La presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Anna Finocchiaro, si è incontrata a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per discutere il timing delle prossime riforme. Un evento apparentemente in subordine, passato quasi inosservato. L’indicazione del premier alla Finocchiaro è stata quella di dare priorità all’Italicum rispetto al ddl Madia sulla Pa. Peché questo cambio di programma? Ne abbiamo parlato con Luciano Ghelfi, giornalista politico del Tg2.



Perché Renzi ha cambiato il timing e ha chiesto che si ritorni a parlare di Italicum?

Da un lato è necessario avere uno strumento elettorale, dall’altra averlo per Renzi significa poterlo usare o quantomeno minacciare di usarlo.

Il premier si è accorto di averne bisogno perché ha capito di essere fragile?

E’ una lettura molto probabile. Di fronte a una situazione di pantano, si potrebbe anche ragionare su possibili elezioni a inizio dell’anno prossimo. E’ uno scenario che sta in piedi dal punto di vista dei tempi, ma a cui manca una legge elettorale. Andare a votare oggi con il cosiddetto “Consultellum” sarebbe quantomeno brutto dal punto di vista del messaggio che si manda ai cittadini, perché vorrebbe dire che abbiamo un parlamento che non è nemmeno in grado di riscrivere la legge elettorale.



Renzi potrebbe essere tentato di andare alle elezioni perché non riesce ad attuare il suo programma?

Il problema di Renzi è tramutare i suoi ddl in legge su tutte le materie. Finora il governo ha fatto un’enorme fatica a fare approvare le sue leggi. Lo ha dovuto fare con enormi perdite di tempo e ben 30 richieste di fiducia. La fatica è emersa negli ultimi giorni anche in occasione dell’elezione dei componenti del Csm e della Corte costituzionale. Questo è un Parlamento che fa veramente fatica, perché non può votare contro il governo ma è sempre riluttante a votargli a favore.

Cosa non va nel governo?



Dopo 14 giorni non abbiamo ancora la firma del decreto Sblocca Italia e quindi non ne conosciamo il testo. Significa che il decreto è ancora in fase di limatura . E’ un fatto che esemplifica le difficoltà di tramutare le famose slides in disegni di legge. Ormai in Consiglio dei ministri si discutono delle linee guida e solo dopo molti giorni arriva il testo del decreto approvato. E’ successo anche a giugno con il decreto sulla Pa, che ha aspettato 11 giorni.

Fino a che punto la minoranza del Pd sta rappresentando un problema per Renzi?

E’ un problema nella misura in cui rappresenta la netta maggioranza dei gruppi parlamentari. Questi ultimi sono stati selezionati dalla segreteria Bersani, e solo in parte limitata rappresentano il corso renziano. I bersaniani non possono mettersi di traverso, ma frenano e cercano di ottenere aggiustamenti su tutti i provvedimenti. E’ questa la ragione che potrebbe spingere a sfruttare una finestra di quattro mesi fino alla prossima primavera per andare a votare.

 

E’ questo lo scenario che ci attende?

Non si può dire e non lo ha deciso neppure Renzi. Lo si deciderà più avanti, ma Renzi vuole avere in mano tutte le carte, anche quella di andare al voto. Io vedo una finestra di quattro mesi, che va dal primo gennaio al 30 aprile, perché poi si terrà l’Expo e non si potrà portare il Paese al voto quando sarà sotto i riflettori mondiali.

 

(Pietro Vernizzi)