“Quello che conta di più è il senso politico generale dell’operazione: avviare una nuova offensiva di ampia portata contro il lavoro e le sue garanzie. Dopo verrà l’attacco all’illicenziabilità della Pa, l’ulteriore taglio dei salari, l’ulteriore dequalificazione della forza lavoro e la definitiva espulsione del sindacato dalle aziende”. Lo scrive Beppe Grillo sul suo blog, in un post dal titolo “La battaglia per l’articolo 18”, nel quale aggiunge che l’attuale dibattito sul lavoro è “l’occasione per mandare definitivamente a casa Renzi: con l’azione parlamentare e con l’azione di piazza, con gli scioperi, spingendo la minoranza Pd a trarre le dovute conseguenze di quanto accade”. Anche perché le vere priorità sono ben altre, come spiega l’onorevole Davide Tripiedi, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Lavoro della Camera.



Perché il M5S è così contrario alla riforma del lavoro di Renzi?

Renzi sta portando avanti dei piani che neanche Berlusconi e Sacconi sono riusciti a realizzare, e il Pd a quei tempi faceva una dura opposizione. Adesso ci troviamo con il Pd che porta avanti le stesse battaglie di Sacconi e di Silvio Berlusconi. Siamo senza parole. Hanno già provato a modificare i contratti a termine con il dl 34 di Poletti, precarizzando definitivamente anche il contratto a termine attraverso l’inserimento di cinque proroghe in un contratto di 36 mesi con un numero illimitato di rinnovi. Il premio Nobel Stiglitz ci ha ricordato martedì che modificando la contrattualistica non si crea occupazione.



Voi che cosa proponete come alternativa?

Le aziende non ci chiedono la modifica dell’articolo 18, bensì di eliminare l’Irap. Il 97% delle imprese sono piccole e medie, e quindi dobbiamo agire sulla vera ossatura del mondo del lavoro. Il problema di queste aziende non è l’articolo 18, bensì il fatto che sono martellate dalle tasse. Anziché far pagare le tasse al datore di lavoro, sarebbe meglio investire nel benessere delle persone e delle aziende.

Che cos’altro chiedono le aziende?

Un’azienda su tre chiude perché non riceve i crediti che le spettano dallo Stato, il quale tra l’altro fa pagare alle imprese le tasse sull’incasso che non hanno ricevuto. Non soltanto non si garantisce il credito all’impresa, ma le si fa anche pagare le tasse su una fattura che non ha incassato.



Grillo ha invitato la minoranza del Pd a mandare a casa Renzi. Vi alleerete con la sinistra del partito?

No, anche se sul buonsenso siamo disposti a collaborare con qualsiasi forza politica. Se però il Pd vuole fare un atto di coraggio, noi ci saremo comunque.

Anche lei ritiene che dal punto di vista economico Renzi non abbia fatto ancora nulla?

Purtroppo è così. Ci sono stati dei cambiamenti in Italia? Le imprese chiudono e il tasso di disoccupazione continua ad aumentare. Ciò significa che tutti gli annunci di Renzi non hanno portato a nulla di positivo. E il vero paradosso è che ad accogliere Renzi a San Francisco c’era Marchionne, cioè colui che ha portato la produzione in Polonia.

 

Però il bonus da 80 euro di Renzi è stato un impegno mantenuto…

Renzi ha preferito dare il bonus da 80 euro a chi già ha un lavoro, anziché investire i 10 miliardi di euro a disposizione in un altro modo. Per noi la priorità sono invece pensionati, cassintegrati e imprese che non riescono ad accedere al credito. La nostra battaglia è il reddito di cittadinanza, perché dobbiamo garantire la dignità a chi resta senza un lavoro. Quest’ultima è la precondizione per qualsiasi flessibilità, anche perché un 50-60enne che perde il lavoro si trova impossibilitato a trovarne uno nuovo. Non a caso l’Italia è il secondo Paese in Europa come maggiore emigrazione.

 

E se ci fosse un “soccorso” di Berlusconi a Renzi sul piano delle riforme economiche?

Sarebbe la vergogna delle vergogne. Renzi fino a qualche tempo fa diceva che era tempo di finirla con Berlusconi, e adesso sta facendo la riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione insieme a un condannato. Se Forza Italia dovesse addirittura entrare nel governo sarebbe l’ennesima prova del fatto che noi avevamo ragione.

 

(Pietro Vernizzi)

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