“Non è una vittoria mia o di quei ragazzacci del governo. Questa importante riforma è frutto di un lavoro che ha coinvolto tutti, senatori, relatori, esperti e ricercatori. Se la politica ha dimostrato di saper riformare se stessa è un successo dei senatori, prima di tutto. Si sono mostrati più interessati al futuro delle istituzioni che alla loro ambizione personale”. Sono le parole del ministro per le Riforme costituzionali, Maria Elena Boschi, dopo l’approvazione in prima lettura a Palazzo Madama della riforma del Senato. Abbiamo chiesto ad Alessandro Amadori, sondaggista e direttore di Coesis Research, di spiegarci fino a che punto questo risultato è in grado di spostare consensi a favore di Renzi.
A quali livelli è in questo momento la fiducia del presidente del Consiglio Renzi?
La fiducia dell’opinione pubblica in Renzi è tra il 50 e il 60%. Tutti i presidenti del Consiglio in Italia partono con la stessa percentuale di cui gode ora il capo del governo. E’ successo a Prodi nel 2006 e a tutti i suoi successori: Berlusconi, Monti e Letta. Il punto è che poi la fiducia tende a scendere rapidamente. I consensi di Prodi si sono dimezzati in pochi mesi con la prima finanziaria, passando dal 60 al 30%. A contare non è quindi tanto il valore assoluto della fiducia, quanto il fatto che rimanga stabile nel tempo. E la fiducia di Renzi non decresce, ma rimane su livelli molto alti.
Su che livelli era la fiducia di Letta al momento del suo insediamento, nell’aprile 2013, e delle sue dimissioni, nel febbraio 2014?
La fiducia di Letta non ha fatto in tempo a calare di molto, perché è stato disarcionato da Renzi prima che i suoi consensi scendessero: a febbraio 2014 Letta aveva ancora un 40% abbondante. Monti invece nel giro di pochi mesi era sceso al 30%. Diamo un’occhiata fuori dall’Italia.
Qual è invece la fiducia di cui godono in questo momento Hollande, Merkel e Cameron?
Hollande è su livelli ridicoli, al 20-22%, il livello più basso mai raggiunto da un presidente francese, e lo stesso Cameron non è messo molto bene, al 30-35%. Soltanto la Merkel viaggia sugli stessi numeri di Renzi, al 50-60%.
Insomma Renzi può vantare un consenso decisamente positivo. Quanto ha influito il voto sulla riforma costituzionale del Senato?
La percezione di Renzi non è cambiata dopo il successo in occasione del primo voto sulla riforma. E’ rimasta sulla sua traiettoria naturale, caratterizzata da consonanza e fiducia, ma condizionata dal raggiungimento di risultati. Il fatto che sia pure a fatica Renzi vada avanti sul suo programma non migliora ulteriormente la sua percezione nell’opinione pubblica, bensì la conferma. Anche perché quella di cui gode Renzi è una fiducia condizionata, a differenza del Berlusconi degli anni migliori nei cui confronti i suoi sostenitori provavano un vero e proprio innamoramento.
Se non è un innamoramento come per Berlusconi, qual è la vera natura del consenso di cui gode Renzi?
Quella per Renzi è una fiducia come quella che si dà a un investitore, che la merita nella misura in cui garantisce di avere dei risultati. Non ci sono quindi variazioni significative nella fiducia di Renzi per il raggiungimento di questo primo obiettivo. C’è la conferma di una situazione di consonanza che riguarda tra il 50 e il 60% dell’opinione pubblica.
Il gradimento complessivo del premier dipende di più dalle riforme istituzionali o dall’economia?
L’economia conta sicuramente, ma a essere decisivo è il fatto che il premier con la sua tecnica del gioco d’azzardo scardini delle inerzie. Renzi piace perché, più che un rottamatore, è uno “scardinatore”. Renzi rompe degli schemi, dei muri, degli indugi, degli stereotipi mentali. Poi chiaramente lo si valuterà sull’economia, le riforme hanno un valore più simbolico che sostanziale. Quello che piace in questo momento è questo suo ruolo di “picconatore”. E’ proprio questo ciò che gli italiani vogliono da lui. Contestualmente ciò però ora dovrà consentire un rilancio dell’economia.
(Pietro Vernizzi)