Dopo il sì a Palazzo Madama sulla riforma del Senato, l’attenzione si sposta su quella della giustizia. Il ministro Andrea Orlando ha presentato una serie di proposte in dodici punti, che vanno dalla riduzione dei tempi della giustizia civile a una carriera per merito all’interno del Csm, dalla responsabilità civile dei magistrati all’accelerazione del processo penale. Novità criticate dall’ex ministro della Giustizia, Antonio Di Pietro, che in un’intervista su Ilsussidiario.net aveva dichiarato: “Vista l’impostazione, si tratta di ulteriore fumo negli occhi per fare contenta quella parte dell’opinione pubblica e dei partiti che pensa che con la responsabilità civile dei magistrati si risolva come per magia il problema della giustizia in Italia. Ma in realtà, rispetto a quello che c’è sempre stato, non cambia nulla”. Ne abbiamo parlato con l’onorevole Danilo Leva, ex responsabile Giustizia del Pd e primo firmatario di una proposta di riforma della giustizia depositato a suo tempo dal suo partito.



Onorevole Leva, come valuta nel complesso le proposte del ministro Orlando?

In questa riforma sono presenti diversi punti condivisibili che enunciano principi che andranno attuati attraverso i testi normativi. Si tratta di un impianto complessivo che può rappresentare una buona base di partenza per la discussione.

Nei 12 punti sulla riforma della giustizia si parla di responsabilità civile dei magistrati sul modello europeo. Che cosa significa in concreto?



Reputo indispensabile una riforma della legge Vassalli, soprattutto alla luce del suo malfunzionamento negli ultimi 26 anni. Parlano le cifre, non sono opinioni. Si tratta di adeguare la normativa italiana alle indicazioni della Corte europea. La bozza presentata dal ministro Orlando è in perfetta sintonia con la proposta di legge di cui sono primo firmatario e che è stata presentata dal Pd qualche tempo fa. Valuto quindi in modo positivo l’estensione dell’area di punibilità alla negligenza che comporta una violazione dei diritti fondamentali delle persone.

Con la riforma si allungheranno i tempi di prescrizione. Non è un incentivo a forme di ostruzionismo come ricorsi, controricorsi e appelli strumentali?



La riforma punta a ridurre i tempi di prescrizione e non ad allungarli. Su questo tema ritengo che si debbano introdurre norme equilibrate, che partano da una premessa: la prescrizione non è una norma processuale, bensì di diritto sostanziale. C’è il diritto di ciascun cittadino a vedere anche la parola fine sulla propria vicenda giudiziaria. Sulla prescrizione quindi anche il Parlamento deve discutere per trovare una soluzione avanzata di equilibrio tra il diritto dei cittadini e quello dello Stato a esercitare la pretesa punitiva.

 

Come è possibile ridurre i tempi e dimezzare l’arretrato della giustizia civile, senza spendere di più in nuovi strumenti informatici e assumere personale?

L’attenzione che governo e Parlamento hanno riservato al processo telematico, alla sua diffusione sull’intero territorio nazionale e al superamento del cosiddetto doppio binario mi sembrano già di per sé passi importanti che vanno nella giusta direzione. Dopo di che non esistono riforme a costo zero, sul processo civile ci vogliono sicuramente risorse aggiuntive e nuovi investimenti. Sul piano tecnologico e sul versante del personale bisogna introdurre strumenti deflattivi come le camere arbitrali e la negoziazione assistita.

 

In che modo è possibile porre un argine alla carriera “per correnti” e favorire quella “per merito” all’interno del Csm?

Ritengo che vada diluito il peso delle correnti all’interno del Csm. L’idea che si possa fare carriera sulla base dell’appartenenza e non delle capacità dimostrate durante il proprio percorso professionale, non è degna di un Paese civile. Anche su questo bisogna recuperare un margine d’azione. Ci sono numerose idee sul tavolo, attorno a cui iniziare una discussione tra le diverse forze politiche.

 

(Pietro Vernizzi)