I due principali sfidanti alle primarie del Pd per la Regione Emilia-Romagna sono indagati nell’inchiesta “spese pazze”. Matteo Richetti si era ritirato ieri mattina, dopo avere ricevuto l’avviso di garanzia con l’accusa di peculato. Poche ore dopo si è saputo che anche Stefano Bonaccini era stato coinvolto nell’inchiesta. “Ho appreso poco fa che la procura sta svolgendo accertamenti anche sul mio conto – le parole di Bonaccini –. Ho già comunicato, attraverso il mio legale professor Manes, di essere formalmente a disposizione per chiarire ogni eventuale addebito”. Intanto, altri consiglieri Pd sono finiti sotto inchiesta. Ne abbiamo parlato con Mario Adinolfi, giornalista, blogger ed ex deputato del Pd.



Come legge la vicenda dell’inchiesta bolognese alla vigilia delle primarie?

Non mi piace che la magistratura intervenga in questo modo, e che a poche ore dalla presentazione delle firme salti un equilibrio politico per un’inchiesta che francamente reputo secondaria. Questo incomincia a essere intollerabile su diversi piani, e ritengo che non si debba in nessun modo accettare di sottostare a questo tipo di diktat. Quando ho saputo di questa vicenda ho immediatamente pensato a una turbativa. Conoscendo la serietà di Richetti, e non avendo dubbi neanche sulla probità di Bonaccini, penso che l’ennesimo intervento della magistratura per gestire i destini politici dei cittadini sia qualcosa su cui si deve quantomeno ragionare.



Alla Festa dell’Unità di domenica, Renzi aveva detto dei candidati: “Matteo, Stefano, Roberto (Matteo Richetti, Stefano Bonaccini, Roberto Balzani, ndr) hanno organizzato un bel casino…”. Una battuta profetica, si direbbe.

Immagino che queste cose non siano del tutto segrete. Non credo che ci sia lo zampino di Renzi dietro, ma la questione adesso diventa pesantemente politica, a maggior ragione se Richetti lascia la corsa alle primarie e Bonaccini no. A questo punto non facciamo più primarie, perché non ha senso che sia un’inchiesta a determinare chi corre per la presidenza dell’Emilia-Romagna. Ricordiamoci tra l’altro che le primarie per l’Emilia-Romagna sono di fatto le elezioni, perché il candidato del Pd al 90% diventa presidente.



A essere “decapitata” è un’intera classe dirigente renziana?

Qui non è un problema di decapitare, ma di un’influenza sempre maggiore in ogni campo da parte della magistratura. E’ su questo fatto che occorre avviare un ragionamento, non si può continuare a immaginare una magistratura che interviene pesantemente e quasi sempre a orologeria.

Tutto ciò giova al M5S? O a qualcun altro?

L’innesco della bomba è del M5S. C’è un ruolo del M5S, ma non lo esagererei, il movimento fa politica, compie le sue scelte, e questo è un pezzo di quella attività. Qui il problema è la decisione di iscrivere nel registro degli indagati i candidati del Pd, con il risultato di gettare il Pd nel caos e rendere nella sostanza risibili le primarie. Ho sempre detto queste cose anche quando riguardavano Silvio Berlusconi. Sono sempre stato contrario all’idea che Berlusconi potesse essere battuto per via giudiziaria, che la legge elettorale potesse essere scritta dalla Corte costituzionale, che sui temi etici siano i magistrati a fare le leggi anziché il Parlamento.

 

(Pietro Vernizzi)