Tra le pagine dell’agenda di governo, un capitolo alquanto delicato e importante è quello dedicato al tema caldissimo della riforma della Giustizia. Il Guardasigilli Andrea Orlando ha presentato 12 punti base: snodi centrali sono quelli della prescrizione (si allungano i tempi), della responsabilità civile dei magistrati e dell’acceleramento delle tempistiche dei processi. Ne abbiamo parlato con Antonio Di Pietro, che sposta il baricentro dell’attenzione ai fattori esterni al magistrato che rendono mal funzionante la giustizia italiana: “Mancanza di mezzi e di strutture e sovraffollamento dei fascicoli nei tribunali; è possibile che ciascun magistrato abbia migliaia e migliaia di processi? Bisogna garantire le condizioni per operare al meglio: dico da vent’anni che bisogna ampliare l’organico”.
Il Guardasigilli Andrea Orlando ha preparato una scaletta di 12 punti per riformare la giustizia italiana.
Innanzitutto mi fa specie che il ministro Orlando, dopo tanti mesi che è lì, indica ancora i punti sui quali deve intervenire: le criticità della giustizia italiana alle quali metter mano le conosciamo fin dai tempi di Mani Pulite. Con questo voglio dire che continuando a mettere lì ministri che o non conoscono a fondo la materia e le strutture, o che non hanno ben chiaro quali siano le emergenze del Paese, non si risolve niente: ogni volta si rincomincia da capo.
Entriamo nel merito. Iniziamo dalla stretta sulla responsabilità civile dei magistrati, che comunque rimane indiretta.
Ecco, vista l’impostazione, si tratta di ulteriore fumo negli occhi per fare contenta quella parte dell’opinione pubblica e dei partiti che pensa che con la responsabilità civile dei magistrati si risolva come per magia il problema della giustizia in Italia. Ma in realtà, rispetto a quello che c’è sempre stato, non cambia nulla: per dolo il magistrato già risponde, mentre per colpa è previsto che l’azione di rivalsa (della persona che ha subito il danno) sia condotta nei confronti dello Stato, che può poi decidere se procedere nei confronti del diretto interessato, nel caso in cui riscontri negligenza, una colpa grave e un’inosservanza profonda delle leggi. Insomma, i problemi – quelli veri – sono ben altri ed esterni al comportamento del magistrato in sé.
Ce li dica.
In primis, mancanza di mezzi e di strutture, oltre al sovraffollamento dei fascicoli nei tribunali; è possibile che ciascun magistrato abbia migliaia e migliaia di processi? Bisogna garantire le condizioni per operare al meglio: dico da vent’anni che bisogna ampliare l’organico, soprattutto dei procuratori giudiziari.
Altro punto caldo è quello della prescrizione: i tempi si allungano.
La prescrizione è un atto di sconfitta dello Stato. Credo che sia giusto che un cittadino, a un certo punto, che sia colpevole o innocente, sappia di che morte morire o di che speranza vivere. Detto questo, però, il problema non si risolve dicendogli che dopo un tot di anni non è più processabile, bensì facendo il processo nel più breve tempo possibile.
Mettere una tagliola ai procedimenti, senza risolvere la questione a monte, è inutile. In questo modo tutte le persone che hanno a che fare con la giustizia hanno come obbiettivo quello di arrivare alla prescrizione, anziché di dimostrare la propria innocenza o limitare i danni della condanna. E infatti è un tripudio di ricorsi, controricorsi e appelli strumentali…
Ha una proposta in merito?
Sì, oltre alla ristrutturazione delle attività di ogni magistrato affinché abbia non più di cento-centocinquanta fascicoli sul tavolo (rispetto ai mille e più attuali), ritengo che si debba stabilire che dopo il rinvio a giudizio non scatti più la prescrizione.
Per quanto riguarda invece la questione delle correnti all’interno del Csm?
Io non sono mai stato iscritto ad alcuna associazione: il magistrato non deve rispondere a nessuno se non alla sua coscienza e alla legge, stop.
Il viceministro delle Giustizia Enrico Costa (Ncd) ha detto che i tre capisaldi della riforma sono rapidità, rigore e rispetto del cittadino.
Certo, sono tre principi scritti nei libri dell’antichità, che però negli ultimi decenni in Italia sono venuti meno. La pioggia di leggi ad personam ha dimostrato che nel Belpaese esistono due giustizie e due tipi di cittadini. D’altronde l’ultimo esempio in tal senso lo abbiamo avuto proprio l’altro giorno, con il riconoscimento dell’immunità parlamentare per i nuovi senatori: invece di toglierla sia alla Camera che al Senato hanno preferito garantirla anche al Palazzo Madama che sarà. I nostri governanti predicano bene e razzolano male…
Costa ha poi aggiunto che si tratta di una legge che “piacerebbe a Berlusconi”. Ma secondo lei, in merito, il tema della Giustizia è stato sul tavolo della trattativa Renzi-Berlusconi fin da quel primo incontro al Nazareno?
Affidando la riforma della giustizia al condannato Berlusconi è come affidare il servizio di vigilanza di una banca a un rapinatore…
Quindi ne han parlato?
Non credo debba aggiungere altro a quanto detto…
Ma quindi, per chiudere, come giudica l’impostazione data da Orlando?
Beh al momento ci sono soltanto dei punti. Il disegno di legge su cui discutere non è ancora stato formulato. Peraltro basterebbe fare copia e incolla dalla miriade di ddl depositati – tra cui i miei su riciclaggio, falso in bilancio, sistema delle rogatorie e delle prove – per poter discutere seriamente. Onestamente non riesco a capire perché il governo, che fa una disegno di legge al giorno, non ne fa uno in tema di giustizia così da far sapere ai cittadini che si impegna seriamente e concretamente, e che la politica non è fatta solo di programmi da sventolare e vendere.
(Fabio Franchini)