Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha reso noti i nomi della sua squadra che lo aiuteranno a “governare” l’Europa. Tra loro ci sono il francese Pierre Moscovici come commissario agli affari economici e l’inglese Jonathan Hill come responsabile per la Stabilità finanziaria, servizi e mercati. Lo spagnolo Miguel Arias Canete è stato scelto come commissario per l’azione per il clima e la politica energetica, mentre Federica Mogherini, come è noto, è il nuovo alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza. Tra gli altri a ricevere l’incarico ci sono: la danese Margareth Vestager come Commissario europeo alla Concorrenza, l’estone Andrus Ansip come commissario all’agenda digitale, la svedese Cecilia Malmstrom come commissaria al Commercio e il tedesco Gunter Oettinger come commissario per l’economia digitale. Abbiamo intervistato il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze, per chiedergli un commento sulla nuova squadra.



Professor Forte, chi rappresenta in Europa il nuovo commissario Moscovici?

Moscovici è un socialdemocratico vecchio stile, che appartiene alle generazioni della “prima Repubblica” e ragiona secondo gli schemi dell’epoca: poco liberali, molto dirigisti e keynesiani. Molti di questi, è vero, hanno corretto la rotta, come è accaduto ad ex comunisti quali D’Alema e Veltroni… Moscovici è una creatura di Mitterrand, con un elemento opportunista ed “entrista”, cioè di quelli che accettano i condizionamenti del sistema per gestire il potere.



Insomma niente di nuovo?

Moscovici non rappresenta certo una novità, e nel complesso la gestione socialista francese è piuttosto screditata. Non riesce cioè ad avere elementi innovativi come li ebbe a suo tempo in Gran Bretagna il laburismo di Blair o di Brown, o altri esperimenti come quello di Craxi in Italia. Non mi pare che Moscovici sia una figura capace di grande innovazione, anche se ci sarà magari una dialettica tra lui e i fautori del rigore.

Come valuta nel complesso gli altri commissari?

Siamo tra eurocrati, cioè tra persone che si sentono in diritto di svolgere una carriera “marmorea” nel loro Paese e ancora di più in Europa. Sono funzionari di partito che poi si burocratizzano. In loro sono assenti l’ideologia, l’etica o un pensiero di fondo, in compenso sono caratterizzati da pensiero debole ed etica flessibile.



Che cosa ci dobbiamo aspettare per l’Europa da questo nuovo governo?

Il governo europeo nasce debole perché la Merkel come sua teoria fondamentale ha quella in base a cui gli altri non la devono disturbare. Il presupposto di fondo della Cancelliera è cioè che, tranne nel caso di Draghi in cui aveva bisogno di qualcuno che tenesse testa alla Bundesbank, non vuole che ci sia chi può dar fastidio alla Germania. A livello europeo abbiamo quindi una struttura debole su entrambi i fronti, non a caso come presidente della Commissione Ue abbiamo il lussemburghese Jean-Claude Juncker, e come commissario all’economia il francese Pierre Moscovici.

Quale sarà il peso dell’Italia a livello europeo?

A livello europeo la sinistra italiana pesa pochissimo, la destra pesa ancora meno per i noti problemi di Berlusconi. Storicamente, per riequilibrare quella tra Germania e Francia, l’Italia aveva un’alleanza con il Regno Unito, ma ora tutto questo non c’è più. Nel Parlamento Ue e nella nuova Commissione, dal punto di vista generale, l’Italia conta davvero poco.

 

Qual è il valore della nomina della Mogherini come Alto Rappresentante?

La nomina della Mogherini come Alto Rappresentante per gli Esteri e la Sicurezza non conta nulla. A parte essere una brava ragazza intelligente, la Mogherini è una figura legata a doppio filo a Piero Fassino, che con il peso di Piemonte ed ex Pci sostiene le politiche estere di Renzi.

 

Quali saranno le caratteristiche di questa politica estera?

Gli ex Pci avversano Putin perché lo considerano un “traditore” del comunismo, ma allo stesso tempo non vedono di buon occhio gli americani. Difficile quindi indovinare quale può essere la linea ondivaga di un personaggio come la Mogherini, che comunque esprime la politica economica dei post comunisti democratizzati della vecchia scuola di Fassino.

 

(Pietro Vernizzi)