.
Quali rischi intravvede all’orizzonte?
La parte di rischio in questa operazione di riforme può essere determinata dal sommarsi delle critiche al Senato non elettivo e all’Italicum. Anche se non sono sempre gli stessi attori a sollevare questa obiezione. Nel Pd abbiamo da un lato il gruppone di Bersani che critica l’Italicum e quello di Chiti che critica la riforma del Senato. Questi due gruppi possono anche fare massa critica. Un Senato ristretto e di secondo grado composto da nominati dagli eletti e una Camera di nominati, perdipiù con i meccanismi maggioritari previsti dall’Italicum, imprimono veramente una deriva autoritaria al sistema democratico italiano.
Che cosa ne pensa della presa di posizione del presidente Napolitano?
Continuo ad ascoltare queste sollecitazioni di Napolitano a fare le riforme, ma penso che per un uomo della sua caratura politica non spendere una parola sull’esigenza di un riassetto equilibrato delle istituzioni è una carenza non da poco.
Che cosa dovrebbe fare il capo dello Stato?
Il capo dello Stato dovrebbe continuare a richiamare i vincoli della sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato il Porcellum, in quanto l’Italicum non fa che peggiorarne i difetti. In secondo luogo il tema di un assetto elettorale ed istituzionale che può fare sì che chi vince prenda tutto, dovrebbe fare scattare un segnale d’allarme da parte di Napolitano. La sommatoria dell’Italicum e del Senato svuotato di competenze, ridimensionato e in calo di prestigio, fa sì che chi prevale alle elezioni porti a casa il presidente della Repubblica, i membri laici del Csm e la Corte costituzionale. Andiamo veramente verso un sistema di tipo autoritario. Se poi si aggiunge la guida del partito da parte di Renzi, che Fassino giustamente definisce “monarchica”, il tutto è allarmante. Capisco che Napolitano voglia accorciare i tempi e non allungarli, ma la riforma della Costituzione non si fa ogni due settimane.
Alla luce di quanto lei ha detto, come si spiega l’endorsement di Napolitano a Renzi?
Napolitano vede la situazione di un Paese che per l’ennesima volta si agita tanto e non conclude nulla. E’ il rischio che intravvede anche alla luce di una carenza di credibilità dell’Italia all’estero. Da questo punto di vista mi spiego l’endorsement di Napolitano a Renzi come la preoccupazione che finalmente si faccia qualcosa delle tante grida manzoniane lanciate in questi anni sulle riforme. E tuttavia, dando per presupposta questa spiegazione, mantengo la mia riserva nei confronti dell’appello di Napolitano.
(Pietro Vernizzi)