Renzi non si limiti agli annunci ma passi dalle parole ai fatti. E’ l’invito del super commissario Ue agli Affari economici, il finlandese Jyrki Katainen, che ha rimarcato: “L’Italia ha un’agenda di riforme molto ambiziosa. Se tutte le cose che ha in programma di fare verranno implementate posso immaginare che l’economia avrà un forte impulso reale”. E ha poi aggiunto Katainen: “Molti Paesi stanno pianificando riforme, è della massima importanza, ma bisogna attuarle perché se hai la prescrizione e le medicine, ma non le prendi, non aiuta”. Ne abbiamo parlato con Rino Formica, ex ministro delle Finanze e del Lavoro.



Renzi continua a ripetere che sulle riforme decide lui e non l’Unione Europea. E’ un bene o un male?

Renzi è ben consapevole che non è in condizione di poter decidere. Nelle sue parole c’è un’affermazione di ossequio, dando a intendere nello stesso tempo che è un “ribelle”: insomma un vero e proprio paradosso. Le decisioni di chi comanda in Europa sono segnate con dei vincoli. Renzi dice: “Rispettiamo i vincoli, ma decidiamo noi”. L’inganno è nel fatto che i vincoli non li ha decisi il premier, né li deciderà in futuro, e le sue parole sono quindi soltanto una presa in giro.

Secondo Standard & Poor’s, uno dei tre fattori per cui l’Eurozona fatica a intraprendere il percorso della ripresa è che “le sofferenze dell’Italia sono diventate più pronunciate”. Non le sembra eccessivo attribuire al nostro Paese la responsabilità per i problemi di tutta l’area euro?

In una situazione come quella attuale, viviamo in una globalità che ci integra, e contemporaneamente in una specificità che ci isola. Quindi in questo sforzo di equilibrio quotidiano che bisogna fare tra globalità integrante e località isolante, non c’è mai una responsabilità unica ma sempre complessiva. Il problema è che i governanti non sono nelle condizioni di poter distinguere ciò che è globale da ciò che è locale. E’ questo il punto delicato di distinzione nel governare oggi rispetto al governare di ieri. Il governare di ieri era più statuale che globale, oggi è esattamente il contrario. Conciliare il locale sul quale vi è un potere di decisione con un globale dove il potere di decisione statuale è quasi irrilevante, è il compito difficile del governare di oggi che naturalmente non richiede degli atleti della parola, ma degli atleti dell’ingegno. Oggi chi ci governa è soltanto un atleta della parola.

L’Ocse ha tagliato pesantemente le stime di crescita dell’Italia per il 2014 e il 2015. E’ un modo per scaricare Renzi a livello internazionale?

A livello internazionale non credo abbiano un occhio benevolo nei confronti dell’uno o dell’altro dei nostri governanti. Perseguono una logica sovranazionale diversa, in cui ci sono molte influenze che andrebbero analizzate. Ci sono interessi di entità nazionali e sovranazionali, grandi gruppi, interessi reali o speculativi. Nel momento del giudizio è difficile stabilire quale sia la tendenza prevalente. Non c’è dubbio comunque che la revisione al ribasso delle previsioni non riguarda solo il nostro Paese, bensì l’intero assetto europeo.

 

Renzi potrebbe usare a proprio vantaggio, come strumento di “pressione”, il Pse contro Juncker e la linea Merkel?

Quando c’è una situazione di stallo o di difficoltà, decide la forza. Il socialismo europeo oggi in Europa è debole e diviso, quindi non vedo questa forza di pressione univoca del Pse. Anche perché nel socialismo europeo Renzi è l’ultimo arrivato.

 

Secondo lei in Italia si respira aria di elezioni?

Le elezioni sono nello sfondo della realtà politica italiana e trovano radici nel risultato elettorale del 2013, da cui non è emerso un vero vincitore. La situazione di difficoltà quindi permane. Quando in democrazia un risultato elettorale non produce una soluzione stabile, il ricorso alle elezioni è implicito all’instabilità.

 

Berlusconi non fa più politica, si limita a conservare il suo 15% rinunciando ad una opposizione reale. Con quali prospettive?

Berlusconi ha avuto un periodo “splendido” nella crisi della crisi della Prima Repubblica. “Splendido” nel senso di fortunato, anche se il Cavaliere non ha mai tralasciato di regolare la politica con il metro dei suoi interessi personali e aziendali. Semplicemente, in passato c’è stata un’indulgenza generale nell’accettare questa condizione, mentre oggi si sono ridotti i margini anche perché gli spazi per poter soddisfare i suoi interessi personali e aziendali sono più limitati. Berlusconi incontra quindi manifestamente non solo una ostilità di sistema, ma anche un’ostilità in casa propria.

 

(Pietro Vernizzi)