Il sogno di Renzi è quello di “un Paese che smetta di cedere alla cultura del piagnisteo”. Lo ha spiegato parlando al talk show Porta a Porta, nel corso del quale ha annunciato: “Mille giorni e riportiamo l’Italia a fare l’Italia. La gente va a letto dopo aver visto il talk show arrabbiata. Dobbiamo fare in modo che la gente vada a letto rassicurata e per fare questo occorre dare prestigio all’Italia”. Per poi annunciare che nel 2014 il Pil sarà “intorno allo zero e non è sufficiente per ripartire: i dati nel 2014 non saranno entusiasmanti”. Abbiamo chiesto un’opinione a Stefano Folli, notista politico del Sole-24 Ore.



Come vede questa ripresa della politica per Renzi dopo la pausa estiva?

E’ molto faticosa, perché adesso si misura fino in fondo quanto sia difficile realizzare veramente queste riforme. Un conto è annunciarle, un altro metterle in pratica in un Paese che alle riforme ha perso l’abitudine. Napoleone diceva che il 5 per cento della fatica è nel prendere la decisione, il 95 è nel fare in modo che questa decisione sia applicata… La prima fase del renzismo si è conclusa. Ora ci troviamo di fronte a un grande ingorgo e a una grandissima difficoltà nel mandare avanti un programma riformatore e attuarlo. Ecco quindi il traguardo dei tre anni, indicato dapprima da Renzi e poi ribadito da Padoan.



Le riforme giustamente richiedono tempo, verebbe da dire che il punto è incominciare…

Sì, e ritengo che non si dovesse incominciare con la riforma del Senato. E’ evidente a tutti, Renzi per primo, che le riforme su cui il governo sarà giudicato sono la spesa pubblica, il lavoro, la pubblica amministrazione e la giustizia. Su questi temi non siamo ancora partiti. I tre anni che occorrono per attuare riforme capaci di cambiare la vita delle persone e poi spiegarle all’opinione pubblica cominciano da quando i nuovi testi di legge sono pronti. Questo è il vero problema; Renzi deve mantenere il consenso conquistato alle Europee durante un arco temporale molto lungo, nel corso del quale non ci saranno grandi carte da mostrare all’opinione pubblica ma la necessità di un lavoro lungo e paziente.



La popolarità di Renzi ora è molto alta. Potrebbe essere tentato di andare a elezioni anticipate?

Le sue mosse nelle ultime settimane vanno in una direzione diversa. Il fatto di avere vincolato la sua immagine al programma dei mille giorni significa che vuole rassicurare i mercati, che chiedono stabilità. I mercati chiedono che si facciano le riforme con determinazione, ma dentro a un quadro solido e di un Paese che vuole misurarsi con le cose da fare. La tentazione delle elezioni continuerà a esserci, ma l’approvazione definitiva della riforma del Senato richiederà tempo e quindi ci vorrà la legge elettorale. Le controindicazioni a elezioni anticipate sono molte e il governo ha scelto la strada della stabilità.

 

Il malcontento che serpeggia in Forza Italia di fronte all’inazione di Berlusconi, potrebbe portare all’ascesa di un nuovo leader al suo posto?

Il centrodestra non può prescindere da Berlusconi e dalla sua linea. E’ poi molto probabile che non sia fatta esclusivamente per ragioni di alta politica, ma anche per tutelare gli interessi del Cavaliere, della sua famiglia e del suo gruppo. Ciò non toglie che la linea della responsabilità nazionale sia l’unica possibile, non vedo vere alternative. Anziché cercare lo scontro totale, è molto più saggio cercare di condizionare gli eventi come fa Brunetta.

 

Quali sono i maggiori ostacoli all’azione riformatrice di Renzi?

I vari apparati economici e industriali, i sindacati, alcune corporazioni economiche, un certo attrito nel sistema amministrativo. Non vedo un’opposizione politica così organizzata da poter veramente impedire l’attuazione del programma di Renzi. Il M5S è in una fase di notevole appannamento, e lo stesso Grillo sembra essersi stancato dell’esperienza politica. Continua una fase in cui Renzi deve scontare un’opposizione organizzata di tipo economico e sociale, ma non politica in senso stretto.

 

(Pietro Vernizzi)