“Faremo di tutto per cambiare l’Italia: per renderla un paese più semplice, con un mercato del lavoro diverso, con una classe politica che sia dimagrita e di cui non vergognarsi. Serve una rivoluzione sistematica in Italia”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, parlando a San Francisco negli Usa. Per il premier “il cambiamento è impossibile con una testa striminzita e ripiegata sul passato. Poi è vero che servono le riforme ma anche le idee e io sono qui ad ascoltarvi. La straordinaria chance è smettere di piangersi addosso”. Abbiamo chiesto un’analisi dell’attuale situazione politica a Mattia Feltri, giornalista politico de La Stampa.



Partiamo dallo scontro in atto tra Renzi da un lato e sinistra Pd e sindacati dall’altra. E’ uno scontro vero o solo un gioco di posizionamenti?

E’ un vero scontro, come sono veri tutti gli scontri ingaggiati da Renzi. Bisognerà vedere poi quali sono le facce di quelli che stanno conducendo lo scontro contro Renzi. Finché si tratta soltanto di Epifani e Cofferati, è il residuo di un mondo che già ai loro tempi non era più così glorioso come una volta, ma che manteneva una dignità e che oggi appare sempre più residuale. Nella sinistra Pd c’è anche qualche giovane orgoglioso come Stefano Fassina, ma le immagini che vediamo sui giornali sono quelle dei leader della Cgil e le piazze con le bandiere rosse del Circo Massimo. Sono gli ultimi colpi di coda di un mondo che è svanito. Non so a quale prezzo, ma da questo scontro Renzi uscirà vincitore, e presumo anche senza troppi problemi.



Qual è la posta in gioco di questo scontro?

La posta in gioco è abbastanza alta, in quanto di tutte le riforme avviate o semplicemente annunciate da Matteo Renzi, quella del lavoro è la più importante perché è ciò che ci chiede l’Europa con maggior forza. Se Renzi riuscirà a uscire vincitore da questa partita senza troppi danni, a quel punto potrebbe davvero spianarsi la strada per il controllo del partito e nei rapporti con le istituzioni europee.

Abolire l’articolo 18 è davvero così importante?

L’articolo 18 è l’aspetto più visibile e meno fondativo della riforma del lavoro, ma come sempre le battaglie si combattono attorno ai simboli. L’articolo 18 è una bandiera, ma dietro si porta una serie di contenuti decisivi.



A proposito di bandiere, la minoranza del Pd vede nell’articolo 18 un’occasione storica per rifarsi?

Sì, ma temo che per la minoranza del Pd sia una battaglia molto problematica e non riesco a capire come possa vincerla. Per Renzi si tratta soltanto di capire a quale prezzo vincerà. Se sarà una scissione tollerabile nei numeri, con la fuoriuscita di figure come Cofferati ed Epifani, non sarebbe nemmeno un prezzo ma un vantaggio.

 

Sulle riforme economiche arriverà il sostegno di Forza Italia a Renzi?

Berlusconi lo ha detto chiaramente: “Come possiamo dire di no su questioni per le quali abbiamo combattuto durante la nostra intera vita politica?”. Forza Italia è un partito in difficoltà, e il Cavaliere nonostante tutto continua a rimanere il più lucido del suo gruppo. L’abolizione dell’articolo 18, le tutele crescenti e la flessibilità sono sempre state le battaglie del centrodestra, e ogni volta che sono state proposte hanno scatenato l’ira del centrosinistra. Ora che a proporre queste riforme è il segretario del Pd, Renzi, Forza Italia non può certo opporsi. Tanto più che quello di Berlusconi è un partito in evidente difficoltà, e se rinunciasse ai suoi temi perderebbe ancora più consensi. Non si può infatti pensare che gli elettori votino Forza Italia solo perché si sono affezionati al Cavaliere.

 

(Pietro Vernizzi)